Quer pasticciaccio «rosa» di via de’ Barbieri

Quando tutto ormai sembrava pronto per ripartire con l’aurea che gli compete, con l’entusiasmo di una importante stagione teatrale annunciata il 16 giugno scorso, ecco che il direttivo dello Stabile romano di via de’ Barbieri scivola sulla più classica e imbarazzante buccia di banana. Nell’ultima conferenza stampa, tenutasi nel cortile del Burcardo, mentre l’ex Commissario straordinario, Giovanna Marinelli, presentando il prossimo cartellone, salutava la platea congedandosi dal delicato incarico di vigilanza amministrativa, mentre si ribadiva con soddisfazione il passaggio del più prestigioso ente teatrale capitolino da associazione a fondazione, affinché un più idoneo modello giuridico potesse favorire il raggiungimento degli obiettivi culturali e sociali che competono a un teatro europeo, l’assessore alla cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor, elencava gli opportuni passi da fare per ritornare «alla normalità».

Terminato a fine giugno il periodo di commissariamento, infatti, oltre a ringraziare la Marinelli per l’operato svolto e per gli ottimi risultati raggiunti, Gotor precisava che si sarebbe dovuto nominare quanto prima un consiglio d’amministrazione per non lasciare vacante la dirigenza di un ente pubblico che ha trascorso gli ultimi tre anni nella bufera più tempestosa. Alla formazione del Cda del Teatro di Roma sarebbe seguita, poi, con più tranquillità, l’elezione del nuovo direttore artistico. Dopo oltre un mese, però, nessuna autorità ha finora svelato quel che sarebbe dovuto accadere. Tutto tace. Tutti tacciono. I siti internet del Comune di Roma e della neonata Fondazione Teatro di Roma non danno nuove indicazioni in proposito. Ormai, alle porte di agosto, quando anche le attività burocratiche stanno per andare in vacanza, qualcuno giustamente vorrebbe sapere se le promesse elargite il 16 giugno stiano marciando sulla strada della concretezza, oppure se siano rimaste ipotesi ferme ai blocchi di partenza. Anche chi scrive non può certamente basare il resoconto di questa cronaca su elementi ufficiali, su verità inconfutabili, ma non può neanche ignorare il silenzio dei responsabili, di coloro che dovrebbero far luce su un buio che non fa altro che aumentare il credito delle voci di cui l’ambiente si ciba quotidianamente.

Dunque pare che, come annunciato, il tavolo per scegliere i rappresentanti del Consiglio di amministrazione del Teatro di Roma sia effettivamente stato aperto in tempo per rispettare le urgenze prima della sospensione estiva. I membri del Cda sono stati individuati. I voti pure convalidati. E le scelte sono ricadute su tre nomi (che per correttezza non riportiamo) che al momento pare formino un Cda, rimasto però segreto. Perché?

La risposta sembra trovare fondamento nello scivolone sulla buccia di banana annunciato in apertura. Uno scivolone burocratico, naturalmente! Qualcuno, a scrutinio terminato, avrebbe scoperto che i tre nomi eletti sono tutti maschili, ma che invece, secondo le regole (figlie delle tanto dibattute quote rosa) occorre nominare almeno una figura femminile. Dunque, tutto sospeso fino a data da stabilire – dopo le vacanze, naturalmente – quando, nella migliore delle ipotesi, uno dei tre eletti potrà dimettersi per far spazio a una donna. Tuttavia, se nessun galantuomo vorrà lasciare la poltrona, allora i tempi diventeranno biblici. Ci si dovrà riunire per cambiare il nuovo statuto della Fondazione, quello appena emesso, e portare il numero del Consiglio di amministrazione da tre a cinque, così da lasciar spazio a due rappresentanti del gentil sesso.

Il grande rilancio promosso da Giovanna Marinelli, donna di conclamata e stimata abilità professionale, pare bloccarsi su un ostacolo a dir poco sciocco, che sembrava ormai superato da tempo. Evidentemente ci si sbagliava: forse sarebbe stato meglio lasciare ancora per un po’ le redini all’ex Commissario, non solo perché donna, ma soprattutto perché capace. Se gli albori organizzativi del nuovo Teatro di Roma sono davvero già così poco luminosi, non immaginiamo quali labirinti burocratici rallenteranno l’annunciata riapertura del Teatro Valle, prevista, secondo Gotor, «tra diciotto mesi», che già oggi sono diventati diciassette.

Foto di copertina: Teatro Argentina, sede della Fondazione Teatro di Roma