Addio a una delle attrici più brave ed eleganti del cinema mondiale che ci ha lasciato in eredità degli autentici capolavori.
Lei Glenda Jackson, due Oscar per film come Donna in amore e Un tocco di classe accanto a George Segal, grande protagonista a Londra del teatro di Peter Brook, che nel 1992 lasciò il grande schermo e il palcoscenico per la politica, in contrasto con quella dettata dalla Lady di ferro Margaret Thatcher. Eletta deputata per i laburisti, tornò in teatro a Broadway anni dopo prima “dell’ultimo viaggio” con la pièce Tre donne alte di Edward Albee, quei due Oscar lei li usava come ferma libri sulla credenza in sala da pranzo, una delle insuperabili protagoniste del ‘900 cinematografico.
Come lei Anouk Aimè, nome d’arte di Françoise Florence Dreyfus, scomparsa martedì scorso nella sua bella casa parigina, di lei si innamorarono artisticamente e non solo negli anni cinquanta Marcello Mastroianni e Federico Fellini che la vollero insieme ad Anita Ekberg, entrambe regine di quella Dolce vita che ha segnato la storia del cinema e del costume imprimendo nell’immaginario collettivo caratteri e situazioni indimenticabili. Anouk incarnava il perfetto contrappunto femminile alla voluttuosa Anita come nell’indimenticabile scena di nascondino durante una serata mondana che diventa per Marcello l’ultima occasione di felicità, quella che come le altre non coglierà.
Figura emblematica degli anni ’60 e icona della new wave con un sorriso, una voce incredibile e un’armonia che si avvicinava alla perfezione , grazie anche alla sua eleganza, al fascino e soprattutto alla sua grande professionalità realizzando di fatto un cocktail esplosivo che scoppiò nella Francia della nouvelle vague con film come Lola – Donna di vita di Jacques Demy, Un uomo e una donna di Claude Lelouche, Rapporto a quattro di George Cukor e in Italia con Fellini che dopo La dolce vita la volle anche in 8½ ancora al fianco di Mastroianni. Vittorio De Sica la scritturò per il suo Giudizio universale e poi Alessandro Blasetti che la volle in Liolà, Florestano Vancini ne Le stagioni del nostro amore, Bernardo Bertolucci ne La tragedia di un uomo ridicolo e Marco Bellocchio in Salto nel vuoto al fianco di Michel Piccoli, film con il quale conquistò il palmares come migliore attrice protagonista al Festival di Cannes del 1980. A Hollywood la corteggiavano registi come Sidney Lumet che la volle nel film La virtù sdraiata e Robert Altman in Prêt à Porter ancora con Marcello Mastroianni che restano film memorabili come quell’ Uomo e una donna del 1966 insieme a Jean Louis Trintignant che conquistò anche l’Oscar come miglior film straniero e lei Anouk il Golden Globe come miglior attrice.
Con il suo viso da gatto e il suo portamento altezzoso, Anouk Aimée era la risposta francese ad Audrey Hepburn, insomma, un’attrice di classe incredibile che ha fatto sognare i grandi cineasti europei, quanto quelli americani. «È la vita che ha scelto il cinema per me», dichiarò in un’intervista nel 2014.
L’ultima volta che la vidi e intervistai fu nel 2019 quando Lelouche la riportò sullo schermo ancora in coppia con Jean Louis Trintignant ne I migliori anni della nostra vita. «Grazie a lei, ho scoperto la luce», disse Lelouche in una breve intervista, aggiungendo subito dopo che «nella vita è molto più importante desiderare che avere… il momento del desiderio. É insuperabile quando sai che qualcosa sta per succedere».