Si può definire come una grande favola moderna. Un po’ scandinava, un po’ italica, un po’ mondiale. Nell’aria, echi di collodiana memoria. Peer Gynt ha un che di Pinocchio e un quid di Peter Pan, vive alla giornata tra entusiasmo e marachelle. Veloci, il tempo e le situazioni, gli scorrono davanti. Ma lui resiste, mantiene la sfrontatezza e la goliardìa di eterno ragazzo. Catapultato, disorientato dai forti cambiamenti che la rivoluzione industriale sta determinando nella società. Il 1867, l’anno in cui Henrik Ibsen da forma al personaggio di Peer Gynt e all’omonimo romanzo, è anche l’anno in cui Karl Marx pubblica “Il Capitale”. Opera che esercitò una forte influenza sulla produzione successiva del drammaturgo norvegese.
Partendo da Ibsen e dal suo Peer Gynt, Stefano Sabelli ne ha scritto e diretto un originale adattamento portato in scena a Teatro Basilica dal 2 al 5 giugno. Il titolo “PeerGynTrip” indica il viaggio come filo conduttore di un racconto fiabesco e onirico. Privo di riferimenti a tempo e luogo, anche se dai dialoghi trapelano riferimenti che spaziano dal Grande Nord alla Roma decadente, fino al Mal d’Africa e a orizzonti ben più ampi. Peer Gynt, in fuga dopo la cacciata dal paese natìo, alle radici farà ritorno per celebrare il funerale di se stessò, di un Io che fino alla fine rimane sospeso tra gioco, sentimento, materialismo e gaudentia. In questo periplo immaginifico si infilano una girandola di situazioni e di incontri resa ottimamente, per sfondo e profondità di spazio, dalle scenografie di Francesco Fassone. Tra telai e travi di legno, pelli e pellicce ora sparse a terra ora incernierate in alto da 20 funi. A disegnare scenari in continuo ed elastico divenire. Ibsen e Sabelli mettono a nudo l’uomo, le sue debolezze, le sue contraddizioni. La ricerca spasmodica di un’identità in un mondo sospeso tra passato e futuro. Tra comunità ed edonismo.
Sul palco si alternano gli attori della compagnia “Teatro del Loto”: Eva Sabelli, Gianantonio Martinoni, Bianca Mastromonaco, Matteo Palazzo e Fabrizio Russo. A vestirli i costumi di Martina Eschini.
Una messa in scena dalla grande libertà creativa, con i passaggi decisivi accompagnati da musiche di Grieg, eseguite in live da Piermario Spina. Alternanza di campionature elettroniche, cornamuse, xilofono e zampogne, a cavallo tra Edvard Grieg e moderni motivi di leggera e rock. Note in simbiosi con l’impianto luci curato da Daniele Passeri.
Un gran del lavoro, curato nei dettagli e con molti colpi di scena, che ha fatto sognare per quasi 2 ore e mezza il pubblico del Basilica. Dalla platea sono arrivati fragorosi e convinti applausi.