L’amore in Shakespeare. Bestiale, ridicolo, romantico?
Il famoso testo di Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate, andato in scena al Teatro Ghione, per la regia di Valentina Cognatti, non è facile da mettere in scena. E’ infatti al contempo un divertissement, un teatro nel teatro, una fiaba, un sottile marchingegno crudele.
Un testo grecizzante sulla forza dell’amore, una commedia degli equivoci, un duello di poteri.
E molte sono state le messinscene famose, anche se forse la più paradigmatica per la svolta interpretativa fu quella di Lindsay Kemp (1979), poi ampliata in Dream (1993). Famoso mimo e ballerino, sviluppò in senso gestuale e perverso la figura centrale di Puck, facendone una specie di Calibano, al servizio del re delle fate, Oberon, ma malizioso e bestiale di suo. Una forza beffarda della natura, che bene incarna il nonsense dell’amore. E come vedremo forse un po’ la messinscena odierna va in quella direzione, anche se più sul lato mimico e danzato che perverso.
Ripassiamo però prima la trama. Il tutto avviene alle soglie del festeggiamento per le nozze del duca di Atene, Teseo, con Ippolita, regina delle amazzoni, festa durante la quale si esibirà una compagnia amatoriale di artigiani, mettendo in scena il mito drammatico di Piramo e Tisbe. E già qui tuttavia inizia il rovesciamento shakespeariano. Piramo e Tisbe è l’archetipo di Romeo e Giulietta, ma nelle mani di attori ingenui ed inetti diventerà una farsa. Questa è la cornice.
All’interno si muovono altre storie. Da un lato Oberon e Titania, re e regina delle fate, che si contendono il possesso di un paggio. Dall’altra Demetrio e Lisandro che si contendono Ermia: promessa sposa dal padre a Demetrio, lei ama Lisandro, mentre Demetrio è amato invano da Elena.
L’amore romantico alla fine prevarrà, scambiando le coppie, così come il potere maschile di Oberon prevarrà sul capriccio di Titania, trattata qui con ironica misoginia da Shakespeare (che ne fa la vittima magica di istinti bestiali). L’artefice di tutti i rovesciamenti – e personificazione notturna ed infera, magica, di eros – è il folletto Puck, teoricamente al servizio di Oberon, che spargendo gocce di un fiore magico sui dormienti li obbliga ad amare il primo incontrato al risveglio. Così, per errore, prima entrambi correranno dietro ad Ermia, e poi ci sarà il ripristino. E Titania si innamorerà di uno degli attori, trasformato in asino. Un misto del fatale e tragico cedere ad Eros degli dei ed eroi greci, ed del modello dei poemi eroicomici dell’Italia rinascimentale Orlando innamorato e Orlando furioso, dove il tragico ed il comico si mischiano, con pozioni magiche ed inversioni, ad irridere la padronanza dell’uomo. E si sa quanto Shakespeare si sia ispirato agli italiani.
Come si muove qui la regia ?
Direi bene sul lato magico notturno, con un Puck danzante, ed una Titania pure danzante ed infoiata; e sul versante della farsa, per quanto riguarda la compagnia attoriale, con ritmo demenziale nelle gag, un recitato artefatto di voci infantili, e continui stop motion posturali a fissare momenti assurdi, in maschera. La Cognatti gestisce bene ritmo e gestualità.
Meno convincenti le parti dei quattro romantici, le due coppie che si inseguono e scambiano nel bosco, tra patemi, dichiarazioni d’amore, scontri isterici. Qui i movimenti diventano statici, e la recitazione slitta sull’enfatico, tra il gridato ed il poetico accademico. Un livello questo che anche nel testo shakespiriano è un po’ tradizionale, ma che si salva per le sue impennate poetico metaforiche, che qui però, nella dizione, statica, svaniscono nel monotono.
Il lavoro sulla parola. Un livello difficile.
Un tentativo interessante di evidenziazione straniante della magia della parola in sé, astratta in ritmo e suono, è tuttavia qui la scelta di cominciare e finire (prologo ed epilogo) con Puck e le fate che parlano in inglese,
PUCK – How now, spirit! whither wander you? – FAIRY – Over hill, over dale, / Thorough bush, thorough brier, / I do wander everywhere […]
commentando come da un aldilà della scena, dal mondo di un’altra lingua, quella della natura.
Ma torniamo al livello gestuale: danza e farsa.
La scena, centralizzata, con albero al centro e alberi ai lati, è prevalentemente in luce, per piombare ogni tanto, nelle transizioni magico notturne, nella penombra di un blu denso, dove Puck e le fate risaltano fosforescenti (lucine applicate alle braccia), bianco vestiti. E poi, bravissimo, in luce, Puck (Luca Morciano), alto e dinoccolato, in pantagonna bianca. Sdilinque in efebiche ed ondeggianti torsioni di danza, emotivo servo padrone, più arlecchinesco che perverso. E un po’ pasticcione. E magistrali il duo Titania (Serena Borelli) e Bottom, l’attore trasformato in asino. Lui con maschera asinina che parla ragliando – facendo fuggire i suoi – e lei che gli salta in braccio, in atto coitale.
E dopo la gestualità notturna ed animalesca, esplode l’alleggerimento da vaudeville della compagnia degli attori.
Tutto è rientrato nella norma, e i guitti dilettanti recitano Piramo e Tisbe, rivolgendosi al pubblico come incarnazione di Teseo.
Sono goffi e assurdi, e ad ogni passaggio sottolineano la propria non credibilità.
Così un demenziale Michelangelo Raponi (il leone) si butta a mordere un panno insanguinato che gli sfugge sempre (il fazzoletto di Tisbe), e Bottom, nella parte di Piramo, non trova il coltello, e poi quando lo trova, interrompe continuamente l’agonia, incasinando le entrate di Tisbe.
E così via, a rimarcare che il teatro è finzione, e la tragedia un costrutto ridicolo, così come la notte dell’irrazionalità è stata puro sogno. Poi torna l’epilogo – sempre in inglese – per smentire l’eccesso di alleggerimento farsesco, e ribadire l’inquietudine del sogno.
Parla ora un Puck centralizzato sopra l’albero, braccia a croce. Ai due lati le due coppie di amanti. Agli estremi Teseo e Ippolita. Il delirio dei sensi e del cuore come una ‘Passione’ notturna ? E qui tutto si chiude, in sospensione, nel blu.
Un lavoro con alti e bassi, ma che arriva. E il pubblico risponde.
Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare – Regia: Valentina Cognatti – Aiuto regia – Martina Grandin – Con: Serena Borelli, Alessandro Moser, Cristiano Arsi, Andrea Carpiceci, Gabriel Durastanti, Martina Grandin, Eleonora Mancini, Luca Morciano, Michelangelo Raponi, Alice Staccioli – Coro: Margot Acting School – Costumi: Fiorella Mezzetti – Scenografia: Michelangelo Raponi – Teatro Ghione dal 21 al 24 marzo 2024