Nonostante il matrimonio vip con Jennifer Lopez, la vera storia d’amore di Ben Affleck si consuma con il suo amico e collega Matt Damon.
Questa volta la coppia Damon-Affleck -quest’ultimo torna in cabina di regia – veste i panni Nike in Air – la storia del grande salto, per raccontare il colpo di marketing sportivo più redditizio della storia. Il guadagno di Nike dall’ingresso nella scuderia di Michael Jordan ammonta tutt’ora a circa 4 miliardi di dollari l’anno.
Una storia così sensazionale non poteva che diventare un film, nonostante la sceneggiatura di Alex Convery, dal titolo Air Jordan, sia finita nella black list delle migliori sceneggiature non prodotte nel 2021.
Se interpretiamo Orwell come un oracolo precolombiano, possiamo sostenere che aveva ragione sul fatto che il 1984 non rappresenti un anno qualunque. Apple fa uscire il primo Macintosh, ma soprattutto Michael Jordan fa il suo ingresso in NBA come terza scelta nel draft per i Chicago Bulls.
Il problema americano per eccellenza è far soldi, dunque inizia ben presto la caccia allo sponsor del giovane Mike. Principalmente è corsa a due tra Converse e Adidas. Mike non vuole nemmeno sentir parlare della Nike, in procinto di chiudere la sezione basket a causa degli scarsi risultati in bilancio.
Ci sono tutte le basi per il più classico degli american dreams. In questo scenario si staglia la figura di Sonny Vaccaro (Matt Damon), guru del basket giovanile e membro del consiglio di Nike Basketball. La minaccia di chiusura della sezione del CEO di Nike, Philip H. Knight (Ben Affleck), arriva in concomitanza con l’illuminazione di Sonny.
La sua folgorazione segue una linea del tutto americana e anticomunista, ossia “Non dividiamo il misero budget per lo sponsor su possibili astri nascenti, ma andiamo all-in su uno solo, Michael Jordan.”
Sonny fa leva sui sentimenti e sulle mire avanguardistiche della madre-manager del ragazzo, interpretata, su indicazione dello stesso Jordan, da Viola Davis. Sonny è pronto a tutto pur di far indossare le nuove Nike – create infischiandosi delle regole cromatiche imposte dall’NBA, così da renderlo unico e far scalpore – al suo pupillo Mike. Da qui, un domino di stravolgimenti di regole coinvolge l’azienda. Mai prima di allora si era speso tutto il budget per sponsorizzare un solo giocatore, per di più alla prima stagione NBA. E soprattutto mai era stata creata una linea personalizzata con un marchio proprio: nasce la Air Jordan.
Le sorti di un’azienda miliardaria erano tutte nelle mani giganti e nei piedi alati di un giovanissimo afroamericano.
L’ultimo passo – il più rivoluzionario – prima della firma del tanto agognato contratto riguarda una richiesta di mamma Jordan circa una percentuale sulla vendita delle scarpe che portano il nome del figlio. Venne così creato il precedente che di lì a poco avrebbe contagiato tutto il mondo sportivo (vedi il caso Beckham).
Una scrittura dei dialoghi eccellente permette sia di avere una vena comica intelligente, senza risultare macchietta, sia di rimanere borderline sul rispetto degli eventi storici. Di fatto però non c’era grande necessità di esagerare in creatività con una storia simile. Interessante la scelta sull’evanescenza del personaggio di Jordan, come fosse un’entità divina da non far vedere mai in volto.
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Air – La storia del grande salto (Air). Un film di Ben Affleck (2023), Con Matt Damon (Sonny Vaccaro), Ben Affleck (Phil Knight), Jason Bateman (Roberto Strasser), Marlon Wayans (George Ravelling), Chris Messina (David Falk), Chris Tucker (Howard White), Viola Davis (Deloris Jordan), Matthew Maher (Peter Moore), Julius Tennon (James R. Jordan Sr.), Gustaf Skasgård (Horst Dassler), Barbara Sukova (Kathy Dassler, Joel Gretsch (John O’Neil), Dan Bucatinsky (Richard), Tom Papa (Sto Inman). Sceneggiatura di Alex Convery. Regia di Ben Affleck. Prodotto da Amazon Studios, Mandalay Pictures, Skydance Media e distribuito in Italia da Warner Bros.