14- Wo(Man): la ferocia del femminile

Nella giornata di mercoledì 7 dicembre si è tenuta presso la Casa del Cinema una proiezione di 14-Wo(Man) in ricordo del regista, cinefilo, produttore e sceneggiatore Michele De Angelis, scomparso prematuramente lo scorso ottobre. L’autore dell’opera Paolo Vanacore ne ha onorato la memoria presentando in esclusiva il file su cui il regista stava lavorando, quello stesso file che era stato pensato per essere proiettato nella sala della Casa del Cinema, là dove alla fine è riuscito ad arrivare.

Il cortometraggio di Michele De Angelis è l’adattamento cinematografico dell’omonima pièce teatrale di Paolo Vanacore, interpretata sia sul palco sia sullo schermo dalla magnetica Carmen Di Marzo. La storia è liberamente ispirata alla vicenda di cronaca nera che interessa Joanna Dennehy (Giovanna Denne nell’adattamento italiano), autrice di una serie di omicidi avvenuti a novembre 2013 nella periferia inglese di Peterborough.

Gli omicidi mettono in atto un enigmatico rovesciamento del femminicidio: gli uomini vengono uccisi per la loro appartenenza al genere maschile e questo rende la donna più forte e dominante. Giovanna seduce gli uomini, li avvicina, li ammalia e si impossessa con violenza del loro corpo; il sangue, le lacrime e la paura delle sue vittime la eccitano e la trasformano a sua volta in un uomo. L’uso del termine wo(man) nel titolo connota significativamente l’identità della protagonista: è una donna nell’aspetto ma un uomo nelle azioni. Si fa dunque riferimento a un ancestrale sistema di valori che vuole la donna bella e ammaliatrice e l’uomo bruto e feroce.

Giovanna è entrambe le cose. O forse nessuna delle due. Il corpo stanco, trincerato dietro le sbarre di una prigione rivela una persona stanca e svuotata della sua essenza: non ha più nulla che la identifichi come donna o uomo. Nemmeno le sue azioni hanno più senso. Quando spiega il perché delle sue decisioni lascia intendere che non ci siano vere motivazioni; nulla l’ha ispirata se non il desiderio di essere vista e ammirata. Di lei non resterà niente oltre ai like e alle condivisioni sui social. Secondo la visione dell’autore l’opera non resta distante dal dibattito presente sui “quindici minuti di celebrità” che il mondo dei social sostiene e promuove.

Nell’era di internet se non si dice, se non si espone qualcosa, quel qualcosa non esiste e non è mai avvenuto. Giovanna non viene assolta e la sua malvagità non viene mai messa in dubbio. Ma 14-Wo(Man) non si ferma nemmeno a dipingere una figura cattiva e temibile, anzi, ne analizza le caratteristiche più intrinseche e meno evidenti. Lo si evince nella scena in cui Giovanna rivede se stessa nella figlia di una delle sue vittime. Si specchia negli occhi di una bambina sola, triste eppure coraggiosa; si rivede nell’unica figura innocente, la bontà personificata. Questo permette di vedere la criminale sotto una luce diversa, la bambina prima della donna.

14 è infine l’ossessione: di vincere, di essere vista e ammirata, di ottenere ciò che si pensa di meritare. Quattordici sono le gocce di sangue che sgorgano dalle vittime, quattordici sono i brani composti per l’opera da Alessandro Panattieri e quattordici i minuti di musica della colonna sonora. Il numero ricorre spesso nella vita della protagonista e non a caso, in termini esoterici, il quattordici è un numero legato all’ossessione, all’eccesso e allo squilibrio mentale.

Giovanna è dunque una e doppia: è maschile e femminile; bambina e donna; innocente e sensuale; in cerca d’amore e dispensatrice di morte. L’immagine eterea della donna-angelo viene scardinata con feroce violenza, senza rimorsi e senza futili ornamenti. All’interno di un cast di attori d’eccellenza (Pietro De SilvaRosario PetixAriele Vincenti, Antonello Pascale), infine, spicca per le sue doti recitative Carmen Di Marzio che assume l’arduo compito di condensare in sé le molteplici sfaccettature di questa donna tanto affascinante quanto pericolosa, riuscendo brillantemente a restituirne al pubblico ogni sfumatura.