Sguardo sui giovani artisti con la QUADRIENNALE di Roma

“Se una volta mi chiedevano “Cos’è questa Quadriennale di Roma?”, adesso mi dicono che stiamo facendo tante cose interessanti all’interno di questo progetto.” E’ questo il riscontro che Umberto Croppi, Presidente della Quadriennale di Roma, ci racconta di aver avuto in questi ultimi anni. “Dare visibilità ai giovani artisti, offrendo loro un podio importante e fare un censimento dell’arte italiana in questi ultimi vent’anni” gli obiettivi vissuti come “un esperimento e un’avventura insieme. Entrambe vinti con successo”. Un programma ricchissimo e stimolante quello ideato e prodotto dalla Quadriennale di Roma, in collaborazione con Roma Culture e Sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali. Nuova tappa di “Quotidiana”, sezione che ha come obiettivo quello di approfondire gli orientamenti dell’arte italiana del XXI secolo, è a Palazzo Braschi, in due cicli espositivi: Paesaggio e Portfolio.

Nella sezione Paesaggio, fino al 12 gennaio, per due mesi sei artisti, tre italiani e tre stranieri esporranno le loro opere, frutto di considerazioni su testi proposti dai curatori. Ora è la volta di Alessandra Troncone che con i suoi “Appunti per un’archeologia del futuro” ha voluto immaginare un visitatore arrivato dal futuro, che volge lo sguardo al presente, vivendolo quindi come passato. E sono Antonio Fiorentino con Hermetica Hesperimenta, e Alessandro Biggio, con Cámua che riflettono su questo cortocircuito temporale. Per Fiorentino il risultato è un’estetica della rovina, che risponde a una visione di decadimento del presente: uno scaffale con opere non terminate, quasi sospese, frammenti di diversi materiali a terra, di chissà quali oggetti ormai distrutti.

Invece l’idea della fine, Alessandro Biggio ce la trasmette con la cenere in cui ha immerso il calco in poliuretano di un albero marcito, avvolto da una corda con l’antica tecnica della “cordula”, piatto tipico sardo preparato intrecciando l’intestino dell’agnello. Rispetto per la sua terra con un omaggio alla tradizione, ma sguardo puntato sempre verso un presente che decisamente non piace ai giovani.

Accanto a questa “doppia personale” se vogliamo dirla come Gaia Bobò, curatrice in residenza della Quadriennale, “con poche opere essenziali e rappresentative”, c’è la seconda sezione: Portfolio. Undici artisti under 35, uno al mese, in mostra con una sola opera. Fino all’11 dicembre ci sarà Giuseppe Di Liberto, di origini palermitane, che con il suo Cortei ci presenta un’installazione che muta nel corso della sua stessa esposizione. Ispirato dai film di Ciprì e Maresco, rappresenta in argilla due cortei funebri che si incrociano. La fila dei “potenti” passerà per prima, nel suo percorso verso il cimitero. Ma a differenza del secondo gruppo, questo primo sarà destinato a sciogliersi nel tempo: una lieve pioggia, architettata per cadere ogni 45 minuti, farà tornare di terra i personaggi dietro il carro, sciogliendoli ad ogni goccia. L’acqua, che rappresenta la vita, in questo caso sarà elemento di distruzione, provocando un cambio del cromatismo e della struttura stessa dell’opera. E’ il rito funebre visto con gli occhi di un siciliano dissacrante. Un’opera che varrà la pena visitare più volte nell’arco del mese, per vivere le sue lente modifiche, le trasformazioni della materia e dei colori. Paradosso di vita e morte assieme.