Un racconto vivido che sonda le ombre e il confine tra tempo dell’individuo e tempo della storia
Troneggia al centro della scena una grande montagna rocciosa, satura lo spazio domestico inglobandolo, risucchiandone i confini dall’interno, trasfigurandolo.
In scena dal 23 al 26 maggio al Teatro India di Roma, Il tempo attorno attinge a piene mani dalla vicenda biografica di Giuliano Scarpinato, suo regista e autore affacciandosi vertiginosamente sull’oscuro tempo storico che a partire dagli anni ottanta viene irrorato dagli attentati terroristico-mafiosi fino a giungere alle diverse fasi del processo Andreotti.
Al centro, incastrata nel tempo storico, una famiglia. Una coppia di magistrati, la cui storia è destinata ad annaspare sotto la pressa dell’incarico pubblico, e loro figlio che inesorabilmente e senza compromessi assiste alla dolorosa frattura che recide la sua infanzia.
Sul corto circuito della cronistoria
Il gigantesco volto di Giulio Andreotti riempie il fondale, la sua voce proviene dal 2008, il 2 novembre, quando colto da un malore, si immobilizzò di colpo nel corso della trasmissione “Questa Domenica”.
Così come imponente, il noto episodio si rovescia sugli occhi degli spettatori, questo precipita su quelli di Benedetto ( Emanuele del Castillo) che negli occhi svuotati dell’allora presidente, legge il suo vuoto e riceve l’ennesima e cruciale conferma di quanto la fattualità esterna, abbia compromesso la sfera interna, l’intimità dei legami, i tempi delle sue scoperte.
Ogni data storica si sovrappone alla data interiore, agglomerandola. Ogni data è un taglio e non può attuarsi se non nel costante contatto con ciò che accade fuori.
Così il tempo della scena inizia dalla fine, da ciò che è rimasto, dalla presa di coscienza; e ciò che è accaduto deve ancora arrivare. A preannunciarlo sono gli occhi di un ragazzo che proprio dall’epilogo sceglie di partire per raccontare la fine della sua infanzia.
All’inizio degli anni 1980 quel ragazzo non era ancora nato, e nel repentino passaggio di un flashback gli eventi si spingono lì, quando decise di venire al mondo in uno sperduto paesino delle Madonie – perché la storia qui procede a saltelloni, siamo a teatro.
E ancora, la stessa voce fuori campo annuncia che il tempo nuovamente è cambiato, che siamo negli anni Novanta, e Benedetto guarda i cartoni animati in televisione, ma non può non percepire le voci dei genitori che tra una sigla e l’altra, parlano di Giovanni Falcone. Quelle voci non possono che sovrapporsi, non possono che risuonare unitamente. Così come la montagna di roccia, che è casa e pulpito del magistrato, allo stesso tempo.
La ballata delle vite interrotte
Sull’interruzione e sui suoi cataclismi va strutturandosi la natura della storia, che è poi visceralmente connessa con quella della Storia con la S maiuscola. E ancora, è l’interruzione a fare da detonatore per la melodia dolce-amara che permea gli eventi. Così si racconta della passione, e di come la storia può essere il pugnale che attenta la sua linfa, dei sogni puri della vita precedente agli eventi e del loro riaffacciarsi come ombre nostalgiche a distanza di anni, della scoperta glaciale della morte e del suo legame irriducibile con l’amore. Così ogni personaggio è una stanza, e la vita è la ballata che in equilibrio precario e straordinariamente sembra contenerle tutte.
Se per Benedetto l’idea della morte era diventata di casa, iniziando a consolidarsi a partire dall’annuncio dell’attentato e della morte di Giovanni Falcone e di Francesca Morvillo; per suo padre si manifesta nella confusa angoscia e nel lavoro ossessivo che arrivano a compenetrarlo nel corso del processo ad Andreotti, per sua madre nell’abbandono e nella trascuratezza che la avvolgono nell’atto di delicata collisione degli eventi. Ma ad essere colpite sono anche le esistenze di De Piccolo e Mansueto, i due agenti della scorta che, nell’acutezza accesa dei loro confronti, arrivano parallelamente a riconoscersi come parte di un universale senso di consapevolezza.
Ma a volte da una cosa oscena, esecrabile, orrenda agli occhi di tutti, ne accade una bella per pochi e forse è la collisione, l’impatto con le cose- pur irreversibile e doloroso – a permetterci di gioire per e sebbene l’esistenza. È bello tribolare ancora, vivi non solo ricordati.
Il tempo attorno di Giuliano Scarpinato – ideazione, regia e drammaturgia Giuliano Scarpinato – supervisione del testo Lucia Calamaro – con Roberta Caronia, Giandomenico Cupaiuolo, Emanuele Del Castillo, Alessio Barone, Gaetano Migliaccio – scene Diana Ciufo – costumi Dora Argento – suono e luci Giacomo Agnifili – assistente alla regia Adele di Bella – produzione Teatro Biondo di Palermo – Teatro India dal 23 al 26 maggio 2024