Candidato a Miglior film straniero nell’ultima rassegna degli Oscar, Argentina 1985 concede al grande pubblico una lettura chiara e artisticamente valida del processo più importante della storia argentina.
Il regista Santiago Mitre ha affidato a Ricardo Darín i panni di Julio Strassera, procuratore capo dell’accusa nel processo ai 9 membri della Juntas che nel ’76 mise a segno il golpe militare. Dal punto di vista sociologico è interessante notare come un ruolo così delicato e schierato sia stato affidato all’attore simbolo del cinema argentino contemporaneo, come se in un lasso di tempo relativamente breve l’Argentina avesse già fatto i conti con la propria storia. Tre giorni dopo aver prestato giuramento (13 dicembre 1983) come primo Capo di Stato democraticamente eletto, Raúl Alfonsín firmò il decreto N° 158, nel quale si dava inizio alle indagini contro i 9 membri delle prime 3 giunte militari che governarono il Paese dopo il colpo di stato e la cacciata di Isabelita Perón.
L’accusa mossa nei confronti di Videla e gli altri riguarda non già la presa violenta del potere tramite golpe, quanto piuttosto per i crimini commessi durante la dittatura. Il più importante processo ai gerarchi militari dopo Norimberga ha visto in mondovisione le testimonianze drammatiche di centinaia di sopravvissuti – raccolte meticolosamente dalla giovane equipe di Strassera, organizzata dal sostituto procuratore Moreno-Ocampo (interpretato da un Peter Lanzani maturo e non più Teen Angels) – molti dei quali all’epoca giovanissimi e innocenti, ma accusati di sovversione e guerriglia contro il regime.
La difesa si organizzerà sostenendo la famosa teoria delle mele marcie all’interno dell’esercito e l’inconsapevolezza dei vertici militari per quel che riguarda violenze, rapimenti, stupri e sparizioni.
Trentamila furono i desaparecidos tra il 1976 e il 1983, con il picco di sparizioni durante la finale del mondiale ’78, giocata all’Estadio Monumental di Buenos Aires. L’Argentina di Mario Kempes vincerà il suo primo, doloroso mondiale che verrà per sempre ricordato come el Mundial de Videla. Nell’antica logica del panem et circenses, Videla orchestrò un mondiale da vincere in casa per rinforzare il consenso nazionale e aumentare il rispetto internazionale. In tal senso la mela marcia era la Giunta militare stessa.
Come importanza nazionale e risonanza internazionale, mi sento di definire il film come un Tutti gli uomini del presidente in versione togata.
Il guaio dell’industria cinematografica è che questo film è su tutte le pagine dei tabloid internazionali per motivi tutt’altro che artistici. Infatti una delle produttrici esecutive del film argentino è Victoria Alonso, volto storico di Marvel Studios e ormai ex vicepresidente dell’agenzia dei supereroi. Ex vicepresidente perché è arrivata la lettera di licenziamento sulla sua scrivania proprio per aver prodotto un film di una produzione rivale, Amazon Prime Video. La Alonso – argentina e forse con una voglia di redenzione artistica – ha per altro presenziato agli Oscar accanto al cast di Argentina 1985, invece di quello di Black Panther: Wakanda Forever. Uno sgarro che non dev’esser andato giù ai vertici politici della Marvel. Mai termine fu più azzeccato di Avengers per definirli.