Berlinguer, La Grande Ambizione di vincere alla Festa del Cinema di Roma

“Qualcuno era comunista, perché Berlinguer era una brava persona”.

Giorgio Gaber, cui lo scorso anno è stato dedicato proprio alla rassegna romana di cinema un bellissimo docufilm di Riccardo Milani, ha colto fin da subito l’essenza di quello che significava Votare P.C.I per tantissime persone negli anni ’70-’80.

Elio Germano in una scena del film

Votare comunista sotto la segreteria Berlinguer significava non già credere nell’eversione rivoluzionaria di matrice sovietica ma in un’alternativa democratica che includesse l’unione di tutte le masse, dai cattolici agli operai. Il famoso Eurocomunismo. Questo film, diretto magistralmente da Andrea Segre, spiega veramente così l’idea di compromesso storico. Quello che poi è diventato un termine strettamente legato alla politica di palazzo, nella fattispecie l’accordo che in semiclandestinità siglarono Moro e Berlinguer, aveva una natura molto più profonda e sociale che emerge dal film. L’idea che le masse popolari non fossero vincolate dalle logiche strette di partito, dal “o noi, o loro”. Ma dalla profonda collaborazione trasversale delle classi meno abbienti. L’unione delle masse.

Enrico! o Compagno Enrico. Così, dal metalmeccanico torinese all’intellettuale romano, si era soliti chiamare il segretario del più grande partito comunista europeo. La pellicola trasuda di umiltà e dedizione alla causa e al partito. Segre ha tenuto particolarmente a evidenziare la dicotomia della condizione femminile nel partito, e ne ha sviscerato le ambiguità reali, non solo quella che vedeva il PCI come un partito maschilista.

L’interpretazione di Berlinguer non poteva cadere in mani migliori di quelle di Elio Germano. Il vero erede della tradizione attoriale impegnata di Volonté, Elio Germano ha colto tecnicamente alcuni tratti fisici (il lavoro sulla voce e sulle spalle, memori forse del Giovane Favoloso, sono encomiabili e lo rendono spaventosamente mimetico da dietro) e soprattutto psicologici. Il senso amorevole del sacrificio e dell’umiltà, senza risultare irrisoluto e deciso, era un’impresa non da tutti.

Nell’ultimo decennio molti registi famosi hanno affrontato le psicologie di figure di spicco del panorama politico degli anni ’70. Dall’Andreotti di Sorrentino al Craxi di Gianni Amelio. Ma non Berlinguer.

Persino Cossiga ha una narrazione approfondita nell’opera magna di Marco Bellocchio, Esterno Notte, che, pur essendo una serie a puntate monografiche sui protagonisti del Caso Moro, ha lasciato fuori Berlinguer dalla narrazione. Anzi, ne ha lasciato l’ombra sulla decisione della linea della fermezza, unica macchia in un’esistenza esemplare.

Quella macchia, o presunta tale, rimane anche in questo film.

Ernico Berlinguer e Aldo Moro

Il film, diretto da Andrea Segre, con Elio Germano, Elena Radonicich, Paolo Pierobon, Roberto Citran, Andrea Pennacchi, Giorgio Tirabassi, Paolo Calabresi, Francesco Acquaroli e Fabrizia Sacchi, è una produzione Vivo film e Jolefilm con Rai Cinema, in coproduzione con Tarantula (Belgio) e Agitprop (Bulgaria). Uscirà il 31 ottobre al cinema.

Voto 8.5

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