Marco Belocchi torna in scena al Teatro Ecuba con una pièce da lui scritta e diretta.
Tre monologhi dedicati alle donne e all’amore, anzi alla passione che tanto spesso caratterizza l’amore delle donne.
Tre storie, tre amori diversi, forse quasi delle ossessioni che finiscono per essere la vita stessa dei personaggi, attirando tutto quello che c’è intorno, senza lasciare più nulla, sorta di buco nero emotivo.
In scena tre attrici che ben sanno rappresentare le ossessioni dei loro personaggi, tre personalità diverse , anzi diversissime, che sanno dar vita sul palcoscenico alle mille sfaccettature del carattere femminile.
Nel primo monologo (scritto in collaborazione con Bianca Pesce), Maria Teresa Pintus si trasforma ne l’attrice, narcisista, incapace di concepire altra vita al di fuori delle sue tournées, contenta di essere ammirata, ma malinconica in quel suo eterno girovagare. Non può fermarsi e così continua a trascinare i suoi grandi baul,i pieni di abiti di scena, che sembrano essere l’unica cosa che le dà gioia, una sorta di scrigno magico che racchiude tutto il suo mondo e che sono la via di fuga da una realtà troppo banale. La rappresentazione visiva della fatica di vivere.
E di via di fuga si parla in tutte le storie. Queste tre donne si buttano a capo fitto in quello che hanno scelto di fare e lo trasformano nella loro ragione di vita.
Così succede anche per la santa, una Valentina Maselli appassionata, che tocca le corde emotive degli spettatori parlando di guerra e di disastro nucleare…… un brivido corre nella sala e certo questo testo acquista oggi un’attualità che non avremmo voluto dargli.
La religione è in questo caso la protezione contro un mondo crudele ed aggressivo. La protagonista non ha i mezzi per fronteggiarlo e sceglie quindi di ritirarsi in un convento di clausura, salvo poi ritrovare gli stessi meccanismi a cui aveva voluto sfuggire….. l’umanità che ci segue ovunque. Fino alla distruzione finale e all’appassionato dialogo con un Dio che assiste muto… un momento che Valentina Maselli sa rendere estremamente emotivo.
Ultima ma non ultima, Tania Lettieri, la puttana, divertente, scoppiettante ed ironica, racconta in versi scanditi da un italiano antico la vita di una puttana, la libertà di chi guadagna con il proprio corpo e sceglie di usare la sua profonda conoscenza dell’animo maschile, sfruttandone le debolezze, blandendo e assecondandone i desideri.
Tania Lettieri riesce a toccare tutte le corde dell’intrattenimento, amoreggiando e flirtando con autoironia, in una lezione di vita e di conoscenza della natura umana.
Alla fine ci appare, delle tre, l’unica donna padrona della sua vita, l’unica combattiva che non si arrende alle carte non troppo buone che la vita le ha dato.
L’attrice e la santa rimangono invece prigioniere delle loro debolezze, le vedono, per un attimo sembrano esserne consapevoli , soprattutto la santa, ma ormai è troppo tardi per mostrare il coraggio di vivere una vita diversa.
Uno spettacolo incredibilmente attuale che, alla vigilia della festa della donna ne celebra le tante anime, mentre l’irrompere sul palco di una guerra nucleare che ha ucciso tutta l’umanità ci riporta ad un incubo fin troppo presente nella nostra realtà.
I costumi di Maria Letizia Avato vestono in maniera perfetta le diverse personalità dei personaggi, così come le scene essenziali ma significative, adatte a mettere in risalto i monologhi.
Le musiche originali di Fabio Bianchini sottolineano i momenti più emotivi e aiutano a creare tre atmosfere diverse per ogni donna.
Si replica, sempre al Teatro Ecuba (Via Placido Martini, 7) venerdì 11/3 ore 21.00, sabato 12/3 ore 21.00 e domenica 13/3 ore 17.30