Tito e la città di Amelia sono i protagonisti del nuovo romanzo di Ettore Farrattini Pojani, un concentrato di storia, personaggi e vicende che narra la genesi di una famiglia, accompagnata da un gatto speciale.
La maggior parte delle favole e delle storie iniziano con il “C’era una volta…”, altre volte questo incipit è implicito, latente in un punto di partenza lontano, che comincia dal passato, attraversa un tempo lungo e arriva fino ai giorni d’oggi, superandoli addirittura. Una narrazione, ricca di personaggi e di fatti, che vede la costituzione di quello che l’autore ha immaginato e pensato.
Un romanzo di questo tipo, centrato sulla fondazione di una famiglia, di una città, uniti quasi da un destino comune, lo si ritrova in Le nove vite di Tito d’Amelia di Ettore Farrattini Pojani, edito da Armando Curcio Editore. Ma, ancora una volta, la classificazione e la definizione sfuggono di mano e vanno in direzioni impensate.
I personaggi di questo libro non sono i classici eroi, le grandi personalità storiche, gli eventi o le gesta conosciute da tutti, presenti sui testi scolastici. Al centro ci sono un gatto, la città di Amelia (in provincia di Terni) e la famiglia Farrattini. Luoghi e protagonisti semplici, popolari, della “porta accanto” per usare un’espressione comune, capaci però di fare la storia. La loro storia e la storia del contesto in cui si trovano.
Nasce allora, tra queste pagine, un racconto, lungo un percorso temporale, che diventa una vera e propria saga storica, familiare dove il gatto Tito accompagna le vite dei componenti di questa famiglia, aiutandoli nella loro compito: proseguire la loro dinastia nella città di Amelia. Tutto parte da secoli lontani, precisamente nel 1134 a.C. con Khepri e il figlio Efesto, i primi a scoprire il territorio bellissimo, “la collina con la fonte”, ricca di risorse e di bellezze naturali che chiamano Amer (la futura Amelia).
È da loro che parte questa vicinanza particolare con un gatto, dagli occhi intensi giallo verdi, incontrato quasi per caso, che diventa fondamentale per le sorti di ognuno. Tito è l’emblema, l’aiuto magico se vogliamo, piccolo nelle sue fattezze ma grande nell’animo e nella capacità di capire le difficoltà, dotato di una sensibilità unica che lo avvicina ai protagonisti. Questo felino ha il prezioso compito di assistere e di intervenire, di proteggere, custodire, aiutare ogni suo singolo “protetto”, il predestinato. Lungo la storia, infatti, Tito compare in soccorso ad un personaggio preciso, un discendente della famiglia che ha il compito, dalla famosa profezia di Hator, di portare avanti la famiglia e di continuare l’opera di costituzione e di prosecuzione della città.
Si tratta di un continuo ritorno, di una “reincarnazione” ogni qual volta la storia lo richieda: necessità, difficoltà, minacce, dolore personale, guerre, costruzione, il rischio che la famiglia e la sua prosecuzione si interrompano. E, in ogni sua nuova vita, il gatto assume nome diversi a seconda di chi stabilisce con esso il legame magico, predestinato. Tito diventa Aker, Bebio, Pirro, Otto, Meo, Ubi, Batto: le nove esistenze accanto ad altrettanti personaggi, in un preciso periodo storico. Dall’Età del Bronzo all’epoca romana, dal Medioevo al Rinascimento, dal Settecento e l’Ottocento fino ai giorni nostri, oltrepassandoli.
Nove vite lungo epoche diverse, descritte nelle loro peculiarità, nelle loro caratteristiche: usi e costumi, modi di vivere, cibi, pensieri, considerazioni, fatti inventati ed episodi tratti dal vero, mescolati all’immaginazione. Ettore Farrattini Pojani ha creato una storia dentro la storia, che ad essa si intreccia, si costruisce con pazienza e lentezza, con semplicità e concretezza, senza lasciare troppo spazio alla parte psicologica, emotiva dei suoi personaggi.
Le descrizioni si concentrano sugli spazi, sulle diversità di ogni singolo prescelto o prescelta e sul rapporto che ognuno di essi crea con il gatto Tito. Ci sono Tarzio e Laerzia, Marcus e Fulvia, Lucius, Colao, Felice Idea, Bartolomeo, Luca: padri e figli, figlie, consorti, unioni che perpetuano la storia e la sopravvivenza, che lasciano un’impronta, un segno importante nel tempo e nella memoria collettiva. Una linea dinastica che si mescola anche a personaggi realmente vissuti e a fatti documentanti, posizionati nel testo grazie all’inventiva dell’autore.
L’essenziale è la missione che non cambia lungo i secoli e che porta questa genealogia fino all’ultima, sorprendente vita, tutta da leggere e da vivere nelle parole. A dimostrazione che ogni evento e ogni fatto hanno una loro circolarità, un loro sbocco verso qualcosa: una vita nuova, un incontro, un cambiamento, una svolta, un nuovo futuro, un orizzonte.
Di ogni storia e vita, dentro la storia comune, resta la città di Amelia, le sue mure, le sue strade e i suoi palazzi e che, come i suoi abitanti e i suoi fondatori, va incontro ad evoluzioni, a distruzioni, ricostruzioni e nuovi passaggi. Una ciclicità che ricalca i ritmi del romanzo e che lascia davvero la voglia di vedere dal vivo questa cittadina umbra.
Complici la passione e l’amore dello scrittore stesso, che lascia un po’ di sé e della sua vita in queste pagine. Tra gli insegnamenti e le vicissitudini descritte, resta quest’espressione che racchiude e sintetizza il senso della figura del gatto Tito, capace di determinare il corso della storia:” In fondo, né Aker né Bebio, né Otto o Pirro, né Batto, Ubi o Meo avevano avuto bisogno di soldi per risolvere i problemi che si erano loro presentati. Ogni volta erano stati il genio o l’idea a risolvere ogni singola situazione. Quell’insegnamento gli era rimasto dentro ed era per lui l’unica strada perseguibile.”
È proprio dalle situazioni e dalle presenze inaspettate che possono scaturire l’imprevisto, il nuovo, il cambiamento. Le nove vite di Tito d’Amlia, sembra volerci dire Farrattini, nasce esattamente da questo, da una ricerca che culmina in terre, persone e, perché no, anche animali imprevisti, capitati per caso.
L’incontro fortuito, le esperienze vissute, volute dal caso o dal destino (fosse anche un gatto) e che portano verso strade impensate è forse una delle più grandi sorprese che la vita stessa, come un dono, può offrirci.
“Le nove vite di Tito d’Amelia” – Ettore Farrattini Pojani
Foto in evidenza: @curciostore