Settembre Nero: il viaggio nostalgico di Sandro Veronesi

Un romanzo che trascende la formazione per abbracciare la fine dell’innocenza

L’opprimente calura estiva trasuda dalle pagine iniziali di Settembre Nero, ultima fatica letteraria del già due volte vincitore del Premio Strega, Sandro Veronesi. La Versilia – assoluta protagonista insieme al giovanissimo Gigio Bellandi – nelle immagini evocate dall’autore sembra un animale in letargo. In questo scenario dormiente e abulico, si dipana quello che definire meramente come romanzo di formazione sarebbe riduttivo. Sebbene le premesse non suggeriscano altro, Veronesi tesse un racconto denso e climatico attorno al suo protagonista dove ogni dettaglio assume caratteristiche amplificate.

A tal riguardo, l’arte di saper magnificare ogni piccolezza ed atmosfera, é ormai una caratteristica nota della scrittura vibrante dell’autore. Si pensi a romanzi precedenti come Caos Calmo (2006) dove l’apparente immobilità dei mattini di Pietro Paladini celano una silenziosa sommossa interna oppure agli umori ( solo esternamente ) quieti di opere come Il Colibrì (2019).

Anche in tal caso, quanto riportato sopra non viene tradito. Il susseguirsi di aneddoti infantili incede con lenta grazia celebrando in sé la bellezza limpida di suggestioni passate che rendono il romanzo vibrante. Ricordi vividi riguardo brani del passato, l’odore ancora nettissimo dei luoghi frequentati, l’attualità contemporanea al vissuto del personaggio che ci immerge in una cronaca continua. Tutto questo é presente in Settembre Nero così come lo sono gli agglomerati scuri, sensazioni latenti di un inesorabile cesura. Veronesi, infatti, allude soventemente all’“evento”, un’ombra scura che si staglia sulla vita di Gigio e che ne rappresenterà il momento del disincanto.

Così la storia s’interrompe nell’estate del 1972 lasciandoci appesi ad un filo di greve tensione. Cosa sia accaduto é ignoto ma ciò che intuiamo é il peso di tale evento che affonda le proprie radici nel futuro prossimo. L’attesa che ne scaturisce é gravida di simboli.

Simboli e suggestioni che l’autore ci chiede di interpretare proseguendo cauti. Il ritmo martellante e sornione al contempo della prima parte, cede il passo ad un incedere quasi incerto, sicuramente lento. Poi, un climax inarrestabile che interrompe ogni rapporto pregresso. Il taglio che ne emerge, apre lo spiraglio a qualcosa che – come affermato in apertura – è ben più di un romanzo di formazione.

Tutto deflagra e detona in un epilogo clamoroso e bruciante che ci lascia senza fiato. Veronesi é un maestro nel tessere le fila del racconto intrecciando bellezza e tragedia offrendo infine una sensazione di sublime che aleggia in noi come una presenza ineluttabile.

Se la nostalgia é il leit motiv di Settembre Nero, anche il tema della perdita risulta preponderante: dalla perdita dell’innocenza di Gigio a quella della speranza per il futuro. Un senso di incompiuto adombra le pagine e la rivoluzione promessa nelle parole di Veronesi si compie nel finale: il mondo di prima, quello del Gigio dodicenne, é svanito.

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