(R)esistere al confino

Antonio Mocciola “ricama” sulla pelle di Bruno Petrosino il personaggio di Fosco

Sotto un lenzuolo che nasconde una sagoma, delimitato solo da linee bianche su uno sfondo oscuro, si apre la scena al Teatro Cometa Off di Roma. È in questo ambiente suggestivo che il 15 ottobre scorso è stata rappresentata la pièce Cartoline da casa mia. Tra il pubblico, spiccava la presenza della celebre scrittrice Dacia Maraini, legata all’opera tramite il nome dell’attore protagonista, Fosco, interpretato con intensità da Bruno Petrosino.

Bruno Petrosino è Fosco

Dopo aver attraversato l’Italia, questo testo di Antonio Mocciola torna nella Capitale, concentrandosi su un solo personaggio: Fosco. Con una scrittura ermetica e ricca di immagini evocative, Mocciola scandaglia le profondità della psiche umana. La scenografia, semplice ma efficace, circoscrive lo spazio vitale di Fosco, creando il suo rifugio dal mondo esterno.

La rappresentazione inizia con il buio e un grido che spezza il silenzio. Una luce rivela Fosco, nudo e accovacciato, intento a scrivere una cartolina. Da qui prende vita il monologo del protagonista, che ci conduce all’interno del suo mondo isolato. Fosco è un giovane che ha scelto di ritirarsi nella sua stanza, rifiutando una società che lo ha emarginato perché non conforme, mentre egli stesso ha escluso il mondo dalla propria esistenza. Tuttavia, non vive questa scelta come una condanna, ma come un rifugio protettivo per la sua anima. Il monologo, intenso e carico di significato, è arricchito da una colonna sonora penetrante e da un sapiente gioco di luci, che trasporta lo spettatore dentro la stanza di Fosco, quasi a condividere la sua solitudine.

I contatti con il mondo esterno sono ridotti al minimo, limitati alla sopravvivenza, come suggerisce il gesto simbolico con cui Fosco mima il ricevere cibo oltre la linea bianca, oltrepassandola solo con le braccia. Nonostante il suo isolamento, il personaggio afferma la propria esistenza inviando “cartoline” a coloro che ha lasciato dietro di sé, forse per suscitare rimpianto o semplicemente per ricordare che, nonostante tutto, egli esiste ancora.

Nel corso del monologo, Fosco rievoca le figure chiave della sua vita, dialogando con loro nella sua solitudine autoimposta. La madre, incapace di dargli l’affetto che desiderava, appare simbolicamente quando Fosco si rannicchia in posizione fetale. Il padre, emblema di una virilità irraggiungibile, e il nonno, rappresentante di una mentalità rigida e autoritaria che lo avrebbe voluto soldato, si materializzano nelle marce immaginarie di Fosco, trasformate rapidamente in una parodia del rigore militare. Anche lo psicologo sembra comparire, ma forse è solo una proiezione della mente di Fosco.

Il momento più intimo e doloroso arriva con il ricordo del fratello gemello, il suo opposto: bello, sicuro di sé e dominante. A lui Fosco ha dedicato la poesia recitata all’inizio dello spettacolo, e sembra per lui pronto a rimettersi in contatto con il mondo che lo aveva respinto. Attraverso questi confronti immaginari, Fosco rivive la sua infanzia e la scoperta del proprio corpo, elementi che lo hanno reso consapevole della propria diversità.

La stanza diventa per Fosco un rifugio dove può essere completamente se stesso, senza vestiti, libero dal giudizio. Il nudo, infatti, diventa un atto di coraggio e accettazione di sé, un simbolo di potere che va oltre le convenzioni sociali. È un atto che svela la vera essenza del personaggio, mettendo a nudo non solo il corpo, ma anche l’anima.

Il testo di Mocciola, scritto oltre cinque anni fa, ha sempre avuto in mente Bruno Petrosino per il ruolo di Fosco. L’attore, con il tempo, ha fatto suo il personaggio, portando in scena non solo la vulnerabilità di Fosco, ma anche le sue emozioni più autentiche. Se inizialmente alcune dinamiche emotive potevano non appartenergli, oggi Petrosino incarna pienamente il protagonista, quasi come se Fosco fosse diventato una parte di lui.

Cartoline da casa mia è un’opera profondamente introspettiva che affronta il fenomeno degli hikikomori, termine giapponese che descrive chi si isola volontariamente dalla società. Un tema che, partito dal Giappone, ha trovato risonanza anche in Italia e nel resto del mondo. Il testo esplora temi come l’isolamento, l’alienazione e il conflitto con una società che impone la conformità, offrendo una riflessione profonda sull’esperienza umana.

Bruno Petrosino

La domanda che emerge alla fine dello spettacolo è provocatoria: cosa distingue veramente Fosco da chi si rifugia nel mondo virtuale, tra chatbot e intelligenza artificiale? In una società ossessionata dall’apparenza e dalle relazioni digitali, siamo davvero così lontani dal sentirci come Fosco?

Cartoline da casa mia di Antonio Mocciola – Con Bruno Petrosino – Cometa Off 15 e 16 ottobre 2024

Foto di ©Grazia Menna

Teatro Roma
Grazia Menna

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