Luca Zingaretti debutta nella regia con un’opera che affronta l’amore tra un padre e un figlio
La casa degli sguardi è un film di Luca Zingaretti, il suo esordio alla regia. Presentato alla Festa del Cinema, concorre nella sezione “Grand Public”. Con un protagonista magnetico come il giovane Gianmarco Franchini, la pellicola ruota attorno allo smarrimento di un ragazzo dopo un grosso trauma. Oltre a essere profondamente drammatico nell’essenza, è un prodotto esteticamente interessante.
Marco è un ragazzo perso. Dopo la morte della madre ha affidato la sua vita all’alcol, ignorando gli aiuti di un padre docile e apprensivo. L’unica cosa a cui si aggrappa, rigettandola allo stesso tempo, è la poesia. Quest’ultima rappresenta l’anello di congiunzione con gli ultimi ricordi affettuosi della donna. L’ultimo momento di condivisione. Dopo diversi incidenti da ubriaco, il suo editore gli trova un lavoro all’ospedale pediatrico Bambin Gesù, in un’impresa di pulizie. Giorno dopo giorno, insieme a fatica e rimproveri di una squadra severa (soprattutto il capo), Marco troverà una seconda famiglia e, forse, una nuova motivazione per iniziare a vivere.
Tra i primissimi giorni di lavoro, oltre a dover pulire un bagno disgustosamente sporco, il protagonista si imbatte nel cadavere di una bambina e successivamente stringe un giocoso rapporto di sguardi con un bambino, visto solo dalla finestra. Tra loro si crea un’affinità che addolcisce gli animi. Negli occhi turbati del protagonista si vede la luce durante quei casuali incontri. I bambini, simbolo di innocenza, costretti nel luogo della sofferenza, risvegliano sentimenti di empatia, affezione, bontà, gioia, l’essenza stessa della vita, aiutando Marco nel suo processo di salvezza.
Una salvezza davvero difficile da immaginare quando l’unica cosa davanti a sé è il buio. Come accade spesso, qui si tratta di un giovane che non sa come affrontare il proprio, enorme, trauma. La psicoterapia non viene nemmeno nominata. L’unica soluzione che trova Marco per alleviare quel peso represso è l’alcol. Beve fino a non sentire più nulla, così trova almeno qualche minuto di pace. Darsi altro dolore, un dolore più forte ancora, è l’unico modo che trova per sopportare quest’irreversibile e maligna sorte.
Però è un giovane che ha smesso di vivere e, a fatica, sopravvive. Non ha uno scopo né vita strutturata. Non ha amici né distrazioni, se non l’alcol. Il lavoro che inizierà a fare, nella sua semplicità, sarà un modo per incontrare altre persone, per darsi degli orari attraverso cui scandire la quotidianità. Quell’appartenenza a un gruppo lo farà sentire meno solo, riempiendo quel vuoto causato dalla perdita della madre.
Gli occhi di Gianmarco Franchini (all’inizio del suo probabilmente duraturo successo, iniziato con Adagio) sono metà dell’opera. La forza magnetica e potente del suo sguardo, aiutato da un’ottima della fotografia, creando immagini evocative che alzano la qualità del prodotto. Il film è infatti molto curato, dalle scelte tecniche, di regia e dalle soluzioni estetiche adottate.
La casa degli sguardi è un film godibilissimo, scorrevole, a tratti divertente ma drammatico nel complesso. Un’opera volta a far riflettere, mostrando come si cerchi di recuperare un’anima persa, che non riesce a fare i conti con il proprio dolore, ma cerca di eliminarlo stordendolo con l’alta gradazione. Lo svolgimento dei fatti svela non solo il potere terapeutico dei bambini ma anche quello della condivisione del dolore. Una tregua che allevia la sofferenza della solitudine.
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La casa degli sguardi – Tratto dal libro di Daniele Mencarelli – Regia di Luca Zingaretti – Con Gianmarco Franchini, Cristian Di Sante, Federico Tocci, Chiara Celotto – Distribuito da Lucky Red – Italia 2024