Una performance dolceamara. Questo è il retrogusto che lascia “Souvenir de Kiki” andato in scena al Teatro Duse di Genova, spettacolo prodotto da Schegge di Mediterraneo e Festival dell’Eccellenza al Femminile, per celebrare una delle donne francesi più famose del secolo scorso, Alice Prin, meglio nota come Kiki de Montparnasse. Musa ispiratrice e amante di numerosi esponenti dell’avanguardia artistica del primo Novecento, questa donna è stata un esempio di indipendenza femminile sia nel sociale sia nell’ambiente artistico. Le memorie raccolte nel libro Souvenir, edito nel 1922, vengono trasposte in scena dalla regia di Consuelo Barilari, che cura anche drammaturgia e luci, con la recitazione di Emanuela Kustermann.
Un telo teso sul proscenio attende lo spettatore; vi viene proiettato un video dall’estetica surrealista, in cui spicca il sorriso di Kiki. Davanti ad esso sono sistemate un paio di scarpe rosse da donna. Il telo, attraverso cui si può vedere, non si alza mai durante tutta la durata della messinscena, come a voler dare un senso di distanza e ricordare una pellicola cinematografica.
Lo spettacolo si apre con le parole di Ernest Hemingway, incipit al libro suddetto, mentre il video ripropone l’intensa vita parigina. Subito dopo, la Kustermann legge una lettera di Franco Cordelli, scritta appositamente per questa realizzazione teatrale. La Parigi anni Venti è ricollegata alla Roma delle Cantine e le immagini ripropongono critici italiani discutere su questo nuovo movimento. Tale scelta confonde i piani di lettura e, anche, le idee del pubblico; lo stesso fa la recitazione, a tratti in prima persona a tratti in terza, della Kustermann, il tutto articolato in una struttura ad episodi molto lenta.
Le vicende della vita di Kiki, partono dall’infanzia e descrivono le vicissitudini di un’esistenza travagliata ma intensa: la povertà, la fame, i lavori precari, la sessualità, la prostituzione, l’uso di sostanze stupefacenti, le relazioni amorose e, soprattutto, l’Arte, il posare, il continuo cambiamento in un turbinio sfrenato di una vita sempre al limite. Il massimo si raggiunge con le ottime scelte musicali e video. Sul telo e su paraventi orientali riverberano montaggi filmici, quadri, schizzi, fotografie, opere d’arte, i locali notturni della Ville Lumière con tutte le sue contraddizioni. La Vie en Rose di Edith Piaff si confonde ad altre canzoni popolari francesi, la forza travolgente del jazz si affianca all’irruenza e all’intensità di composizioni espressioniste in un caleidoscopio di quello che era la vita culturale dell’epoca.
Gli amori con i grandi pittori si susseguono, purtroppo, in un lista quasi sterilmente enciclopedica, ma sono proprio le parole di Hemingway, Soutine, Man Ray e Fujita (registrate da Roberto Alinghieri, Fabrizio Matteini, Noureddine e David Gallarello) a descrivere, forse al meglio, chi fosse Kiki di Montparnasse. Una diva che “per circa dieci anni, come spesso capita, […] fu lì lì per essere una regina, ma questo naturalmente è molto diverso dall’essere una signora“, nelle parole dello scrittore americano.
La forza dello spettacolo risiede più nel comparto tecnico che nell’intensità energetica vista sul palco; la Kustermann, forse per le scelte registiche, non è al massimo e non colpisce, in una serata in cui la microfonatura è un’arma a doppio taglio e disturba spesso la recitazione. Una performance che non soddisfa appieno, dolceamara come la vita di Kiki, che però rimane un’icona intramontabile, probabilmente di tutti, ma in realtà pienamente di nessuno.