Adottato dal nostro Paese, se ne è andato l’iconico Yanez, una vera leggenda e un personaggio amatissimo dagli italiani.
È stata Elizabeth Missland francese come lui, vice presidente della stampa estera a Roma ad annunciare la scomparsa a Roma a 93 anni di Philippe Leroy. E fu proprio Elizabeth che me lo presentò per la prima volta a Villa Massimo durante il gala dei prestigiosi Golden Globe.
Un uomo affascinante e attore di successo in una carriera ricca di oltre duecento fra film e serie televisive e una vita a dir poco avventurosa cominciata a 19 anni come mozzo su una nave che da Marsiglia salpava per il Sud America, culminata come eroe nella Legione Straniera durante la guerra in Indocina e in Algeria. Allora mi ricordo gli chiesi che forse un produttore intelligente avrebbe dovuto realizzare un film sulla sua vita e lui mi rispose con quel sorriso beffardo alla Yanez di Sandokan, prototipo dell’eroe salgariano: «Ma in fondo è quello che sto facendo!».
Philippe Leroy era l’erede di una famiglia aristocratica con sei generazioni tra soldati e ambasciatori legati alla storia del suo Paese. Il successo come attore prestato dalla vita avvenne giovanissimo dopo la guerra e numerosi lavori a Roma fino al successo mondiale del Sandokan di Sergio Sollima che interpretò come se avesse già vissuto quelle avventure al fianco di Kabir Bedi.
Sceneggiati di successo come il Leonardo da Vinci di Renato Castellani e film come Milano calibro 9 diretto da Fernando Di Leo accanto a Gastone Moschin e Lionel Stander, 7 uomini d’oro di Marco Vicario sempre con Moschin e una splendida Rossana Podestà, I leoni al sole di Vittorio Caprioli, La mandragola diretta da Alberto Lattuada e Portiere di notte di Liliana Cavani. E poi come non ricordare anche State buoni se potete diretto da Gigi Magni, dove vestiva i panni di Ignazio di Loyla fondatore dei Gesuiti ma anche il ruolo del vescovo in una delle serie di Don Matteo accanto a Terence Hill.
Certamente non fu profeta in patria ma riuscì comunque a lavorare con Godard con il quale girò Una donna sposata, Luc Besson con cui fece Nikita un cult del thriller action, fino al grande Andrzej Wajda con il quale interpretò I demoni. Una carriera piena di sorprese e avventure come la sua vita e l’amore per l’Italia che lo aveva adottato, il matrimonio con l’amatissima Silvia Tortora sposata nel 1990, i suoi figli Michelle e Philippe, il suo buen retiro nel borgo medievale di Isola Farnese alle porte di Roma, la passione per il volo e per il legno, le cene sui barconi sul Tevere e anche la scommessa ampiamente vinta in teatro quando Giorgio Strehler lo scritturò al Piccolo di Milano per L’isola degli schiavi di Marivaux e La donna del mare di Ibsen con Bob Wilson.
L’ultima sua apparizione sul grande schermo è stata con Hotel Gagarin nel 2018 con la regia di Simone Spada nei panni di un dispensatore di saggezza accanto a Luca Argentero e Giuseppe Battiston. Se ne va un grande attore ma anche un gentiluomo d’altri tempi, un francese che amava l’Italia a sua volta riamato. Adieu Monsieur Leroy.