Polemiche e critiche dopo l’esibizione della star americana, “incastrata” dalle esigenze dell’audience televisivo
Scrivendo per Quarta Parete qualche giorno fa del Festival di Sanremo, scrivevo con incosciente ironia: «Che in Italia, cantiamo tutti anche i galli, finché non si fa giorno, cantano perfino quelli che non si arrendono mai di cantare“».
Sta di fatto che dopo un paio di serate fino alle due del mattino, la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Ignazio La Russa fra i dieci milioni e passa di spettatori televisivi, ha rivelato che per lui «Questo festival lo ha fatto addormentare davanti alla televisione. Raramente ho ascoltato canzoni cosi’ brutte». E in quanto a giudizi tranchant gli fa eco Marco Molendini, una delle più importanti firme giornalistiche della critica musicale italiana che in una nota che suona come una sentenza sottolinea che la kermesse sanremese «è uno dei più estenuanti e brutti festival della mia vita. Un tripudio di inutili banalità». Vergognosa poi la presenza di John Travolta che mancava solo gli facessero fare chicchirichì come il professore Rath del film L’angelo azzurro.
Anche se Fiorello, previdente alla vigilia annunciando la presenza dell’attore che era già stato ospite nell’edizione del 2006 aveva detto. «Chiederò a John Travolta di fare una cosa che se accetta la sua carriera potrebbe finire in Italia». (ma per quanti soldi?). E meno male che il neozelandese ex gladiatore Russell Crowe, ospite questa sera solo in veste di cantante.
E le canzoni? Quelle che in linea di massima sono piaciute a parte il ritorno di Giorgia e la commovente esibizione dopo la malattia del maestro Giovanni Allevi, si condensano fra Ti muovi di Diodato, Ricominciamo tutto dei Negramaro, Sinceramente di Annalisa che promette di essere un nuovo tormentone radiofonico, Pazza di Loredana Berte, Mariposa di Fiorella Mannoia e Onda alta di Dargen ‘D’Amico spogliato delle vesti di giudice di XFactor, per una volta “giudicato” a sua volta.
Tutto il resto è noia cantava Franco Califano reinterpretato sul palco dell’ Ariston e in un film in onda da domenica prossima su Rai1 da Leo Gassman.
La verità a mio avviso è che le case discografiche non investono più nella ricerca dei veri talenti e soprattutto dei testi (Migliacci, Minellono, Mogol dove siete?), ma concentrano i loro sforzi per semplice ragione di “mercato” nella facile individuazione di influencer che hanno già al loro attivo un pubblico di follower e questo basterebbe a garantire loro facili introiti in barba al valore artistico.
E a proposito di business le “serve” del backstage pare abbiano notato le voluminose scarpe da tennis bianche di Travolta esibite nell’incriminato ballo del Qua Qua che è stato subito preso di mira dagli internauti sui social con commenti salaci che non hanno lasciato spazio ad alcuna replica; «Perché ridicolizzare una star di Hollywood?»
Intanto riavvolto il red carpet ci spostiamo nella vicina Cannes per tornare a parlare di cinema, dove dal 14 al 25 maggio si svolgerà la 77esima edizione del Festival che insieme alla mostra di Venezia rappresentano gli appuntamenti più importanti. Tierry Fremont, il dinamico direttore artistico ci ha confermato che liberati i set dallo sciopero, saranno tanti i film da Hollywood presenti alla rassegna d’oltralpe che dovrebbe ospitare in concorso anche un paio di film italiani. Confermata la presidente della giuria di questa edizione, l’attrice e regista Greta Gerwing classe 1983, rivelatasi proprio a Cannes nel 2017 con Lady bird, vincitrice di un Golden Globe e con Piccole donne tratto dall’omonimo romanzo di Louisa May Alcott. Ma il 2023 rimarrà sicuramente l’anno di Barbie, candidato ai Golden Globe ed agli Oscar fra i film piu’ visti della passata stagione.
Tornando a Sanremo, continuiamo a scrivere di cinema, perché lunedì mattina l’Ariston, dismesso l’abito di gala e tolte le paillette tornerà a essere una multisala dove sono già partite le prenotazioni per Dune: Parte 2, tratto dalla famosa serie, l’evento più atteso sul grande schermo di questo 2024 e ispirato alla saga di Frank Herbert. In un futuro che sembra il nostro domani si dibatte su una società strozzata fra disastri ambientali, guerre e diseguaglianze sociali. L’ambientazione di Dune: Part 2 rimarrà per la maggior parte la stessa. Gran parte dell’azione si svolge ancora sul pianeta deserto Arrakis, fonte dello Spice Melange fonte di vita. Dune è stato un successo letterario diventato anche incubo e dannazione finanziaria per svariati produttori fin dal 1984 a cominciare da Dino De Laurentiis produttore del film di David Linch che fu costretto a causa dei ritardi di lavorazione a comprarsi un intero albergo ai Caraibi, mentre Alejandro Jodorosky tentò inutilmente di racimolare i 20 milioni necessari a supportare la creazione del suo Jodorowsky’s Dune nel 2013.
Dune: Parte 2 diretto da Denise Villeneuve, lo stesso di Arrival e Blade runner 2049, ha scelto di dividere il racconto in due parti. Nel primo capitolo Villeneuve ci introduce in un mondo fantascientifico dove si svela il pianeta e in questo nuovo capitolo dopo i 6 Oscar conquistati dal primo diretto da Linch, il visionario regista francese ci trasporta fra battaglie e tempeste in un misterioso mondo sotterraneo, fra cruenti duelli dove il protagonista sullo schermo avrà il volto di Timothee Chalamot, il giovane eroe che cerca di vincere con coraggio la sfida della vita.