5° Edizione del Festival Falastin.

Quando l’arte e la cultura rappresentano un ponte per la pace

Dal 18 al 22 settembre a Roma, nei locali de Lo Spiegone & Cieloterra, sito in Via di Portonaccio n. 23 (inizialmente previsto nei Giardini del Verano, è stato spostato per le possibili condizioni meteorologiche avverse), avrà luogo la 5° Edizione del Festival Falastin – Festival della cultura palestinese in Italia (المهرجان الخامس للثقافة الفلسطينية في إيطاليا), organizzato dalla Comunità palestinese d’Italia e dall’Associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese.

La Dakba, la danza della resistenza palestinese

Sarà una edizione davvero ricca di incontri di Arte, Cultura, Cinema, Letture, Dibattiti, Musica, Dabka, Artigianato, Mostre Fotografiche, Cucina.

Sono previste 5 giornate a tema con una serie di eventi concatenati e con la partecipazione di importanti personalità del mondo palestinese, italiano e internazionale.

La prima giornata di mercoledì 18 settembre avrà come tema:

 “I giovani e la solidarietà, contro il genocidio”, con l’inaugurazione a cui saranno presenti i Presidenti delle due Associazioni organizzatrici, Il Presidente del II Municipio di Roma Capitale e tanti altri personaggi di spicco come, per esempio, l’attore e regista Moni Ovadia.

Oltre all’atteso dibattito sul ruolo dei giovani e degli studenti nella solidarietà con la Palestina e al momento dedicato alla Danza tradizionale, la Dabka, sarà presentato il libro Il 7 ottobre tra verità e propaganda” di Roberto Iannuzzi e sarà proiettato il film “Private” di Saverio Costanzo.

La seconda giornata di giovedì 19 settembre sarà dedicata al tema: La Palestina e il mondo sanitario e scientifico, incentrato sulla situazione drammatica dei Sanitari nella striscia di Gaza.

Sarà presentato, inoltre, il libro “La Terra più amata“, curato da Tommaso Di Francesco, Wassim Dahmash e Pino Blasone e si terrà un interessante dibattito sull’Informazione italiana e la Questione palestinese con professionisti del settore. La giornata si concluderà con il concerto del Gruppo Nuel Curandero di Roma.

Nella terza giornata prevista per venerdì 20 settembre il tema portante sarà: Dove va il Medioriente?

Ad un incontro politico relativo al Movimento Italiano di solidarietà con la Palestina, seguirà la Presentazione del libro: “Il Gol lo dedico a Bush” di Max Civili, un momento dedicato alla danza popolare, la Dabka, e il Dibattito sul tema della giornata a cui interverranno:

Faisal Aranky, membro Comitato Esecutivo OLP e Presidente del Dipartimento Espatriati palestinesi nel mondo – Ramallah; 

Abeer Odeh, Ambasciatrice dello Stato di Palestina in Italia;

Enas Sayed Mekkawy, Ambasciatrice della Lega Araba a Roma;

Hussein Abdelkhaliq, Già Ambasciatore Palestina c/o Lega Araba.

La serata sarà coclusa dal gruppo hip hop italiano di Roma Assalti Frontali.

Nella quarta giornata di sabato 21 settembre il tema sarà: L’Italia, l’Europa e la Questione palestinese.

La nota attivista ed europarlamentare Luisa Morgantini, presenterà la campagna Faz3a Italia, un’iniziativa guidata dai palestinesi per rispondere alla terribile necessità di organizzare sul campo la protezione civile internazionale dalla violenza israeliana. Seguirà la presentazione del libro: “Palestina-Israele, parole di Donne”, curato da Alessandra Mecozzi e Gabriella Rossetti, quindi ci sarà il Dibattito, sempre moderato dalla Morgantini, L’Italia, l’Europa e la Questione palestinese: il riconoscimento dello Stato di Palestina, a cui sarà di nuovo presente, fra gli altri, l’Ambasciatrice Palestinese in Italia Abeer Odeh.

In chiusura il Concerto del Gruppo musicale RESFEBER di Bologna.

Nella giornata conclusiva di domenica 22 settembre il tema portante sarà: I Palestinesi e la Palestina.

Nella mattinata si svolgerà l’Incontro con le Comunità Palestinesi d’Italia, presso l’Ambasciata Palestinese a Roma, mentre nel pomeriggio è previsto, nuovamente nella sede del Festival, l’Incontro con la delegazione italiana di ritorno da Sabra e Shatila.

Successivamente avrà luogo un momento poetico, Poeti e poesie per la pace: Voci di-versi, voci vicine con la partecipazione straordinaria di Murad Sudani, Presidente Unione Generale Scrittori Palestinesi, con la Musica di Francesco Tomaino che presenterà in anteprima il suo brano “Gaza”.

Dopo un momento musicale dedicato alla danza popolare palestinese, la Dabka, verranno presentati i libri: “La Vita come dovrebbe essere” di Ahmad Rafiq Awad e “Ragazzo di Serie B” di Odeh Amarneh.

La serata finale prevede anche la rappresentazione dell’Opera teatrale: “La terra delle arance tristi” di Ghassan Kanafani, recitata dell’attore Omar Suleiman (Napoli).

Il Falastin si concluderà con il Concerto del Gruppo Amal Murcus (Kfar Yasef, Alta Galilea)

Oggi più che mai la Palestina ha bisogno di sostegno, adesso è l’occasione per tendergli la mano, per partecipare con la loro comunità anche a una circostanza di Festa, di condivisione, di riflessione, di dibattito, perché come sostiene il Dr. Yousef Salman, Presidente della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio:

«Le lotte, la resistenza dei popoli oppressi e la solidarietà degli uomini e dei popoli che lottano in ogni parte del mondo per la libertà, la giustizia e la pace non sono mai state invano.

A prescindere da tutti gli scenari, il popolo palestinese non lascerà la sua terra e continuerà la sua resistenza (che ormai ha superato il secolo); e prima o poi ce la farà ad avere la sua pace, la giustizia e la realizzazione dei suoi legittimi diritti, sulla base delle risoluzioni dell’ONU e della legalità internazionale.

Questo lo dice e lo conferma la storia: L’Algeria, il Vietnam, il Cile…: perché non è mai stato sconfitto nella storia un popolo che lotta per la libertà e la giustizia.

Insieme per un mondo diverso, più civile e più giusto».

Lo spirito del Festival Falastin è quello di un momento magico di condivisione con i palestinesi immigrati, con gli amici italiani e con tutti gli stranieri che vogliono partecipare alla manifestazione. È l’occasione per mostrare la cultura, letteraria, musicale, gastronomica, tradizionale di un popolo oppresso, è un luogo di apertura verso l’altro che lo vuole conoscere, un posto dove poter parlare di bellezza. I palestinesi non sono solo guerra e morte, loro sono anche molto altro, anche se nell’impossibilità di essere se stessi, spesso non vengono percepiti come esseri che nascono, crescono, vivono le proprie emozioni, perseguono i loro obiettivi personali, raggiungono mete, creano arte, opere, bellezza.

Sono il popolo colorato che nei colori ci mostra il suo carattere.

I colori naturalmente sono quelli della bandiera della Palestina, le tre strisce orizzontali nero, bianco e verde che, come molti sanno, rappresentano i califfati abbaside, omayyade e fatimide del mondo arabo, con il triangolo isoscele rosso sovrapposto a sinistra.

I colori dovrebbero rispettivamente rappresentare il sangue versato per liberare il paese (rosso), la tristezza e il dolore provato durante il periodo dell’occupazione israeliana (nero), la pace del popolo palestinese prima dell’occupazione (bianco) e infine la terra della Palestina (verde).

Mi piace riconoscere la nascita di questi colori da uno scritto della “Giovane Società Araba” -“Il Terzo Grido”: «La Pace sia con te, nostra Nazione, Pace. Possa la rettitudine proteggere la nostra Nazione nell’oscurità della notte, nel candore della coscienza e nel verde della speranza certa».

Ma di certo quando vesto i miei abiti da Scrittrice di Fiabe preferisco pensare ai colori degli abiti tradizionali della terra di Palestina.

Il loro capo di abbigliamento più noto nel mondo è la Kuffiyeh, che è diventato simbolo della resistenza palestinese e di solidarietà nei confronti degli arabi, ma che veniva indossato dai contadini palestinesi, legato attorno alla testa per proteggersi dal sole, elegante e semplice, fermato dal tipico cordone nero che si chiama Igal.

Un altro importante abito policromo, abbellito da una cintura e usato per i matrimoni, è il thob, che è molto antico, nato addirittura circa 5000 anni fa. Ad esso poi sono stati aggiunti ricami in seta o cotone, motivi floreali, che sono differenti in ogni città o villaggio e aiutano a risalire alla provenienza delle persone. È un simbolo per le donne palestinesi: ricordo come dopo la prima intifada, non potendo più usare bandiere, simboli e colori tradizionali, molte donne hanno cominciato a ricamarci sopra i simboli nazionali proibiti, come segno di protesta.

Per quanto riguarda la danza, io amo particolarmente la Dabka anche perché è diventata simbolo della resistenza palestinese. Nata come danza popolare tradizionale della regione del Levante, si balla nelle feste, nei matrimoni, nei compleanni. Dabka significa “battere i piedi”, infatti i ballerini battono i piedi componendo linee e cerchi associati a calci e vortici. Deriva dai riti fenici per far crescere le piante, nei quali si battevano i piedi per spaventare le forze del diavolo e proteggere la crescita delle piante, ora si battono i piedi per scacciare il diavolo invasore.

Le femmine vestono lunghi abiti ricamati e i maschi scarpe in pelle e pantaloni con cinture larghe. 

Per quanto concerne la musica palestinese che accompagna danze folcloristiche palestinesi come la Dabka, essa riflette la vita palestinese e il suo patrimonio.  Le danze di solito sono parte integrante di ogni opera teatrale e comunque rappresentano quella resistenza culturale che consiste nel praticare la cultura per contestare e combattere il potere, contribuendo a costruire una visione diversa del mondo da quella ufficiale.

E anche la Poesia è importante per il Popolo Palestinese, perché rappresenta un modo per difendere la propria patria senza armi, o meglio utilizzando le pallottole della parola, il proiettile della denuncia, il cannone della scrittura.

Il Poeta Palestinese Odeh Amarneh cita spesso Jabrā Ibrāhīm Jabrā, poeta, critico letterario e traduttore palestinese, che affermava «tutti i palestinesi sono per natura poeti. Forse non scrivono poesie, ma sono poeti, perché conoscono due cose importanti: la bellezza della natura e la tragedia. Chi associa queste due cose non può che essere un poeta».

Sempre Amarneh ha affermato che la Palestina è la terra dei poeti. Senza ombra di dubbio la poesia aiuta a bilanciare la falsificazione della verità che operano i vincitori. Da un centinaio d’anni il popolo palestinese è soverchiato dall’ingiustizia, perciò la letteratura della resistenza continua ad avere una forte presenza nella produzione letteraria popolare. Anche se in Palestina scrivere Poesia non è un gioco fine a se stesso: il Poeta rischia per la propria sicurezza e incolumità. Molti sono gli autori che hanno subito persecuzione, violenza, carcere, esilio. E soprattutto non si tratta di un fenomeno elitario, ma è una pratica popolare perché raggiunge tutti, indistintamente, consente al popolo e non solo ai letterati, di gridare la propria sofferenza, di urlare l’ingiustizia che subisce il Paese, ogni bambino, ogni giovane, ogni adulto, ogni anziano e naturalmente ogni donna come individuo e come madre. Il linguaggio è il più semplice possibile perché possa raggiugere ogni essere e il cuore di tutti.

Questa manifestazione sarà anche l’occasione per far conoscere la cucina palestinese, un mix nato dalla fusione delle culture di arabi, persiani e turchi. Sicuramente noi italiani amiano i condimenti a base di olio di oliva e forse le spezie come cumino e curcuma con cui la cucina palestinese aggiunge aroma e sapore al cibo e la frutta secca come mandorle, pistacchi, noci, oppure il cuscus palestinese che si chima Maftul e il purè di ceci, chiamato anche in Italia Humus. Poi, ormai nel nostro Paese sono diffuse anche le polpette fritte di ceci Falafel, e io amo anche il purè di melanzane e spezie, Baba ganush. Per non parlare degli ottimi dolci come il Knafeh, fatto di pasta sfoglia farcita con formaggio dolce, pistacchi e bagnata nel miele, o la Helbah, a base di semolino e soprattutto il Baklava, un dolce a base di pasta fillo e frutta secca intriso con un goloso sciroppo di miele.

In queste giornate di festa, dunque, il clima sarà all’insegna della gioia, della musica, del ballo, della bellezza e della dolcezza, perché come afferma la Poetessa italiana Elisabetta Pamela Petrolati – che peraltro sarà moderatrice della parte poetica dell’ultima giornata insieme a Odeh Amarneh – nella parte finale di una poesia tratta dal suo ultimo libro “Sull’orlo dell’amore” (Calamus, 2024):

…Non si vive più in Palestina/eppure nessun palestinese/è disposto a far morire/la Palestina/i morti risorgono ogni giorno/in altri morti perché/si muore in Palestina/si muore per la Palestina/si muore di Palestina/ma nessuno può cancellare/il nome PALESTINA

Il programma completo al link:

https://lefiabedipatriziaboi.blogspot.com/2024/09/programma-festival-falastin-2024.html

N.B: L’evento è stato spostato nei locali de Lo Spiegone & Cieloterra, sito in Via di Portonaccio n. 23 (inizialmente previsto nei Giardini del Verano, è stato spostato per le possibili condizioni meteorologiche avverse)

Foto di copertina: Donne indossano il thobe, abito tradizionale Palestinese