Le idi di marzo degli Oscar

A un mese esatto dall’assegnazione degli Academy Award a Los Angeles, irrompe il nuovo corso trumpiano sul cinema.

Trentuno nomination agli Oscar per la cerimonia del 2 marzo 2025, che si terrà al Sony Theatre di Hollywood Boulevard, in una Los Angeles ancora avvolta dal fumo degli incendi. Tra i film candidati, ben otto provengono dal concorso dell’ultimo Festival di Cannes. Spicca la candidatura all’Oscar come miglior attrice protagonista di Karla Sophia Gascón, già vincitrice del Golden Globe, per il suo ruolo in Emilia Perez. Diretto dal francese Jacques Audiard, il film è un avvincente thriller musicale che racconta la storia di un boss messicano del narcotraffico deciso a trasformarsi in donna.

Una prima nomination che sembra andare in controtendenza rispetto all’era imposta dalla nuova amministrazione a stelle e strisce. E poco importa agli “ambasciatori speciali” per il cinema nominati da Trump – Sylvester Stallone, Jon Voight e Mel Gibson – che avranno il loro bel da fare per “trumpizzare” Hollywood. Come scrive Arianna Finos su Repubblica, l’industria cinematografica deve tornare a essere “maschia” e profondamente americana.

Ai neo ambasciatori quindi, il compito di rilanciare un’industria che ha perso molto terreno a favore di cinematografie straniere. (Dazi anche per i film europei o magari l’acquisizione con la forza di Cinecittà o degli studi di Pinewood di Londra?…)

Intanto, tornando agli Oscar, l’Academy ha decretato con tredici nomination il trionfo di Emilia Perez, film che ha trionfato ai Golden Globe e anche al Festival di Cannes anche se come ha dichiarato l’attrice messicana: «Ho ricevuto tanti insulti in rete e minacce di ogni genere».

Per buona pace dei commissari i film stranieri entrati nelle “cinquine” principali come il bel film di Walter Salles Io sono ancora qui, anche questo nel palmares di Cannes, interpretato da una struggente Fernanda Torres nel ruolo della moglie di un desaparecido. E poi l’opera prima della francese Coraline Fargeat The substance,  ancora un palmares a Cannes e cinque nomination agli Oscar compresa quella per la migliore attrice a Demi Moore, già premiata poche settimane con un Golden Globe. Nomination all’Oscar per il l bellissimo film d’animazione lituano Flow che sta conquistando tutti i mercati internazionali.

L’Italia resta purtroppo fuori dalla competizione più importante dell’anno, così come era già accaduto ai Golden Globe. In quell’occasione, Vermiglio, opera prima della regista bolzanina Maura Del Pero, era in corsa ma è stato preferito dai giurati The Girl with the Needle, film danese ambientato nella Copenaghen del dopoguerra.

L’Italia si consola indirettamente dopo l’esclusione anche di Challengers di Luca Guadagnino, che aveva abbandonato la sala alla premiazione dei Golden Globe del film Emilia Perez, nella categoria “Miglior commedia o musical”, con una preziosa nomination come attrice non protagonista a Isabella Rossellini, la figlia di Ingrid Bergman e Roberto Rossellini che da anni vive e lavora a Hollywood protagonista anche di Conclave  film che ha collezionato ben 8 nomination. E gli americani di Hollywood?

Tra coproduzioni e qualche delusione, spicca la prima incursione di Pedro Almodóvar nel cinema americano con La stanza accanto (The next room), interpretato da Tilda Swinton e Julianne Moore. Ma a sorprendere è stata la nomination per The Brutalist di Brady Corbet, che ci riporta al sogno americano tanto caro a Trump, raccontando la storia di un architetto ebreo sopravvissuto all’Olocausto, interpretato da Adrian Brody. Infine, con ben otto candidature, A Complete Unknown – una biografia di Bob Dylan all’inizio della sua carriera leggendaria che vede Timothée Chalamet nei panni del giovane Dylan, accompagnato da un grande Edward Norton.

Tornando a “The Donald” e alla sua politica, fanno rumore le due nomination agli Oscar come film e miglior interprete per The Apprentice – alle origini di Trump, il biopic sul giovane Trump che il presidente ha definito “falso e senza classe”  Il film  corre come detto  anche per  la migliore interpretazione maschile di Sebastian Stan  nel ruolo di un giovane rampante Trump. Pensa cosa succederà se dovesse vincere l’Oscar!

Chiudo con un sassolino che mi voglio togliere visto che nelle scorse settimane in un mio articolo su QP denunciavo la progressiva scomparsa  e desertificazione di molte sale storiche romane (ben 44), a favore di ricollocazioni spesso discutibili.  Ebbene, pare che quell’articolo non sia passato del tutto inosservato a qualche altro collega tanto da fare bella mostra su qualche giornalone…

Buon cinema a tutti!