Wild Boys, tra cover, nostalgia e qualche rimpianto

Al Teatro Tor Bella Monaca venerdì 8 settembre è andato in scena Wild Boys: i sogni di un ragazza selvaggia di Paolo Logni, con Claudia Campagnola e con la cantante Ivana Pellicanò. Direzione musicale di Matteo Carlini e direzione tecnica di Mimmo De Mattia. Regia di Norma Martelli.

Wild Boys è un lungo monologo che racconta delle riflessioni di una donna rispetto alla sua vita. Il tutto avviene mentre è immersa nel traffico mattutino della Capitale. La lunga attesa fatta di «prima, seconda freno e folle» è un’occasione per riflettere sul proprio vissuto: un lungo momento di nostalgia e di rimpianto. Nostalgia della gioventù, dei primi amori e di tutto quello che si sarebbe voluto – e si vorrebbe – fare.

Questo spettacolo non è un caso isolato: infatti non è la prima volta che vediamo un monologo ambientato nel traffico di Roma. Non ci pare dunque una soluzione particolarmente fantasiosa anche se, nell’insieme, è stata ben interpretata.

Nella piccola utilitaria l’unico svago è la musica. Un ponte onirico tra presente e passato. La colonna sonora dei suoi migliori anni e il pensiero vola agli Spandau Ballet, ai Bronsky Beat ma soprattutto alla famosa Wild Boys dei Duran Duran. L’ascolto fa rivivere il ricordo di quando, da adolescente, voleva fuggire da casa ed andare a Londra per incontrare i suoi beniamini.

Ma la musica in questo spettacolo rappresenta un punto focale nel processo di nostalgia. Lo stereo della sua piccola utilitaria si è fatto persona, trovando come interprete la cantante Ivana Pellicanò.

Una voce che si faceva anche DJ e che costellava il racconto, interpretato dalla brava Claudia Campagnola, di quella musica e quei ritmi che sapevano di gioventù. Il ruolo di Ivana Pellicanò sul palco ricordava il coro delle tragedie greche, facendo l’eco ai sentimenti portati in scena dalla protagonista con il suo monologo.

Non sappiamo con esattezza dove dovesse arrivare la piccola utilitaria e nemmeno da dove partisse. Non c’era nessun particolare legame con la Città Eterna: creando un luogo e un tempo sospeso che è solo metafora di una riflessione generazionale.

La vicenda di Wild Boys è una vita, o meglio, lo spettro di un vissuto che abbiamo paura di vivere. Un quotidiano anonimo e grigio fatto di giornate uguali che portano a vedere gli anni correre sempre più rapidamente.

Il racconto – per la tematica affrontata – è risultato dai toni cupi e dal carattere spesso insistente sulle medesime tematiche. Quelli che possiamo definire spiragli pop che sdrammatizzavano la riflessione non avevano comunque la carica sufficiente per alleggerire il peso della nostalgia e del rimpianto. Le interpretazioni di Ivana Pellicanò, seppur ben eseguite, non sono riuscite a modificare questo risultato.

Il finale è in parte aperto e straziante. Una presa di posizione energica e dal finale aperto. Ci siamo trovati in molti nella stessa situazione, patentati e non: avere il coraggio di osare e trasgredire, ma rispondendo in questo modo si rischia di fare il passo più lungo della gamba e di non essere consapevoli dei rischi.