Ethan Hawke presenta Wildcat al Lucca Film Festival
Giovedì 26 settembre Ethan Hawke, ospite della XX edizione del Lucca Film Festival, ha ricevuto il premio Golden Panther Award e presentato in anteprima italiana il suo ultimo lavoro da regista Wildcat (2023), biopic sulla vita della scrittrice Flannery O’Connor, interpretato dalla figlia Maya Thurman Hawke nel ruolo della protagonista.
Proprio da Maya afferma essere nata l’idea di realizzare questo film, appassionata dei lavori della scrittrice della Georgia come la nonna.
Il film è in effetti uno sforzo congiunto della famiglia Hawke che vede, oltre a padre e figlia coinvolti nel progetto, anche la partecipazione di Levon Thurman Hawke in una piccola parte e di Ryan Hawke, moglie di Ethan, in veste di produttrice.
L’attore e regista afferma che così come il cinema è un’arte al cui interno collaborano altre arti, la realizzazione di un film è un lavoro di squadra e nel caso specifico di questo film il fulcro della squadra è stato la famiglia. E se c’è una cosa che Ethan ha reso chiara è stata che adora lavorare con persone a cui vuole bene.
Al contrario, però, Hawke sostiene di non amare i biopic, nonostante si trovi poi sempre a realizzarne. Ciò che non apprezza, in realtà, è il modo convenzionale in cui vengono realizzati dall’industria cinematografica hollywoodiana. Per questo opta spesso per farne alla sua maniera.
In effetti quelli da lui realizzati sono spesso film biografici non convenzionali, definiti da scelte alternative di narrazione, rappresentazione e strutturazione del racconto.
Hawke sostiene che la vita spesso è una successione di episodi ed è così infatti che appare Wildcat, non soltanto un accumulo di episodi nella vita della scrittrice, ma anche e soprattutto un accumulo delle sue storie, continuamente messe in atto nella mente della scrittrice e nell’ambito della finzione filmica per lo spettatore, punteggiando il racconto di un’esistenza difficile.
Flannery O’Connor ha dovuto superare molti ostacoli nella sua vita, come un mondo della letteratura dominato da figure maschili e la malattia del Lupus Eritematoso Sistemico, patologia autoimmune ereditata dal padre.
Hawke sostiene a tal proposito che si tratti di un film sul potere dell’immaginazione e come riuscire a guarire grazie ad essa. La creatività vista come un atto di fede dalla protagonista, che, convinta che essa provenga da Dio, desidera essere la sua macchina da scrivere. Scrivere come atto di devozione religiosa è la sua cura. Mettere in pratica quella creatività che viene da Dio.
Ma questo non risulta così facile per Flannery, persona dalla fede vera, sincera, profonda, che scrive storie di argomento religioso dalla mentalità progressista, scandalose per la società perbenista degli anni Cinquanta (soprattutto nel sud degli Stati Uniti) quanto per il suo stesso sentimento religioso, al punto che questa fede diviene non più un’ancora di salvezza ma una croce da portare che aggiunge il proprio peso al fardello già gravoso della protagonista.
La difficoltà di accettare la convivenza dentro di sé di queste due diverse disposizioni che hanno origine dalla stessa fonte pare solo un altro motivo di sofferenza per la scrittrice, ma conciliarle è possibile, le rivela Padre Flynn (Liam Neeson), se il suo cuore è puro, cosa di cui non abbiamo alcun dubbio poiché la sua fede è profonda e sincera più di quella di tutti gli altri.
In questo modo riuscirà a passare i successivi anni della sua vita afflitta dal Lupus fino alla morte, scrivendo per mettere il suo talento al servizio degli altri, e mettendo finalmente le sue bellissime piume della coda di pavone.
Wildcat di Ethan Hawke – Con Maya Hawke, Laura Linney, Philip Ettinger, Rafael Casal, Cooper Hoffman, Steve Zahn, Liam Neeson, Vincent D’Onofrio, Alessandro Nivola, Christine Dye, Willa Fitzgerald, Levon Hawke – Anno 2023
Foto di Laura Casotti e Filippo Parisi