A Cannes ieri prima mondiale dell’epico “Megalopolis” e poi un inedito Nicholas Cage in versione surfer mentre continua a splendere di luce propria Faye Duneway
Il pubblico in piedi nella gran sala Lumiere ieri sera al Festival di Cannes ha tributato un interminabile applauso al più volte premio Oscar e Palma d’oro, Francis Ford Coppola, 85 primavere gran parte delle quali dedicate al cinema, con titoli cult che fanno parte della storia della settima arte e il suo Megalopolis costato centinaia di milioni, film visionario che ha diviso la critica e i distributori americani, in Italia sembra che se lo sia assicurata la Eagles Pictures di Tarak Ben Ammar. Un film, urticante e metafisico di cui si parlerà molto, mentre lui Coppola il regista de Il Padrino e Apocalisse now ieri sera a Cannes sul red carpet circondato dai protagonisti del film, avvolto dagli applausi e dai flash dei fotografi con un curioso panama in testa, si è goduto, una popolarità senza confini.
Oggi è il giorno di Yorgos Lanthimos che presenta in concorso Kind of kindness, una fiaba in 3 atti con, Emma Stone, Jesse Plemons, Hong Chau e Willem Dafoe. Le vicende di un uomo senza scelta che cerca di riprendersi dopo la morte della moglie in mare, fino a quando gli sembra di riconoscerla in una donna identica ma diversa e proiettata come guida spirituale prodigiosa. «Ho cominciato a lavorare a questo progetto con Emma durante la lavorazione di “Povere creature” e abbiamo girato questo film anche con buona parte della stessa troupe».
In concorso interpretato da Uma Thurman e Richard Gere che ieri sera ha abbracciato per primo in sala Francis Ford Coppola, sorpreso di vederlo e felice di farlo sedere al suo fianco, il Festival presenta diretto da Paul Schrader Oh, Canada, adattamento cinematografico dall’omonimo romanzo di Russell Banks, terzo film del regista statunitense in concorso a Cannes.
Il film avvincente come un noir è la storia di un famoso documentarista di guerra canadese, alla fine di una vita minata da una grave malattia che si concede per un’ultima intervista agli studenti di cinema della sua vecchia università per raccontare e raccontarsi. Finalmente libero da qualunque condizionamento un’ultima confessione davanti alla moglie e a quei ragazzi a cui dedica la verità e i segreti di un’esistenza piena di contrasti, compromessi e bugie, ma anche piena di tenerezza e perfino speranza a cui da spessore un inedito Richard Gere.
Ma a Cannes è anche la giornata di Nicholas Cage anche lui con George Lucas ospite della tenuta in Provenza di Brad Pitt. Cage è il protagonista del film The surfer, diretto da Lorcan Finnegan nel ruolo di un’ex campione di surf alle prese con i difficili rapporti con il figlio, per riconquistare il quale ritorna sulla spiaggia che lo vide da giovane protagonista di spericolati record. Ma il vecchio campione dovrà vedersela con un gruppo di giovani surfisti decisi a rovinargli la giornata. Ma è solo l’inizio. In una breve intervista Nicolas Cage ha detto spiritosamente che il regista lo ha scelto per la sua capacità di surfare e forse anche per risparmiare sul costo degli stuntman. Chiacchiere da spiaggia buone come uno spritz sulla Croisette.
Chiudiamo questa nostra cronaca da Cannes con un omaggio a Faye Dunaway a cui Cannes dedica un bel documentario diretto dal francese Laurent Bouzereau dal titolo Faye, il primo lungometraggio di una leggenda di Hollywood, vincitrice di un Oscar e di un David di Donatello dove la Dunaway parla apertamente dei trionfi, delle sfide e della sua illustre carriera, con ruoli rivoluzionari come per esempio in Chinatown diretta da Roman Polanski e Quinto potere di Lumet con il quale vinse appunto l’Oscar come miglior attrice nel 1977. E lei a 83 anni portati con disinvoltura, accompagnata dal figlio Liam O’Neal, si è concessa a qualche battuta con i giornalisti. L’attrice che fece perdere la testa a Marcello Mastroianni che lasciò perché non la voleva sposare, ha confessato che Marcello è stato il vero grande amore della sua vita.
Capelli biondi sciolti sulle spalle, t-shirt bianca di cotone coperta da un’elegante giacca blu su classici blue jeans marinari, in un perfetto francese appreso durante la lavorazione del film La casa sull’albero diretta da René Clément, Faye Dunaway, ha detto di sentirsi onorata di partecipare con un piccolo film nel programma di un grande Festival come quello di Cannes, rivelando che in questi ultimi anni è venuta tante volte in incognito solo come spettatrice. Ufficialmente nel 2011 quando il Festival le dedicò il manifesto ufficiale. E il docufilm di Laurent Bouzereau ricorda la sua carriera a Hollywood con i film di Elia Kazan (Il compromesso del 1969) e Warren Beatty (Gangster story del 1967), accanto a Robert Redford nei Tre giorni del condor, il suo impegno nel teatro a Broadway, la sua amicizia con Steve McQueen. «In fondo», ha detto sorridendo l’attrice, «non ho mai smesso neanche per un’istanza di sentirmi un’attrice».
Chiudiamo questa corrispondenza da Cannes con un velo di tristezza, dove è giunta poco fa la notizia della morte di Franco Di Mare, straordinario collega, inviato di guerra e protagonista di tante inchieste giornalistiche della televisione pubblica. Da tempo era affetto da mesotelioma contratto per l’esposizione all’amianto durante le sue corrispondenze dalla guerra nei Balcani nel 1991 e che l’Inail non ha voluto riconoscere. Tutta la redazione di Quarta Parete si unisce nel cordoglio alla famiglia dell’amico Franco.