Sul palco della Sala Trionfo del Teatro della Tosse di Genova arriva MAZÙT, tra i primi spettacoli di Blaï Mateu Trias e Camille Decourtye, duo franco catalano fondatore della compagnia Baro d’evel, nell’ambito della rassegna di danza di Resistere e Creare. In scena 6 e 7 ottobre.
La ripresa delle stagioni teatrali è sempre una forte emozione per chi vive di questo mondo: ci riempiamo di aspettative, di curiosità, di speranza. Rientrare in sala, dopo il fermo estivo, porta con sé tutte queste emozioni unite all’astinenza da poltroncine.
Ed è così che forse il rischio di delusione è più elevato.
Con questo bagaglio emotivo ho messo piede nella Sala Trionfo del Teatro della Tosse. Ad attendere me e gli altri spettatori era un sipario aperto, con uno spettacolo già in corso, ma non tutti se ne sono resi conto.
Un ambiente studiato (scene di Laurent Jacquin), uno spazio scenico delineato e contornato da corde che già fanno sospettare giochi e magie teatrali, e un attore “nascosto” dietro una scrivania sotto quello che sarà uno degli elementi semantici di maggior rilievo della messinscena, della carta. Il tutto accompagnato da una colonna sonora dai toni arabeggianti.
Il vocio il sala aumenta e continua anche nel momento in cui l’artista (Julien Cassier) in scena si mostra e inizia a spostare oggetti, “mettere a posto” lo spazio. Qualcuno dice “sta succedendo qualcosa mentre sei distratto”, ma a far zittire tutti è solo la sua trasformazione equina, indossando una testa di cavallo.
“Potete non credere a quello che vedete” dice una voce senza volto.
Mazùt viene presentato come un sogno fragile e sospeso simile a una bolla di sapone, “in cui il tempo assume la qualità di un appassionato passo a due, una visione dal sapore surrealista che scava e scova il nostro essere animali”.
Quel che accade in scena è un susseguirsi di linguaggi non ben collegati: al primo attore, l’equina metafora dell’uomo d’oggi, si aggiunge un’attrice (Valentina Cortese), che danno vita a personaggi molto caricaturali che si immergono in dialoghi senza un apparente senso, per poi abbandonarsi a una danza che sa di lotta, urli, tentativi di comicità, sperimentazioni, performance circersi surrealiste.
Ad accompagnare e cadenzare il ritmo di questa miscela di generi vi è l’elemento che più ho apprezzato in questa messinscena: l’acqua.
Dalla barcaccia fino al pavimento del palcoscenico, su tutta la scena e per tutta la durata, gocce d’acqua cadono a ritmi differenti,segnando il fil rouge di tutto lo spettacolo.
Difatti, travolti dalla vita d’ufficio e disorientati da queste incessanti perdite d’acqua dal soffitto, partiranno alla ricerca di quelle che sono loro prime sensazioni, immergendosi in un mare di carta, sovrastati da questa pioggia ritmata, alla ricerca di un senso, di un modo per andare avanti, di una risposta alla domanda “cos’è il dopo?”
E così acqua e carta, una dalla ritmica costanza, l’altra dalla incredibile resistenza, sono semanticamente unite e legano il passaggio di questi due personaggi, dall’aspetto bizzarro e dalle movenze caricaturali.
Mazùt si rivela così essere uno spettacolo dai respiri circensi e tentativi esistenzialisti, che sfociano in una comicità no sense, che parte del pubblico ha in realtà rumorosamente apprezzato.
In questa occasione ho provato in prima persona cosa significa trovarsi in quelle situazioni in cui uno spettacolo è acclamato dal pubblico, ma non apprezzato dalla critica (o perlomeno dalla me-critica). Sarà stata forse colpa della troppa aspettativa, di tutti quei sentimenti da amante del teatro che mi porto dietro o sarà forse il fatto che non ho riso ai tentativi di comicità e non compreso questa riflessione profonda sul “dove stiamo andando?”.
La mia perplessità è stata circondata da applausi scroscianti, risate fragorose e “bravi” a pieni polmoni.
MAZÙT
Autori e registi Camille Decourtye e Blai Mateu Trias
Interpreti Julien Cassier, Valentina Cortese
Produzione Baro d’evel
Crediti completi – https://teatrodellatosse.it/eventi/mazut/