Intervista alla regista Giulia Paoletti
Tutto pronto per Barbablù con Edoardo Frullini diretto da Giulia Paoletti, in scena al Cometa OFF di via Luca della Robbia, un gioiellino della Capitale, da martedì 28 novembre a domenica 3 dicembre. La storia di Barbablù è anche motivo di riflessione attuale, attualissima osservando la cronaca: il ragazzo irreprensibile, il “bravo ragazzo” che usa il suo pseudo status come scudo contro ogni critica e quindi manipola, una figura tossica; personaggio singolare, con tratti narcisistici, egoriferito, seduttore e gran provocatore. Un uomo acuto che sfrutta la sua intelligenza e che “ci sa fare” con le donne, soprattutto con alcune, come narra lo spettacolo. Un testo di Hattie Naylor tradotto da Monica Capuani che compie un percorso intenso all’interno del tema drammaticamente attuale della violenza di genere, i cui tentativi di contrasto sono risultati – lo abbiamo visto anche dalle recenti dolorosissime cronache – troppo spesso troppo tardivi o inefficaci.
Mentre vi scriviamo, una buona notizia: il DDL contro la violenza di genere è stato approvato in Senato con 157 voti all’unanimità, ed è ora Legge. Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, il Parlamento ha accelerato nella lotta ai femminicidi.
Tornando allo spettacolo, Barbablù è un seduttore, un predatore, un astuto giocatore, egoriferito ed ha bisogno di sentirsi forte e superiore da buon narciso. Esplorare gli stati d’animo profondi e le zone oscure dell’animo umano è stato alla base del linguaggio utilizzato dalla sapiente regista. Il cosiddetto “bravo ragazzo” che si innamora, ossessionato dall’oggetto del suo “amore” ma che basa le sue relazioni solo su un piano e meccanismo di “potere”. Come riconoscere la logica tossica del “bravo ragazzo”? Abbiamo raggiunto ed intervistato la regista dello spettacolo, Giulia Paoletti.
Barbablù è il pretesto per parlare di violenza di genere, tema tristemente attuale. Esplorare gli strati più profondi e primordiali di comportamenti che si trasformano da apparentemente sani a patologici, narcisistici, decisamente temi attuali e di cronaca nera. Che tipo di lavoro ha svolto con il suo occhio di regista? Quale linguaggio utilizza?
Per me era importante andare a indagare e approfondire le dinamiche che sono alla base di queste relazioni, qual è il gioco di potere che si nasconde dietro a questo tipo di relazioni. Il gioco forza che nasce è frutto anche di azioni o parole apparentemente piccole ma che hanno un peso e che, sommate, incontrando personalità insane, esplodono in violenza. Volevo raccontare un “bravo ragazzo” che si innamora ma che basa le sue relazioni su meccanismi di potere, di forza e debolezza. Il protagonista è incapace di scendere ad un livello più profondo di sé, di mettersi in discussione, non accetta la sua vulnerabilità, non è in grado di sostenerla e di gestirla e, per ragioni sociali e culturali purtroppo molto radicate, si sente in diritto di rispondere e reagire con la violenza. Il linguaggio usato è a tratti anche un linguaggio “alto” e colto, alcuni passaggi del testo sono scritti in versi, questo mi ha colpito, la maschera di “bellezza” può nascondere la tragedia.
Sono 106 i femminicidi da gennaio a novembre 2023, un dato grave e allarmante, si è anche abbassata pericolosamente l’età di chi uccide una donna.
Mi viene da dire: chissà perché questi numeri ce li aspettiamo. Ognuno di noi deve assumersi la responsabilità individuale di intervenire quotidianamente e costantemente rispetto a tutto ciò che non riconosce l’uguaglianza tra il femminile e il maschile. Non parlo di uomini e donne, di divisione, parlo di presa di coscienza e di coraggio, rispetto a tutto ciò che giustifica qualsiasi tipo di comportamento di controllo nei confronti del femminile. L’educazione e i programmi scolastici possono realmente svolgere un ruolo importante nella prevenzione della violenza di genere, perché il sessismo è già fortissimo in tenera età e in qualche modo giustifica la violenza nei giovani.
Parliamo dello spettacolo: come nasce il progetto? Il teatro può essere uno strumento di educazione?
Il progetto è nato dal forte senso di missione che sento riguardo a questa tematica, che subisco e subiamo ogni giorno. Il teatro è lo strumento attraverso il quale ho deciso di portare il mio messaggio, il mio tentativo di scuotere le coscienze e accendere riflessioni. Il teatro mostra dal vivo cosa accade e può accadere. Vorrei che, uscendo dalla sala, ognuno si potesse chiedere dov’è la goccia di Barbablù presente in ognuno di noi e cosa posso fare concretamente per annientarla. Agire su questo aspetto in età adolescenziale è fondamentale per poter costruire una realtà diversa.
Il Teatro fin dall’antichità ha sempre avuto un ruolo sociale importantissimo e fondamentale
Come si combattono oggi i vari Barbablù? È un problema culturale prima ancora che politico?
Come dicevo poco fa, sono certa che ognuno di noi possa fare qualcosa. Dobbiamo attivarci in prima persona, diventare più sensibili nel riconoscere un’azione, una parola, un atteggiamento che non ci fa sentire a nostro agio e non rispettate, dobbiamo raccogliere il coraggio di reagire, rispondere, intervenire, a partire dall’emanare una forza diversa, solida, certa che le cose possono cambiare.
Chi sono le donne vittime di Barbablù?
Le donne vittime di Barbablù sono tutte quelle persone alle quali è stato insegnato, su più fronti, che il tollerare e il sopportare è corretto, che il sentimento fa soffrire, che sostenere ciò che non mi fa sentire rispettata fa di me “la brava e buona bambina”, che in una relazione debba esserci il ruolo del forte e della debole, di chi agisce e di chi accoglie tutto, che il gioco forza prevede che ci debba essere un vincitore e un vinto.
Raccontiamo anche la mostra “Com’eri vestita”, allestita in teatro: cosa racconta? Occorre smantellare i pregiudizi che ancora sono presenti in una società liquida, machista e patriarcale che ancora vive e convive?
La mostra ha questo titolo emblematico che racconta che le colpevoli sono, da qualche parte, ancora le vittime. Questa domanda è quella che viene posta più spesso durante le denunce per violenza. È necessario smantellare i pregiudizi perché anche su quelli si formano le convinzioni e le giustificazioni di atti violenti.
La paura anche solo di perdere alcune briciole di potere, rende molti e troppi uomini violenti, aggressivi, volgari. Come si riparte?
Intanto mi piacerebbe che passasse il messaggio che non si tratta di potere, che è proprio lì la radice del male, quindi non deve esserci un vincitore e un vinto. Vorrei poi chiudere con una frase di Rita Mae Brown (scritttrice e poetessa femminista) “L’amore senza ruolo, senza giochi di potere è rivoluzione”, ecco, per me si riparte da questo, da una rivoluzione che, in quanto tale, deve essere tutt’altro che silenziosa.