Al Locarno Film Fest vincono i giovani, sullo schermo e nelle sale.

Presentato il nuovo capitolo della trilogia del regista cinese Wang Bing  e “Luce” di Luca Bellino e Silvia Luzi

Il Festival del cinema di Locarno che il 17 agosto chiuderà la sua 77a edizione si conferma soprattutto il cinema dei giovani autori a riprova di una rassegna che da 77 anni guarda al mondo da Paese neutrale attraverso la settima arte.

Recensione: Youth (Hard Times) - Cineuropa
Youth (Hard time)

Diretto da Wang Bing in queste ultime ore il concorso ha presentato coprodotto da Francia, Lussemburgo e Germania Youth (Hard time), il film del giovane regista cinese già vincitore a Locarno nel 2017 con La signora Fang.

Un film che rappresenta la seconda parte di una trilogia frutto di cinque anni di riprese nei laboratori tessili della città di Zhili nella Cina orientale di cui la prima parte è stata presentata all’ultimo Festival di Cannes, dove oltre 300.000 lavoratori migranti lavorano duramente in 20.000 laboratori. Il ciclo, che si concluderà con Youth (Homecoming) alla Mostra del cinema di Venezia, cattura la dura realtà della vita di questi giovani lavoratori, attraverso più di 2.600 ore di riprese, dando vita a un documentario che presenta senza filtri un ritratto crudo e schietto delle dure condizioni di lavoro e delle dinamiche sociali tra le giovani generazioni cinesi. Il film mostra soprattutto il fallimento del nuovo corso neoliberista della Cina dopo l’abbandono dell’economia socialista ma anche il tentativo dei giovani operai di ribellarsi e dare vita a un piccolo sindacato in una Cina tutta da scoprire.

«Se potessi, premierei tutti i film di questo concorso.  A dirlo entusiasta è stata la giovane regista e sceneggiatrice indiana Payal Kapadia, membro della giuria di questa edizione del Festival, uno dei nomi emergenti del nuovo panorama cinematografico indiano. Residente a Mumbay, la capitale cinematografica di quella Bollywood capace di produrre più di mille film l’anno, Payal ha già vinto con i suoi film due prestigiosi premi al Festival di Cannes nel 2021 per il documentario  A Night of Knowing Nothing e il gran Premio della giuria nel maggio scorso con il suo primo lungometraggio All we imagine as light.

«I festival – ha detto la regista – ci consentono di superare le distanze, di conoscerci, di progettare e Cina ed India rappresentano tre miliardi di persone, ideologie, sogni, speranze. Mumbai non è come Hollywood e la vita per un giovane che vuole fare cinema è molto dura ma si guadagna bene. Il cinema in India non è solo Bollywood, ci sono tante nuove realtà in diverse regioni del paese e tanti registi come me lavorano in maniera indipendente. La tecnologia moderna annulla le distanze consentendo alle persone di essere più vicine con i loro sogni e la voglia di cambiare».

A proposito di giovani: le 12 sale di Locarno registrano insieme a quelle serali di piazza Grande sold out continui compresa l’annunciata masterclass della regista premio Oscar Jane Campion che il 17 agosto riceverà il Pardo d’oro alla carriera.  Riflettori accesi naturalmente sul cinema italiano con il secondo film in concorso dal titolo Luce di Luca Bellino e Silvia Luzi, un’opera seconda con protagonista Marianna Fontana, per una coproduzione targata Rai Cinema prodotta da Donatella Palermo.

Storia ambientata in un inverno freddo e piovoso nel sud Italia, dove una giovane donna poco più che ventenne vive una quotidianità soffocante dove ogni giorno si ripete identico all’altro facendola sentire intrappolata in una vita che non le appartiene. All’improvviso durante una passeggiata sulla spiaggia a contatto con la natura, ha una folgorazione improvvisa, avverte una connessione profonda con qualcosa di più grande, e comprende che la sua vita può cambiare. Quella spiaggia diventa un luogo di rifugio e ispirazione, un punto di partenza per un cambiamento interiore.

Recensione: Luce - Cineuropa
Marianna Fontana protagonista di Luce

«Abbiamo provato a raccontare tutto questo attraverso il tumulto di una giovane donna in un contesto che la vuole operaia, ignorante e sottoposta e che la induce a una scelta di vita malsana. Luce per noi è una storia di pelle, di voci e di fatica», hanno dichiarato i due registi e autori.

Foto di copertina: La regista neozelandese Jane Campion

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