Grace Weaver dipinge e racconta, in chiave personale, il mondo femminile: a Norimberga, una mostra presenta il suo pensiero e il suo stile.
Donne che raccontano la quotidianità: si percepisce quest’aspetto tra le stanze del Neues Museum, il museo d’arte e design moderno e contemporaneo di Norimberga. La femminilità particolare delle figure di Grace Weaver, l’autrice che dà il titolo stesso a quest’esposizione, Grace Weaver, aperta fino al 16 giugno 2024, restituisce l’idea di un mondo che si presenta visivamente in un modo, ma che, in profondità, vive altre dimensioni, altri significati.
Lo stile semplice, diretto di quest’autrice americana contemporanea, già esposta in diversi musei e città tedesche, parla del vissuto di una serie di figure che, a prima vista, potrebbero apparire strane, particolari, vistose. È il pensiero che c’è dietro a dare un senso alla proposta aperta a Norimberga: illustrare e riportare a galla il lato interiore, nascosto di una donna, al di là delle apparenze, attraverso la rappresentazione di ciò che si vede, della quotidianità vissuta. Può sembrare un paradosso: Grace Weaver crea questo collegamento azzardato, dipinge le sue figure e dà vita alla loro fisionomia per trasmetterne l’emotività, la parte interiore a partire da piccoli indizi. Tramite l’esteriorità restituisce la profondità della dimensione umana.
Le 20 opere in mostra, provenienti dalla Collezione Stadler, racchiudono quest’intento, non sempre facile da capire e da interpretare ma di grande interesse: donne assorte, donne girate di spalle, particolari e dettagli, angolazioni che sembrano annullare la figura, sguardi sfuggenti, volti che sembrano buttati giù di fretta come schizzi, azioni quotidiane rappresentate. Le donne di Grace Weaver sono semplici ma caratterizzate da un’ombra sottile che, in realtà, può dire molto: nonostante la quotidianità dimostrata, ci sono pensieri, dubbi, incertezze, la sopportazione, pesi da sostenere e prove da affrontare, ci sono la solitudine e la delusione, ma anche la voglia di continuare e di riscattarsi.
In questi dipinti, a dominare sono la vivacità dei colori, le pennellate spesse, le linee nette, lo stile semplice, quasi da caricatura, un po’ vagamente “fauves” (un rimando a Matisse).
La quotidianità, rappresentata dall’apparente ripetitività, rivela il lato sottostante, comune dell’esistenza: azioni uguali, scenari pubblici che coinvolgono l’individualità, la scuotono, chiedendo una reazione. Grace Weaver ritrae, perciò, il possibile cambiamento scaturito dall’ordinarietà del mondo e degli eventi.
La sua è una proposta riflessiva che porta il visitatore a soffermarsi sui dettagli e sui particolari che, spesso, anche dal vivo, si ignorano: l’espressione degli occhi, le mani, la sproporzione delle altezze, quella riga in più sulla fronte, la bocca che cambia e si incurva in modo impercettibile, il corpo che prova emozioni nascoste. Quelle donne sono lì e sono in procinto di poter fare qualsiasi cosa: con il loro carico emotivo, potrebbero cambiare, fare il passo decisivo. Oppure possono lasciar perdere, desistere, tornare indietro. Si lasciano guardare ma, allo stesso tempo, rilanciano la stessa sfida a chi le sa osservare. Ed è da qui che può nascere la riflessione, colta dai piccoli dettagli.
Ciò che si vede, sulla tela ma anche osservando e ripensando allo scorrere dei giorni, può dire molto di più se guardato con occhi attenti: è il messaggio dell’autrice e di questa piccola esposizione tedesca, un invito a collegare se stessi e i soggetti rappresentati. Ma anche un modo per riconsiderare la realtà esterna, le contraddizioni, le ambiguità che ci circondano. Il potenziale che c’è, al di là delle apparenze.
Grace Weaver ritrae un mondo esistente, tratto dalla realtà proprio per raccontarla ed esporre le angolazioni meno evidenti, ma indispensabili: una mostra da percorrere per ritrovare, in qualcuna di queste donne, qualcosa di sé.
Grace Weaver – Neues Museum, Nürnberg (Norimberga)
30 settembre 2023 – 16 giugno 2024
Immagine in evidenza/di copertina: Grace Weaver, Promenade, 2019
© Courtesy die Künstlerin und Soy Capitán · Courtesy Sammlung Stadler, München. Foto: Nick Ash