In replica dal 17 al 22 dicembre al Teatro Nuovo di Verona, la commedia più rappresentativa di Carlo Goldoni con la regia di Antonio Latella e Sonia Bergamasco nei panni di una “moderna” Mirandolina.
Messo in scena per la prima volta al Teatro Sant’Angelo di Venezia nel 1753 la celebre opera goldoniana non portava solo sul palco la storia di Mirandolina e la sua locanda fiorentina; portava sul palco l’inizio di una nuova visone teatrale e l’espressione di un rinnovato cambiamento culturale.
Mirandolina ( Sonia Bergamasco) si contraddistingue dall’inizio come donna forte e determinata, una vera imprenditrice per gli affari della propria locanda. A tal scopo si mostra da subito una donna di abile parlantina e arte della persuasione che con grazia, abilità e gioco conquista gli uomini che si recano alla sua locanda. Tra questi i suoi spasimanti principali: il marchese di Forlipopoli ( Giovanni Franzoni ), nobile decaduto convinto che per conquistare la donna basti il suo prestigio nobiliare, il conte d’Albafiorita ( Francesco Manetti ), mercante arricchito che vuole affascinarla con prestigiosi regali e infine Fabrizio ( Annibale Pavone) , il fedele cameriere della locanda, promesso sposo di Mirandolina secondo le ultime volontà del padre di questa.
Nuovo arrivato il cavaliere di Ripafratta ( Ludovico Fededegni ) uomo burbero e misogino, nemico delle donne, lui che ha sempre creduto che “ sia la donna per l’uomo un’infermità insopportabile”, Mirandolina per puro gioco e sfida con se stessa decide che sarà lei a fare innamorare l’arrogante cavaliere.
Per farlo essa usa la stessa misogina dell’uomo facendogli credere di essere anche lei disprezzante verso le donne e di stimare il cavaliere per non farle il “cascamorto” come tutti gli altri. Seguendo sempre il pensiero dell’uomo, secondo il quale tutte le donne sono false, Mirandolina furbamente si mostra come una donna che non sa fingere, da lì il passo è breve: “Voi siete l’unica donna di questo mondo con cui ho avuto la sofferenza di trattare con piacere” dirà il cavaliere, ormai caduto nella trappola della locandiera.
Nel terzo atto il cavaliere, totalmente innamorato, viene trattato con distanza da Mirandolina, atteggiamento che non fa altro che aumentare la collera dell’uomo. Per concludere la vicenda Mirandolina decide che sposerà il cameriere Fabrizio, pregando i tre spasimanti di andarsene dalla locanda.
Per la protagonista l’amore non è cosa separata dall’utile, infatti sposando Fabrizio si assicura con grande astuzia un uomo che le è fedele e pronto ad occuparsi delle faccende della locanda. Mirandolina è scaltra, bada a se stessa, non antepone doni, titoli o vaghi sentimenti del momento alla propria locanda che altro non è per lei che sinonimo di propria libertà. Libertà di essere se stessa in una società del Settecento dominata da uomini.
Con la locandiera Goldoni portava sul palco l’espressione più pura della sua rivoluzione teatrale oltre che l’inizio di un nuovo approccio culturale. Come cita lo stesso regista Antonio Latella: “ Siamo davanti ad un manifesto teatrale che da inizio al teatro contemporaneo, mentre per una assurda cecità noi teatranti lo abbiamo banalizzato e reso innocente”.
Mutamento proprio del teatro e della riforma goldoniana ad opera dell’autore, che decide in primo luogo di rappresentare una commedia in italiano dove la protagonista è donna; donna non ferma al personaggio fisso tipico della Commedia dell’Arte, bensì donna libera, dalle mille sfumature ed artefice del suo destino. Una Mirandolina non lontana dalla libertà e dignità per cui si lotta ogni giorno per poter scegliere del proprio ruolo nel mondo.
Mirandolina è vincente a discapito di quello che la sua condizione sociale può far presumere, abbaglia e si prende gioco di tutti, degli uomini in primo luogo e della stessa società con i suoi ranghi; il marchese e il conte rappresentano infatti la nobiltà del tempo con tutte le contraddizioni e debolezze di una società in mutamento. La locandiera sodalizza con l’espressione del popolo: dalle commedianti Ortensia ( Marta Cortelazzo Wiel ) e Dejanira ( Marta Pizzigallo ) che si recano alla locanda al fedele ed umile Fabrizio.
“ Fra tutte le Commedie da me sinora composte starei per dire essere questa la più morale, la più utile, la più istruttiva” citava Goldoni come premessa iniziale del suo testo, un’ opera quindi sempre attuale e di insegnamento. Attuale anche in questo 2024 dove la rivisitazione di Antonio Latella con la dramaturg di Linda Dalisi prevede abiti e ambientazioni moderne con personaggi che, perfettamente fedeli al testo originario, parlano di zecchini d’oro di fianco ad un moderno tavolo con microonde.
Un’ atmosfera moderna associata al linguaggio del classico goldoniano che funziona e diverte. Accade allora che il testo venga recitato da un conte d’Albafiorita con tuta, ginniche e cappellino, che il cavaliere di Ripafratta giri con un elegante cappotto color cammello e infradito ai piedi e la stessa Mirandolina entri in scena scalza facendo colazione per poi girare in tutta semplicità con grintosi stivaletti ai piedi.
La scenografia è semplice e moderna, con oggetti vivi e propri del quotidiano. Le scene principali avvengono seduti ad un tavolo centrale al proscenio, con le sue sedie esso diventa elemento importante per la messa in scena con cui i personaggi giocano e con il quale danno spesso e volutamente le spalle al pubblico.
Mirandolina quasi invaghita dello stesso conte, si presenta come una donna forte e fragile, dalle mille sfumature. Sonia Bergamasco da un’ottima interpretazione allontanandosi dall’immaginario tradizionalista con cui il teatro italiano vede Mirandolina, merito alla Bergamasco di attribuire al personaggio un tono moderno, pratico ed intelligente confermandone la candidatura come miglior attrice al premio Ubu 2024.
Durante i 150 minuti di spettacolo la protagonista è spesso intenta a sbucciare una mela, a cucinare o a stirare, esattamente come gli altri personaggi, intenti a compiere e vivere azioni, un quasi richiamo della regia cinematografica. Le luci di Simone de Angelis sono semplici e fondamentali, in grado, con il loro leggero movimento, di enfatizzare alcuni cambi di scena rilevanti.
Nonostante il testo resti fedele all’originale la regia si concede qualche leggera variazione che diverte si ma forse non necessaria. Le risate lunghe e ripetute dei personaggi sanno invece donare un buon arricchimento alla messa in scena come l’ utilizzo di alcuni strumenti musicali, spesso suonati dal conte e il proprio servo ( Gabriele Pestilli ) che accompagnano ed accentuano delicatamente alcuni momenti.
Tra moderno e passato la Locandiera risuona ancora puramente contemporanea con tutta la sua autorevolezza ed ironia ricordandoci di rimanere fedeli a noi stessi e alla nostra libertà.
_____________________________________
La Locandiera di Carlo Goldoni, regia di Antonio Latella, dramaturg Linda Dalisi. Con Sonia Bergamasco, Ludovico Fededegni, Giovanni Franzoni, Francesco Manetti, Annibale Pavone, Marta Cortellazzo Wiel, Marta Pizzigallo e Gabriele Pestilli. Scenografia di Annelisa Zaccheria; costumi di Graziella Pepe; musiche e suono di Franco Visioli; luci di Simone De Angelis. Assistente alla regia Marco Corsucci; assistente alla regia volontario Giammarco Pignatiello – Teatro Nuovo di Verona dal 17 al 22 dicembre 2024