Se pensiamo al cinema francese, alla Nouvelle Vague e ai grandi cineasti mondiali, quelli che hanno cambiato il linguaggio cinematografico, il primo nome che ci viene in mente è quello di Jean-Luc Godard e con la sua scomparsa avvenuta ieri si è di fatto conclusa un’era. Il cinema ha perso un altro pezzo della sua storia importante, ha esalato l’ultimo respiro, le luci si sono spente e la macchina da presa ha smesso di girare.
I film di Jean-Luc Godard sono dei viaggi sensoriali, caotici, a volte disturbanti e frammentati che mantengono sempre la dimensione onirica riuscendo però a raccontare i fatti della vita, quelli concreti e tangibili, soltanto che si gioca tutto sull’assurdo e sui dialoghi molto serrati, con situazioni improbabili e inspiegabili, eppure vere.
Se ci pensiamo, tutto sommato, la maniera di fare cinema di Godard, il suo decostruire la realtà e rimescolare tutto a suo piacimento, senza apparente regola ha un solo scopo: raccontare e far vedere parti di mondo che non conosciamo attraverso strumenti e situazioni che conosciamo benissimo, il tutto accompagnato da situazioni estreme o straordinarie.
Con Jean-Luc Godard possiamo dire che praticamente è finita l’idea classica di regia, con il suo lavoro ha dato una sterzata importante al Cinema e, infatti, da quel momento da quel momento si parlerà di Nouvelle Vague, intesa proprio come nuova ondata. L’arrivo di Godard, dunque si segna un punto di non ritorno per la storia del cinema.
Il suo gusto per il frammentario e la necessità di decostruire la realtà lo ha portato a occuparsi di quello che possiamo definire découpage cinematografico che di fatto si pone a contrasto con il piano – sequenza tanto elogiato dal André Bazin.
Per quanto riguarda il momento della dipartita è poi venuta fuori la verità, il regista francese ha voluto ricorrere al suicidio assistito in Svizzera. Fonti a lui vicine hanno detto che il regista si è «spento serenamente nella sua casa circondato dai suoi cari».
Di sicuro una scelta simile, pur con il dispiacere della perdita, in questo caso non è neanche troppo originale o strana, ci dà la misura di chi è stato Jean–Luc Godard e del suo spiccato senso di libertà, al punto da affermare il proprio diritto a scegliere quando e come morire.
In un’intervista del 2014, Godard affermò infatti di essere favorevole al suicidio assistito. Tra i molti messaggi di cordoglio c’era anche quello dell’attore Alain Delon che per altro ha deciso di fare ricorso a sua volta al suicidio assistito, anche se per il momento non c’è nulla di confermato.
E sono queste le parole che Delon ha dedicato a Godard:
«Si chiude una pagina della storia del cinema… Grazie, Jean-Luc, per i bei ricordi che ci hai lasciato. Sappiate che sarò sempre orgoglioso di avere la “Nouvelle Vague” nella mia filmografia»
Questa scelta da parte di Godard è stata davvero coraggiosa, nella misura in cui ha vissuto da uomo libero e ha voluto fare anche della morte un momento registico, ossia qualcosa di diretto da lui.
Sicuramente con le recenti morti illustri, pensiamo allo scrittore Javier Marías, solo per citarne uno, abbiamo la continua conferma che il mondo sta cambiando, un’era si chiude e la morte di queste figure culturali di riferimento porta con sé testimonianze, memoria, scritti e opere che rimangono con noi ma allo stesso tempo costituiscono dei testamenti. Ci saranno altri Marías e altri Godard in futuro? Se sì lo sapremo tra qualche anno, nel frattempo la scomparsa di figure che sono state dei pilastri culturali ci fa vacillare un po’, ma finché vi saranno le loro opere questi autori saranno eterni.