A Rovigo, la grande esposizione dedicata a Tina Modotti

Palazzo Roverella celebra la grande fotografa con oltre 300 opere e scatti.

Mi considero una fotografa, e niente altro”: Tina Modotti è racchiusa in queste poche parole, c’è tutta la sua attività e la sua volontà di raccontare il mondo attraverso l’obiettivo, senza pretese artistiche. Lei e l’attimo scattato, lei e quel preciso paesaggio, quel soggetto, quel taglio irripetibile. Tra le sezioni di Palazzo Roverella si respira quest’unicità, questo cammino univoco e si percepisce lo spessore, il peso di una personalità fuori dal comune. Una personalità riscoperta e riproposta in una delle mostre più complete a essa dedicate. Tina Modotti. L’opera è, infatti, aperta fino al 28 gennaio 2024 ed è il risultato di anni di studio e ricerche, di collaborazioni e provenienze lontane, curata, in modo attento e preciso, da Riccardo Costantini, con Gianni Pignat e Piero Colussi.

Essere fotografa è la dichiarazione dei propri obiettivi e del proprio modo di intendere e riportare la vita: essenzialità, testimonianza, realtà senza abbellimenti, manipolazioni o intenti estetici, il vero per com’è, nella sua fragilità, nel dolore, nella purezza ma anche lotta, denuncia, verità. Un atto di vita e di fatto che Tina Modotti ha confermato nella sua esistenza. Nata ad Udine nel 1896, sin dall’inizio il suo è un cammino ricco e impegnativo, di sicuro non scontato. Dalle aziende tessili dove lavora, alle diverse migrazioni, dal suo esordio come attrice di cinema muto americano al suo incontro fatidico con il fotografo Edward Weston, di cui diventa modella, allieva e amante. I due subiscono un’influenza reciproca potente, che si respira anche a Rovigo. Da lì in poi il percorso della Modotti tocca luoghi e impegni importanti: il Messico diventa il centro dei suoi soggetti, così come l’impegno politico, la lotta per i diritti, le donne, gli emarginati, i sofferenti. Modotti è sia testimone ma anche attivista, è narratrice visiva vera ma anche voce che grida e denuncia, dimostra che la realtà è ben diversa dalle abitudini consolidate e dalle comode convenzioni. 

Il suo essere indomito non la ferma, neppure davanti alle difficoltà e ai tragici eventi storici. Si sposta tra l’America del SudRussia e Berlino, conosce grandi personalità del tempo, come Diego Rivera e Frida Kahlo, diventa la compagna di esuli, dissidenti, intellettuali dell’epoca, entra nel vivo della politica e dell’impegno civile, conosce l’espulsione dal Messico, poiché accusata ingiustamente della morte del fondatore del Partito Comunista cubano Julio Antonio Mella. È lei stessa a toccare con mano la perdita degli amori e la morte ma anche l’abbandono, nell’ultima fase, della fotografia. Sono, in realtà, i coinvolgimenti particolari nelle vicende storiche del suo tempo (pare, anche, in missioni di spionaggio) che gettano dubbi sulla sua morte improvvisa nel 1942, avvenuta in un taxi a Città del Messico.

È riduttivo sintetizzare così una vita spesa per i propri impegni e le proprie convinzioni. Tinissima (soprannome con cui la chiamava la madre) non è solo “la più nota fotografa sconosciuta del XX secolo”, come la definì la ricercatrice Sarah M. Lowe (frase che accompagna spesso le varie cronache dedicate a questa mostra): Tina Modotti va conosciuta nelle sue opere perché, con esse, ha abbracciato le vite di tanti, ha saputo guardare e ridare senso, dignità, spazio ai suoi soggetti e ai contesti. Questa fotografa, dall’intelligenza vasta e fine, poliglotta, ha donato passione, forza, impeto, desiderio di libertà nel suo lascito, nelle sue creazioni realizzate dal mondo vero. Questo mondo, grazie a lei, ha il nocciolo della rivoluzione, ha in essere la spinta necessaria al divenire.

Tina Modotti, Donna di Tehuantepec, Messico, 1929 ca

I suoi scatti, ma anche i documenti e i filmati presenti, riportano la terra arida e vivente del Messico, le ferite sui volti della sua popolazione che avanza alla ricerca della libertà, ma anche la popolazione del Tehuantepec fatta di donne meravigliose e genuine, i sombreri, le strade polverose, nature semplici, l’incontaminatezza, i corpi stanchi ma lì, pronti senza rendersene conto, per essere catturati nelle loro pose quotidiane, sfuggenti. Tina Modotti racconta la vita, la cultura, il popolo attraverso i suoi protagonisti laterali, emarginati. Con lei, è davvero calzante e vivida la frase biblica “la pietra scartata è diventata pietra d’angolo”: la trasformazione del lasciato da parte, dell’impensato perché ultimo, in apparenza inutile, in messaggio, racconto, testimonianza, simbolo. La fotografia assume così funzioni nuove e vitali, si nutre di vita per ritrasmetterla agli altri, restituisce dignità, rispetto e nuovo riconoscimento.

Ma a Palazzo Roverella c’è un altro ritorno importante: la riproposizione dell’unica mostra che Tina Modotti realizzò in Messico, aperta precisamente il 3 dicembre 1929. Si tratta di una ricostruzione di quell’evento, grazie a documenti, scatti, il ripristino visivo di quel momento preciso, con lo svelamento di un “piccolo” retroscena fotografico, che vale la pena conoscere.

Tina Modotti. L’opera racchiude un tesoro di foto e di vite importanti, preziose, è un omaggio e una dedica a una donna straordinaria, che visse nel senso pieno e autentico, anticipando le lotte e numerosi temi attuali. Questa mostra mette al centro la sua produzione, restituendo realtà e importanza ad un lavoro unico, all’indagine umana, storica, personale di questa protagonista che visse tra tanti mondi.

Di lei resta la sua bellissima figura, lo sguardo intenso e il suo impegno profondo, slegato da giudizi e preconcetti, affamato di libertà, ricerca, denuncia e narrazione. Restano le parole che Pablo Neruda scrisse per il suo epitaffio e resta questo sentimento, a Rovigo percepibile in maniera forte e concreta, di un ritorno sperato, del ritorno di una grande donna restituita alla sua dimensione più autentica e vera.

Tina Modotti. L’opera – Rovigo, Palazzo Roverella, 22 settembre 2023 – 28 gennaio 2024

Immagine di copertina/in evidenza: @udine.italiani.it