La musica umoristica di Mazzocchetti ai Giardini della Filarmonica

Al termine del concerto il pubblico entusiasta lasciava l’arena dei Giardini della Filarmonica fischiettando il motivetto del film «La banda degli onesti», quello dove Totò e Peppino, in compagnia di Giacomo Furia, fabbricano banconote da diecimila lire in una tipografia del rione Monti. L’allegro ritornello è di Alessandro Cicognini, il più importante compositore del cinema neorealista (soprattutto delle opere di Vittorio De Sica), al quale Germano Mazzocchetti ha dedicato l’ultimo bis. Più che una musica, quelle poche note ben riconoscibili, all’interno di una melodia che compone il brano, diventano uno stato d’animo che rapisce la concentrazione di tutti: sintetizzano, infatti, al meglio l’umore giocoso degli spettatori, l’atmosfera briosa che ha creato la performance dell’ensemble di Mazzocchetti, che comunque con Cicognini conserva le medesime origini pescaresi.

E l’Abruzzo riecheggia in quasi tutti i brani che i sei musicisti propongono in una serata con sonorità tipiche di una tradizione popolare e mediterranea ma sempre condita da una venatura assai colta e spiritosa. Il ritmo è per lo più jazzistico, ma c’è la ballata, la samba, il tango, perfino echi di un lontano barocco, ma soprattutto c’è il teatro o, meglio, la teatralità. Ogni nota sembra accompagnare un gesto, un’azione, un sorriso, un lazzo. Le composizioni del maestro sono piene di ironie, e la teatralità – si diceva – la fa da padrona. Mazzocchetti da oltre 30 anni compone musica per la scena. Non a caso i suoi brani nascono sempre da un’ispirazione che arriva dall’esterno, dal palcoscenico, che sia quello teatrale o di un set, o anche dal più affollato palcoscenico della vita, sia vissuta che narrata.

Eccola, la musica colta che arriva dalla letteratura! In apertura presenta un pezzo tratto da un verso di Angelo Maria Ripellino, La danza delle barche a colori; più avanti il tema, Come con lei, scritto sulla base delle lettere di Pirandello a Marta Abba; e in chiusura Kees, come il nome di un personaggio di un romanzo di Simenon. Il primo bis – ormai è diventato un classico – è La passeggiata su via Etnea, fascinosa trascrizione musicale dell’arguzia narrativa di Vitaliano Brancati. Ma c’è anche la ricerca stilistica che trova asilo nella musica dei grandi del jazz: Incroci dolosi, che contiene qualche citazione da «Meditation on integration» di Charles Mingus.

Musica colta, sì, ma anche una decisa ascendenza alla tradizione: e lo strumento che Mazzocchetti imbraccia ne è la più eclatante testimonianza, la fisarmonica. «A tre anni già riproducevo i motivetti che ascoltavo, sui tasti del vecchio pianoforte dei nonni, ma in paese non c’era un insegnante di piano, e il primo maestro di musica che arrivò su piazza suonava la fisarmonica: mi dovetti adattare e oggi non ne posso fare a meno».

L’abilità di Mazzocchetti sta proprio nel trovare nuova linfa per la sua ispirazione ed è naturale che spesso volti lo sguardo indietro nel tempo, immergendosi tra i ricordi dell’adolescenza, proprio tra i luoghi e la gente del suo borgo, Città Sant’Angelo, sulle colline abruzzesi che s’affacciano sul lungomare pescarese. È qui che le radici della memoria affondano per nutrirsi di sensazioni del passato: nella Piazza Garibaldi, a cui dedica un brano dal ritmo altalenante come la folla che riempie le vie di giorno e le abbandona la sera. E sono tanti i personaggi, i tipi curiosi, che da quella piazza prendono vita sullo spartito: c’è un calzolaio antico dalla Testasghemba, cioè con il capo inclinato; e ce n’è un secondo più recente che continuava a coniare, suo malgrado, frasi strampalate che diventano autentici tormentoni, a cui è dedicata Ogni persona ha una personalità personale. Poi La giostra della monachella, passatempo per i più piccoli, che si azionava a spinta; e perfino un brano dalla struttura alternata in 5/4 e in 6/4, Cinquesei, ma in realtà si tratta di Gino Cinquesei, nome e cognome dell’ennesimo compaesano che sopravviverà su un pentagramma.

Per Fanti e santi, il pezzo che dà il titolo al concerto, la storia è assai curiosa. È scritta in 7/8 – spiega Mazzocchetti dal palco – perché così è entrata a far parte della tradizione del paese. Ma la struttura con battiti dispari è tipica dell’est; i nostri tempi musicali prediligono i pari. A Città Sant’Angelo il motivo veniva rispolverato durante le manifestazioni pasquali del Giovedì Santo e ogni suonatore rimaneva perplesso quando constatava l’anomalia del tempo. «Così è stata tramandata, e così la suoniamo», era il ritornello riparatore. Anche se Mazzocchetti resta convinto che chi portò la musica in paese andasse fuori tempo.

Ciascuna storia mantiene un cristallino senso dell’umorismo, un trascinante invito al sorriso che l’intero ensemble, composto da Francesco Marini (sax soprano e clarinetto), Paola Emanuele (viola), Marco Acquarelli (chitarra), Luca Pirozzi (contrabasso), Valerio Vantaggio (batteria), oltre al maestro e direttore Germano Mazzocchetti, mantiene fresco e audace durante ogni esecuzione. Ecco perché il refrain di Totò e Peppino, onesti falsari, diventa lo stemma musicale dell’opera umoristica e raffinata di Mazzocchetti.

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Fanti e santi, concerto del Germano Mazzocchetti ensemble. Con Germano Mazzocchetti (fisarmonica), Francesco Marini (sax soprano e clarinetto), Paola Emanuele (viola), Marco Acquarelli (chitarra), Luca Pirozzi (contrabasso), Valerio Vantaggio (batteria). Musiche di Germano Mazzocchetti. Giardini della Filarmonica, 24 giugno

Brani eseguiti: La danza delle barche a colori, Testasghemba, Incroci dolosi, La giostra della monachella, Fanti e santi, Cinquesei, Tango burbero, Piazza Garibaldi, Ogni persona ha una personalità personale, Come con lei, Asap, Kees, La passeggiata su via Etnea, Omaggio a Cicognini.

Foto di copertina: Germano Mazzocchetti ensemble