Dalle suggestioni di Shelley e Stendhal al teatro della crudeltà Artaudiano, la vicenda dolorosa di Beatrice Cenci al Gobetti di Torino
Dal 15 al 19 ottobre 2024 è in scena al Teatro Gobetti di Torino Cenci Rinascimento contemporaneo, facente parte della programmazione della ventinovesima edizione del Festival delle Colline Torinesi, diretto da Isabella Lagattolla e Sergio Ariotti . Scritto e diretto da Giorgia Cerruti, della Piccola Compagnia della Magnolia, lo spettacolo affronta la drammatica vicenda di Beatrice Cenci, la giovane romana d’alto lignaggio, giustiziata nel 1599 con l’accusa di parricidio. Beatrice, di fatti, esasperata dalle continue violenze del padre e dall’indifferenza delle istituzioni di fronte alle sue continue denunce, arrivò a compiere l’atto estremo che ne decretò tragicamente la sua fine per decapitazione in pubblica piazza.
La scena si presenta sobria e suggestiva, con un grande telo rosso ben teso sul fondale, davanti al quale iniziano a muoversi i personaggi della vicenda, dal conte Cenci alla figlia Beatrice. Gli attori, inizialmente mascherati, indossano costumi che evocano i fasti delle feste carnascialesche del Cinquecento, richiamando le atmosfere immortalate da pittori come Willem Cornelisz Duyster. Le luci, sapientemente posate sulle figure, creano un’atmosfera sulfurea carica di tensione. Tuttavia, le maschere, che nel loro uso iniziale generano un forte impatto visivo e un’articolazione sonora assai notevole delle voci, vengono abbandonate troppo presto, perdendo così l’occasione di mantenere viva quella carica grottesca e funerea che avrebbe potuto arricchire l’intera messa in scena.
La vicenda di Beatrice Cenci, che affascinò e turbò artisti come Caravaggio e Artemisia Gentileschi (anch’essa vittima di abusi, ma con un destino diverso da quello di Beatrice), diventa nel lavoro di Cerruti una riscrittura nutrita dalle suggestioni di autori come Shelley, Stendhal e, soprattutto, Antonin Artaud. Le influenze del Teatro della Crudeltà di Artaud sono particolarmente evidenti, con una crudeltà che non si limita alla violenza fisica, ma si esprime attraverso un’esperienza teatrale totale, capace di scuotere il pubblico nel profondo. Tuttavia, nonostante i chiari riferimenti al teatro artaudiano, lo spettacolo non sempre riesce a raggiungere quell’effetto rituale auspicato, anche se in alcuni momenti il tentativo risulta pienamente compiuto.
Tonino, interpretato da Davide Giglio, è un personaggio emblematico in questo contesto. Inizialmente silenzioso e quasi sempre ai margini della scena, in seguito dialoga con gli altri personaggi attraverso un linguaggio inusuale e a tratti profetico, incarnando alcune delle idee centrali di Artaud mentre osserva lo svolgersi degli eventi. Tonino è il testimone, con la sua lingua francofona, di quella crudeltà umana che progressivamente si manifesta sul palco, fino a culminare in un’esperienza teatrale che scuote profondamente lo spettatore. La performance di Giglio, con la sua voce modulata e di grande impatto, è uno degli aspetti più interessanti dello spettacolo, capace di donare alla scena una carica impressionante. Al suo fianco, Francesca Ziggiotti offre un’interpretazione graffiante, lacerata e nello stesso tempo lacerante.
L’omicidio del conte non viene evocato univocamente attraverso il racconto, ma anche mediante un’azione mimata, in cui il teatro della morte si rappresenta su un tavolo di acciaio. Medesimo bancone dove Beatrice, ormai stanca di continui soprusi, esprime un soliloquio ricco di riferimenti alla contemporaneità, come la guerra in Ucraina e la cultura degli haters. Questi riferimenti, se a primo impatto potrebbero far apparire la vicenda più inscrivibile a ciò che avviene oggigiorno, risultano incancrenenti e svianti, rischiando di decontestualizzare e indebolire una narrazione che, nella sua crudezza originaria, possiede già una forza dirompente. Tentare di collegare vicende tanto lontane nel tempo attraverso paralleli con la nostra realtà attuale, in questo caso, non riesce a valorizzare la potenza storica e simbolica della vicenda dei Cenci, ma piuttosto la confonde.
È nella parte finale che lo spettacolo trova forse la sua forma più compiuta. Le testimonianze degli atti processuali di Beatrice e degli altri testimoni, enunciate dagli attori in proscenio, diventano un potente dispositivo scenico. In questa chiusura, la storia si getta contro il presente senza la necessità di modernizzazioni forzate: la gigantografia di un dettaglio di un’opera di Artemisia Gentileschi fa da sfondo a una scena conclusiva intensa, che colpisce proprio perché non ha bisogno di eccessive mediazioni per raggiungere lo spettatore. Un finale in cui gli attori pronunciano le loro parole su una partitura sonora istantanea eseguita da Giorgia Cerruti che sfiora e percuote, ora con un archetto, ora con una barra metallica o con un piccolo battente, uno strumento composto da parti metalliche e lignee, amplificato elettronicamente per creare una composizione originale. Il suono prodotto avvolge l’audience in maniera suggestiva, si rende così possibile l’esperienza sensoriale pura, e lo spirito del Teatro della Crudeltà riesce davvero a farsi sentire.
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Cenci Rinascimento Contemporaneo – Scrittura drammaturgica e Regia: Giorgia Cerruti – Con Davide Giglio, Francesco Pennacchia, Francesca Ziggiotti e Giorgia Cerruti. . Aiuto alla regia | Alessia Donadio. Visual Concept e Disegno luci | Lucio Diana. Maschere | Lucio Diana, Adriana Zamboni. Sound design e Fonico | Guglielmo Diana. Tecnico luci | Francesco Venturino. Costumista | Serena Trevisi Marceddu. Realizzazione costumi | Daniela Rostirolla. Danza storica | Monica Rosolen. Organizzazione | Emanuela FaiazzaUno spettacolo di Piccola Compagnia della Magnolia in co-produzione con Teatro Nazionale di Torino, CTB Centro Teatrale Bresciano, Sardegna Teatro, Scarti – Centro di Produzione. Presentato in collaborazione con TPE / Teatro Piemonte Europa e Festival delle Colline Torinesi. . Festival delle Colline Torinesi, Teatro Gobetti – Torino, 17 ottobre 2024.