La “Circe” Viola Graziosi incanta l’Olimpico di Vicenza 

Maga, donna e dea allo stesso tempo, ammaliatrice misteriosa, di una bellezza tagliente e persuasiva

Da Omero a Virgilio, dagli scritti di Giordano Bruno fino ai pittori del Cinquecento, dalle rappresentazioni più moderne e seduttive, la femme fatale che incanta e poi distrugge, per arrivare al monologo e alla figura straordinaria pensata e creata da Luciano Violante, interpretata da Viola Graziosi oggi: Circe non ha mai smesso di alimentare l’immaginario, la letteratura, l’arte e, in questo caso speciale, il teatro. Un personaggio fonte costante di interpretazioni e di qualità diverse, al variare dell’epoca di riferimento.

La Circe di Luciano Violante è pura forza e bellezza, espresse dall’attrice Viola Graziosi: un’interpretazione sentita, dove il mito si mescola ai riferimenti più moderni, dove la storia subisce qualche cambio per far emergere quelle caratteristiche utili e necessarie alla comprensione dell’intero spettacolo. Nessuna magia, strategia o inganno: Viola Graziosi assume i panni di una Circe donna e dea, capace di giudizio e di scelta, di vedere oltre l’apparenza, di decidere la sorte e di offrire nuove possibilità, nuove rigenerazioni. Giustizia e creazione, bellezza e autorevolezza sono le caratteristiche della sua figura e del suo sguardo sul mondo e sulle persone che giungono al suo palazzo, nell’isola di Eea

Tutto ha inizio con la sua genesi: figlia del SoleCirce approda alla sua isola dopo aver fatto due incontri singolari, di difficile comprensione, la poetessa russa Anna Achmatova e Giuda Iscariota. Nella sua residenza, circondata dalle ancelle, Circe vive e governa, offre ristoro e rifugio a chi approda alla sua isola. MedeaClitemnestra e da ultimi, gli uomini e Odisseo stesso: ogni personaggio giunge per scopi diversi e conosce gli esiti della volontà e della scelta di quest’eroina. Circe, al Teatro Olimpico, infatti, non è né maga, strega, femme fatale: è donna, regina e divinità nel senso più profondo del termine. Accoglie, ascolta, riconosce per giudicare e redimere.

Tramite la lastra-specchio, la protagonista è in grado di rivelare l’interiorità di chiunque: solo Odisseo, “tessitore di menzogne”, scampa all’esito classico, la sua immagine riflessa è, infatti, il nero, metafora della sua anima oscura, persa nell’inganno. Da quest’incontro, molto diverso da quello narrato da Omero, emerge la fragilità e la potenza della donna-dea Circe: quasi attirata dalla corporeità e dalla fisicità del re di Itaca, alla fine rifugge da qualsiasi tentativo dell’uomo di ammaliarla e ammansirla. 

Lei, dopo averlo accolto con i compagni e avergli dato ristoro, gli indica la via del destino, gli dimostra come il suo percorso sia intriso di inganni, poiché è ancora lontano da Penelope, dal figlio Telemaco, un uomo esclusivamente capace di sacrificare i suoi stessi soldati e di mentire per i suoi unici scopi.

Un’anima, quella di Odisseo, in grado di fingere, di tradire, di illudere: “Io sono quello che sono” è la risposta del condottiero furbo e stratega, che non si piega e non ascolta la giustizia che gli sta davanti. Il sangue del sacrificio resta sulle sue mani: non c’è nessun pentimento e nessuna resa, per Circe è ben chiara la natura e il corso a cui Odisseo va incontro.

E da dea, lo lascia andare alla sua sorte, pur continuando ad aspettare il suo vascello in un eventuale, lontano ritorno.

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Bella e superba, circondata dal verde acqua e dall’oro, Viola Graziosi impersona una figura che domina l’intero palco, con la solo presenza di un pannello che proietta le figure del racconto e che fa da sfondo alle vicende, esclusivamente narrate dall’attrice stessa. I cambi di registro, l’espressività, la concomitanza di più personaggi a cui dar voce, il monologo ricco di rimandi classici, dal lessico ricercato e poetico giocano un ruolo particolare nello spettacolo, interpretato unicamente della protagonista. La stessa cosa è valsa per gli altri due spettacoli precedenti, Clitemnestra e Medea, che compongono la trilogia pensata e scritta da Luciano Violante

Con Circe si giunge all’atto finale, al giudizio ultimo: la figura della donna che sa vedere, comprendere, sciogliere il cuore, sa dare conforto e la possibilità di riscatto, sa giudicare e, così facendo, dà nuova vita e speranza. La donna, Circe in questo senso, ha “lo sguardo diverso sul mondo” (una frase che, nello spettacolo, torna spesso): è da questa diversità, sinonimo di profondità, che si gioca il dialogo costante tra la protagonista, i suoi incontri e Odisseo

Lo sguardo diverso sul mondo salva, perché tutto altrimenti sarebbe dannazione e distruzione; lo sguardo diverso sul mondo vede l’anima e la sua possibile rinascita. La Circe Viola Graziosi, nella sua interpretazione, conclude lo spettacolo con una frase che sintetizza l’importanza del ruolo femminile in tutta la mitologia e nella letteratura: “occorre avere coraggio di donna per affrontare se stessi”. È questo il messaggio forte e significativo che Luciano Violante regala al pubblico.

“Circe” – Teatro Olimpico di Vicenza – di: Luciano Violante – con: Viola Graziosi – regia e scene di: Giuseppe Dipasquale – produzione: Teatro di Roma – Teatro Nazionale – 76° Ciclo di Spettacoli Classici, in prima nazionale, in scena al Teatro Olimpico di Vicenza, dal 5 al 7 ottobre 2023.

foto in evidenza/di copertina: @teatroolimpicodivicenza