È il film più discusso del momento, il più visto del momento, il più bello del momento e con il buon auspicio che si merita, degli ultimi tempi. È nelle sale Italiane dal 21 luglio 2023. Le sale si sono tinte di fucsia per celebrare l’amatissima bambola “Barbie” che è diventata umana e sapiente in un’ora e 54 di film.
Il successo che sta avendo Barbie è da record: ha superato un miliardo di dollari nel mondo al botteghino in soli 17 giorni e per rimarcare la questione delle donne leader che affronta il film, è soddisfacente apprendere che è la prima volta per una regista donna. La pellicola diretta da Greta Gerwig ha battuto il primato detenuto dalla collega Patty Jenkins con Wonder Woman.
Prima di vedere il film si potrebbe rimanere con il ricordo delle Barbie come bambole senza ricordare che dietro di esse si nascondono le storie delle donne del mondo. Barbie fotoreporter. Barbie dottoressa. Barbie Cabrio Rosa. Barbie pattinatrice sul ghiaccio. Barbie pop star. Barbie fiorista. Barbie ginnasta. Barbie pallavolista. Barbie insegnante d’arte. Barbie babysitter ma anche Barbie con sedia a rotelle, Barbie con vitiligine. Ce ne sono tantissime altre. Considerarle giocattoli per divertirsi è l’idea che dobbiamo abbandonare per capire il formidabile significato del film.
Capire e spiegare il successo del film Barbie non è cosa da poco, perché ha una trama energica che si muove su uno spettro di sensazionalismo giocoso adatto a tutti, con riferimenti scomodi alla mancanza di praticità nei confronti del rispetto verso le persone, maschi o femmine che siano. È semplicemente uno dei migliori diversivi che si potevano utilizzare per tracciare la linea di separazione fra un femminismo reso appetibile da generazioni trasversali e il patriarcato ancora ancorato nella società di oggi.
Disconnesso da un realismo fatto di regole e prepotenza a Barbieland, il pianeta delle Barbie, tutto è rose e fiori, a distanza di lì c’è il mondo reale. Nel mondo reale, è evidente, non è lo stesso, la presenza degli uomini è troppo forte da ostacolare le ambizioni delle donne, oggetti e non protagoniste.
Nel film invece il protagonismo si rispecchia completamente nella fermezza dell’interpretazione esaustiva al mille per mille di Margot Robbie di Barbie, della quale bisogna dire che per essere così espressiva, brava lo è per forza e ce lo riconferma. Al suo fianco Ryan Gosling, Ken, si allinea all’autocontrollo di lei quando dopo essersi pianto addosso capisce che anche lui ha un valore, che dovrà trovare distaccandosi dall’ossessione per Barbie ed esplorando chi sente di essere da solo.
Le false dicerie fissate dai ruoli impressi dalla società conservatrice sono invertite. Stando in piedi su Barbieland si prova un po’ di compiacenza nel non poter mettere la mano sul fuoco sugli atteggiamenti da capa che ha Barbie nel suo mondo ideale abitato da sole ragazze, perché diciamolo spesso noi donne non ne siamo abituate.
Se si pensa sia meglio che a comandare sia il sesso femminile, come a Barbieland, si pensa male, decifrando una metafora erronea che non vuole assentire la prevalenza di qualcuno su qualcun altro. Nei due mondi ci sono altresì meccanismi di potere non fini a sé stessi ma volti a veicolare un’alternativa: la compresenza di identità che si arricchiscono a vicenda condividendo uno spazio comune. È un salto mentale che non si vede nel film. Non tutto sta in ciò che si vede ma in quello che spingono a pensare le scene del diverbio finale fra Barbie e Ken, si preannunciano buoni propositi per buone condotte favorevoli di augurio.
Il film è carico di dialoghi e battute intelligenti, molte di queste bruciano. Ci sarebbero da scrivere pagine e pagine per delucidare l’intuizione e il valore di una storia che di fantasioso ha ben poco. La biondissima “Barbie stereotipo” è la vita di tutti i giorni, le parole di Barbie sono le parole che ogni donna deve trovare dentro di sé per rispondere alle provocazioni e ai commenti indesiderati sul suo aspetto fisico e su quello che in teoria dovrebbe essere agli occhi degli altri. I sogni di Barbie sono gli stessi sogni di chi è libero dai pregiudizi.
Il film intende contagiare il pubblico con tale libertà, che possa convogliare nelle barbie di tutte le bambine del domani. Potremmo definirlo un film contagioso che sta contagiando nel migliore dei modi. Uscire dalla sala con la coscienza sotto sopra per il discorso fra Barbie e la loro inventrice, Ruth Handler, è possibile, ci si commuove senza vergogna.