L’ultima notte di amore è il nuovo film con Pierfrancesco Favino uscito al cinema il 9 marzo nelle sale italiane, scritto e diretto dal regista Andrea Di Stefano. La pellicola è stata selezionata al Berlinale Special Gala del Festival di Berlino 2023, presentata in anteprima mondiale il 24 febbraio.
Il titolo è esaustivo, riesce a essere fuorviante e terribilmente azzeccato contemporaneamente. La parola amore fa pensare a un intreccio romantico, magari alla narrazione pessimista di un amore che si sta avvicinando agli sgoccioli. Questa aspettativa non viene propriamente buttata giù perché a dirla tutta c’è una mitezza che si lega alla storia, la quale vuole fare fuori il troppo buono, ossia il protagonista e ciò che di buono lo circonda.
Fra i titoli di testa si vola spediti sopra le luci notturne della città di Milano e si inizia a immaginare su chi o cosa balzerà nelle iridi di lì a poco. In sottofondo dei respiri affannosi e pressanti, come dei rintocchi di un pendolo, trasferiscono suspense.
Il tenente Franco Amore ha un cognome determinante che esplicita i fotogrammi. Egli dopo aver passato 35 anni nelle forze dell’ordine, nel suo penultimo giorno lavorativo a poche ore dal pensionamento, si ritrova coinvolto in una plurima sparatoria sull’autostrada in cui il migliore amico Dino muore. Il caso in modo prevedibile lo costringe a dover prendere una scelta di molto peso, restare o scappare, che più correttamente si può tradurre in scegliere di vivere o rischiare di morire, a patto però di non sapere da che parte stia la vita e dove il rischio. Il rischio è di rinunciare alla sua famiglia mettendo in pericolo il figlio piccolo e la moglie, Viviana, l’attrice Linda Caridi in un personaggio assolutamente indovinato che fa simpatia e che con un preciso accento calabrese stempera la tensione che si taglia a fette.
Il frame in cui è ambientato il film pullula di culture locali che ne sono il tratto distintivo, la comunità cinese, la spinosità criminale della periferia milanese e la meridionalità di casa Amore. Non è la ricerca del movente a stuzzicare l’attesa dei riscontri esegetici. L’ensemble di elementi thriller, tipici dei classici film d’azione americani non spazientiscono per le dinamiche che auspicano al momento cruciale della confessione del colpevole il cui nome qui rimane ignoto.
L’attributo di prestigio è l’attorialità che rende l’altalenante viavai di incidenti, un poliziesco in cui vittima e carnefice si confondono. Il finale è aperto, lo si affida all’identità di un’ombra, se sia un semplice passante o qualcuno giunto per catturare Franco Amore non si sa. “Salvare il salvabile” è la sentenza che ricompare per 124 minuti. Che Favino abbia convinto ce lo assicura l’ultima scena che lo vede pronunciare alla radiolina di servizio l’ultimo discorso in cui lavoro, affetti e devozione combaciano.
Una produzione Indiana Production, Memo Films, Adler, Entertainment e Vision Distribution, in collaborazione con Sky e Prime Video.