Un libro sulla crisi, la crisi di un giovane uomo, il protagonista, con la mente sempre più affollata di domande incerte alle quali la sua scienza non può più rispondere.
La crisi che tocca tutti i personaggi, Lorenza che decide di aspettare, Novelli che studia le nuvole, Karol alla ricerca di Dio, Curzia irrequieta e Giulio che si sforza di restare vicino a suo figlio.
Ma accanto alle crisi individuali ci sono poi le crisi globali, quelle umane, che vanno dall’inquinamento alla follia della guerra, partendo dal lancio delle due atomiche su Hiroshima e Nagasaki, ossessione del protagonista che nel cercare di trovare una logica, ne mostra invece tutta intera l’assurdità.
Pagina dopo pagina si dispiega la crisi dell’umanità e del pianeta, forse legati da un indissolubile filo.
E cresce il disagio nel lettore, un disagio che ci accompagna in tutto il libro, e che Paolo Giordano riesce sapientemente a dosare, a modellare, in un crescendo che non lascia tregua.
È un libro che non ha una placida fluidità. La lingua, la sintassi, gli argomenti trattati sono come sincopati, quasi a non voler addolcire nulla al lettore che vede davanti agli occhi il disastro dell’umanità e i fallimenti dei singoli che si dibattono cercando di rimediare ai loro errori.
Alla fine tutti i protagonisti del libro trovano una loro strada, imperfetta e tortuosa, diversa da quella da cui erano partiti, sbagliano e cercano di aggiustare le cose e in questo Paolo Giordano riesce davvero a scavare nell’animo umano e a creare dei personaggi reali, a tutto tondo.
Direi di più, mai come in Tasmania, sembra di vedere l’ombra dell’autore dietro il suo protagonista. P.G. è infatti un fisico prestato al giornalismo e alla comunicazione, così come Paolo Giordano ha un dottorato in fisica. Da qui nasce la forma mentis che li porta a indagare partendo dalla realtà che li circonda, analizzando i fatti con rigore scientifico come nelle lunghe pagine, quasi di inchiesta, sull’atomica e sui suoi effetti.
Paolo Giordano (nato a Torino nel 1982) è autore di quattro romanzi: La solitudine dei numeri primi (Premio Strega nel 2008- Mondadori), Il corpo umano (2012- Mondadori), Il nero e l’argento (2014-Einaudi) e Divorare il cielo (2018- Einaudi).
Tutte queste crisi, globali e personali, attuali e passate, umane e planetarie si susseguono nel romanzo dandoci il senso della precarietà della nostra condizione presente.
Tuttavia direi che Tasmania è un libro sul futuro, qualunque esso sia e in qualunque modo vogliamo immaginarlo.
È lo scienziato Novelli, colui che attraverso lo studio delle nuvole analizza i cambiamenti climatici e preconizza catastrofi che sconvolgeranno il nostro mondo, a pronunciare la frase forse più indicativa di questo senso di precarietà e insieme di ricerca di futuro, che pervade tutto il libro:
“Se proprio dovessi, sceglierei la Tasmania. Ha buone riserve d’acqua dolce, si trova in uno stato democratico e non ospita predatori per l’uomo. Non è troppo piccola ma è comunque un’isola, quindi facile da difendere. Perché ci sarà da difendersi, mi creda”.