Tonino Pinto ci racconta dalla Festa del Cinema, le emozioni e le prime reazioni degli addetti ai lavori alla prima di Berlinguer – La grande ambizione
Apertura con il “botto” della Festa del Cinema di Roma con il film scelto per l’inaugurazione della 19a edizione Berlinguer – La grande ambizione diretto da Andrea Segre coprodotto da Rai Cinema. Un lunghissimo applauso questa mattina ha accolto al termine della proiezione per la stampa (il pubblico lo vedrà al gala di questa sera) è risuonato fragoroso dalla platea gremita in ogni ordine di posti nella sala Sinopoli all’Auditorium Parco della Musica, sottolineando i consensi anche di molti giovani ai valori umani e politici (e in sala di politici e opinionisti di grido ce n’erano tanti) di Enrico Berlinguer, il segretario politico del Partito Comunista Italiano, forte di un largo consenso popolare, una delle figure più iconiche e rispettate della politica italiana del Novecento.
Dal 1972 fino alla sua morte nel 1984, è stato leader del più grande partito d’opposizione occidentale e la sua figura ha incarnato un’idea di politica etica, integerrima, che faceva della questione morale un punto centrale del suo impegno. Un uomo e un politico perbene che aveva difeso con Aldo Moro la coraggiosa idea di un compromesso storico per garantire la governabilità dell’Italia e che “qualcuno” aveva deciso di interrompere sul nascere.
Quando morì a causa di un’emorragia cerebrale, dopo l’assassinio di Moro per mano delle fantomatiche Brigate, Berlinguer aveva solo 62 anni. Ai suoi funerali celebrati in una piazza San Giovanni stracolma, sfilarono un milione e mezzo di persone e fra i lavoratori convenuti da tutta Italia anche tanti uomini e donne dello spettacolo e della cultura da Mastroianni a Scola e da Antonioni a Monica Vitti.
Ma il film di Segre è molto ma molto di più, soprattutto per il rispetto della storia e della figura umana di un grande uomo grazie anche alla superlativa interpretazione di un Elio Germano in stato di grazia
«All’epoca – ha detto Elio Germano – il termine premier o leader non si usava. All’epoca Berlinguer era chiamato segretario di partito e in quella definizione c’è tutta l’idea del vero servizio alla collettività, una dimensione fatta prevalentemente di ascolto. I discorsi di Berlinguer erano efficaci perché dietro c’era lui, e un lavoro in cui la forza del partito era rappresentata dalla dimensione collettiva al contrario di oggi in cui l’idea di leadership si pone quasi in antitesi con quella di rappresentante del popolo».
La grande ambizione di Berlinguer scritta con quella ancora più drammatica di Aldo Moro riportata da Segre dagli sceneggiatori, da Elio Germano e da tutto il cast del film, ci riconsegna l’idea di quel sogno di compromesso storico che non piaceva neanche alla nomenclatura sovietica di allora (Breznev), cosi come non piaceva “all’Amerika” di Jimmy Carter e Henry Kissinger e a quelle “fantomatiche” Brigate rosse che rapirono e uccisero l’onorevole Moro (abbandonato anche del suo stesso partito). Insomma a giudicare dagli occhi rossi del pubblico e dagli addetti ai lavori al termine della proiezione, la grande ambizione di Berlinguer ha lasciato un segno profondo nelle coscienze di tutti, soprattutto dei tanti giovani presenti alla proiezione. Le critiche e ce ne saranno tante la lasciamo volentieri agli esperti in dietrologia.