L’ ultimo capitolo del leggendario Odin Teatret. Eugenio Barba in trionfo al Vascello

Tebe ai tempi della febbre gialla andato in scena nei giorni scorsi al Teatro Vascello è forse il capitolo finale dell’Odin Teatret, la più longeva compagnia teatrale del mondo. Attiva da 60 anni, Odin Teatret ha portato in scena a Roma uno spettacolo che racchiude i temi, la poetica e le soluzioni tecniche di una formazione unica e irripetibile. La performance corporea, sacrale, visiva degli attori in scena – Kai Bredholt, Roberta CarreriDonald KittIben Nagel RasmussenJulia Varley – rappresenta una sorta di testamento per la compagnia, in attesa di cominciare (forse) con nuovi progetti, in altri luoghi.
Deus ex-machina ovviamente lui, il regista Eugenio Barba. Portato in trionfo nel foyer del Vascello.


“Tebe al tempo della febbre gialla” è la perfetta chiosa di un ciclo, di una poetica, di un’esperienza avanguardistica e avveniristica sempre. Coraggiosa, profonda, purissima.
Cifra distintiva di questo spettacolo, la lingua scelta per la recitazione. Un greco antico fedele eppur inframezzato qua e là da alcune uscite in italiano, giusto per offrire un timone allo spettatore.

Uno spettacolo colorato da costumi vividi e scandito a volte attraverso il canto, altre dalla ritmica del verso. Sul palco lo scatenarsi dei simboli del mito, un susseguirsi di guerra, onore e memoria.
A Tebe scorre il giorno successivo la battaglia, la guerra tra i due figli di Edipo per il dominio è terminata. Per Antigone, la ribelle, ecco la punizione per aver violato la legge della città. Le famiglie rivolgono l’ultimo saluto ai propri morti, tra i quali si aggira il fantasma di Edipo. Creonte e Tiresia predispongono la pace, la Sfinge risale sul trono. Passata la tempesta, per i giovani è primavera, tempo di innamorarsi.
Sole e oro: una febbre gialla farà da sfondo ai tempi futuri. E forse è anche un monito agli incerti tempi nostri.