Lo scorso 11 febbraio su Rai 1 la storia del celebre “Califfo” della musica italiana, qui interpretato con bravura da Leo Gassmann, per la prima volta sullo schermo.
Amore, droga, musica e poesia… sono queste le parole legate alla vita turbolenta di Franco Califano (Leo Gassmann), che nel panorama italiano è stato cantante, musicista, autore di testi, cantautore e produttore musicale. Una persona oltre che personaggio, dalla vita privata travagliata, qui mostrata sulle note delle sue canzoni composte per i più grandi artisti del panorama italiano, una vita fatta di successi e sofferti fallimenti.
Una vocazione, quella della poesia, che lo accompagna da quando era un bambino timido e taciturno, la scrittura come il mezzo che gli consentiva di comunicare al mondo il suo lato più intimo e vero, un lato che lo aveva accompagnato proteggendolo; cresciuto con il dolore per la morte del padre quando aveva solo 13 anni ed una madre assente.
Nel film di Alessandro Angelini, tratto dall’opera Senza manette di Franco Califano e Pierluigi Diaco, vengono ripercorsi vent’anni della vita di Califano, dal 1966 al 1986. A cominciare dalla sua Roma, con l’amico di vita Antonello Mazzeo (Giampiero De Concilio) e i primi esordi nei locali, al matrimonio con Rita (Celeste Savino), una delle relazioni d’amore più vere del Califfo, noto donnaiolo, ma finita poco dopo la nascita della figlia Silvia. La quotidianità e le prime difficoltà del matrimonio, rendono sempre più opaco il rapporto tra i due portando l’uomo a separarsi dalla famiglia.
La nuova collaborazione con Edoardo Vianello (Jacopo Dragonetti) offre l’opportunità a Califano di trasferirsi a Milano ed iniziare il lavoro da autore per alcuni dei più grandi personaggi di spicco della musica italiana; dalla sua canzone E la chiamano estate cantata da Bruno Martino all’iconica La musica è finita cantata da Ornella Vannoni (Valeria Bono) fino ai testi per lo stesso Vianello, Mina, Caterina Caselli e tanti altri celebri artisti.
Il suo successo non si limitò alla scrittura, divenne il manager che scoprì e avviò la carriera dei Ricchi e Poveri, nome da lui deciso perché “ricchi di speranza ma poveri di tasca” come affermava, successivamente l’arrivo della carriera da cantautore con il suo primo album d’esordio ‘n bastardo venuto dal Sud.
Oltre al successo incontra l’amore con l’attrice e cantante Mita Medici (Angelica Cinquantini) relazione poi interrotta dall’uomo, impaurito dal fatto che tutto il bello e poetico dell’innamoramento potesse finire e cadere nella noia e banalità dell’inevitabile quotidiano. Una visione, quella della vita e dell’amore, che Franco esprime nei suoi testi, in un sogno utopico di vita e relazioni che inevitabilmente non possono essere reali.
Una ricerca del poetico, del bello e del brivido ad ogni costo che per Califano rappresenta l’unico sinonimo di libertà a cui aspira, una libertà irreale che lo rende sempre più schiavo e prigioniero di se stesso e delle proprie paure. Un uomo costantemente in fuga dalle cose profondamente belle, in quanto incapace di conviverci, proprio come fece con Mita.
Dopo la fine della relazione le cose non sembrano andare meglio con la sua dipendenza dalle droghe, la solitudine, infine i due arresti. Il primo nel 1971 per possesso di stupefacenti, il secondo nel 1983 quando venne accusato di spaccio nell’ambito dell’inchiesta su Raffaele Cutolo e la Nuova Camorra Organizzata, processo in cui venne poi assolto ma che costò all’uomo tre anni di carcere. L’arresto incise molto sulla sua vita così come l’amicizia mai negata con il boss malavitoso Francis Turatello (Angelo Donato Colombo), rapporto di sincero affetto che sicuramente non mise mai in posizione favorevole l’artista.
Dopo le cadute però il Califfo italiano riesce sempre a rialzarsi e lo fa con il meraviglioso testo di Minuetto cantato a Sanremo 1976 da Mia Martini e con il suo secondo album da cantautore Tutto il resto è noia con l’omonimo singolo, pezzo che lo incoronò “Il Pasolini della canzone italiana”.
Leo Gassmann riesce ad interpretare con realismo e a non cedere nella macchietta che un personaggio così duplice poteva rischiare, un Califano “vivo”, fatto di sentimenti contrastanti che lo accompagnano dalle origini dei successi alle disfatte. Una interpretazione che richiedeva una certa sensibilità per una personaggio che non era solo “il bello e dannato” degli anni Settanta ma un uomo dalle proprie debolezze e turbamenti.
Un’artista che vedeva nella poesia e musica la salvezza dal suo stesso essere, esattamente come da bambino, un conforto alla solitudine di cui era lo stesso artefice. La visione pessimistica per la fine di tutte le cose belle, per tutto ciò che inevitabilmente non è destinato a durare, “l’ uomo libero” come più volte si è definito ma prigioniero delle sue stesse catene.
Come cantava lui stesso: ” Si d’accordo il primo anno, ma l’entusiasmo che ti resta ancora è brutta copia di quello che era…”, la libertà utopica dell’artista dal forte slancio per la vita, di cui voleva assaporare tutto il bello, rigettandolo poi quando subentrava “il vero, il quotidiano” che l’esistenza stessa inevitabilmente richiede. D’altronde, come prosegue il Califfo: Tutto il resto è noia.
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Califano. 108 minuti, Italia, 2024. Regia di Alessandro Angelini; dal libro Senza manette di Franco Califano e Pierluigi Diaco, Sceneggiatura di Isabella Aguilar e Guido Iuculano. Con Alessandro Gassmann, Giampiero De Concilio, Valeria Bono, Celeste Savino, Angelica Cinquantini, Angelo Donato Colombo e Jacopo Dragonetti. Musica di Giorgio Giampà; Scenografia di Silvia Di Monaco; Costumi di Paola Bonucci; Fotografia di Nicola Saraval; Montaggio Angelo Nicolini . Produttore Marco Belardi, Leonardo Ferrara, Alessandro Corsetti, Emanuele Cotumaccio; produttore esecutivo Enrico Venti; casa di produzione Greenboo Production, Rai fiction. – Rai1 domenica 11 febbraio 2024
Foto: Rai e RaiPlay.