“Circeo”. La storia di un massacro diventa una seria televisiva.

La crime story del processo sul sanguinoso massacro del 1975, su Paramount+, di Andrea Molaioli

Il regista romano Andrea Molaioli, propone Circeo, una serie prodotta da Cattleya con Vis, Rai Fiction e Paramount+, che narra la triste vicenda del rapimento e dell’omicidio avvenuto a San Felice Circeo tra il 29 e il 30 Settembre del 1975. Un triste capitolo di cronaca nera italiana in cui l’occhio di chi guarda la serie è distaccato, perché non sono stati messi in evidenza i momenti più dolorosi, lasciando così all’immaginazione dello spettatore la violenza subita dalle due giovanissime, prima amiche, poi vittime. 

Il vero protagonista de Circeo è il processo contro i criminali di Donatella Colasanti, interpretata dalla bella Ambrosia Caldarelli e Rosaria Lopez, due ingenue amiche che, in quella notte tra il 29 e il 30 Settembre 1975, vennero adescate con l’inganno e brutalmente violentate da Gianni Guido (Marco Tè), Angelo Izzo, ruolo svolto dal bravissimo Guglielmo Poggi e Andrea Ghira (Leonardo Mazzarotto) a San Felice Circeo, sul litorale romano. Dal baule di quella FIAT 127, un po’ come la barca sul quale Caronte traghetta le anime dei defunti, uscirà viva solo Donatella che con la sua testimonianza, il suo coraggio e la sua tenacia tipica della gioventù, si renderà indispensabile per la giustizia italiana, tanto da arricchire la giurisprudenza nella lotta per i diritti delle donne. 

Il regista de “La ragazza del lago” e de “Il gioiellino”, concentra l’importanza di tutti e 6 gli episodi sul valore storico dell’evento, creando, stilisticamente, un legal drama di buona qualità, a cui la gente, forse, non era abituata e che forse, comincerà ad apprezzare di più. Il pubblico avrà quindi un legal drama non mitigato dalla drammaturgia che talvolta tende a rendere meno cruda la scena, in questa ottica si pone al centro la verità della storia. L’ottimo risultato di questa serie, disponibile su Paramount+, è dovuto anche dal talento di Flaminia Gressi, giovane e talentuosa sceneggiatrice che ha l’estro di trasformare il racconto di cronaca del passato in una storia totalmente, ahimè, contemporanea, mettendo in primo piano il forte impatto legale e mediatico, che il “massacro del Circeo” ha avuto nella storia presente.

Piccola nota di demerito sta nell’aver dato presenza scenica a scarsi attori seppure in ruoli secondari, mentre attori bravi come Achille Marciano e Nicola Ciccariello, apparsi pochi secondi in ruoli che sarebbe stato sicuramente più opportuno approfondire. Eccelsa è la recitazione di Pia Lanciotti, nel ruolo dell’avvocato Tina Lagostena Bassi, legale della vittima, personaggio determinante nel processo, che seppe parlare dello stupro come un reato sociale che cioè danneggia l’intera comunità non solo la vittima diretta, seppe condurre ad una coscienza dello stupro differente, non più un’onta di vergogna, non più un reato contro la morale pubblica  

Sul profilo storico giurisprudenziale questa vicenda è stata fondamentale, quel processo ha visto costituirsi parte civile molte associazioni femministe e ha visto la prima diretta RAI in un processo di stupro. Il personaggio inventato di Teresa Capogrossi (Greta Scarano), avvocato della Colasanti, svolge il ruolo di “occhio esterno”, è una visione oggettiva dello spettatore che, pezzo dopo pezzo, costruisce e vive il processo presentandolo realisticamente a tutti; è testimone, riflette e fa riflettere e funge da ponte tra ciò che è passato e futuro. 

Lo sguardo critico del regista Andrea Malaioli è quello di offrire un ottimo crime story, il cui messaggio è quello di ricordare che l’Italia è una res pubblica, uno Stato dove l’opinione pubblica ha potere di indirizzare i legislatori nel formulare le leggi e non è mai sbagliato far sentire la voce dei cittadini quando questa è volta a migliorare e determinata nell’affrancare ad ogni donna e ad ogni uomo la propria dignità nella più ampia libertà scevra di pregiudizi di ogni genere.