di Miriam Bocchino
È in selezione ufficiale nella sezione “Orizzonti” della 77a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia il lungometraggio “Selva Trágica” della regista messicana Yulene Olaizola.
L’opera è ambientata nei primi anni Venti del ‘900 a Rio Hondo, frontiera fra il Messico e l’Honduras britannico (oggi Belize). Il territorio è dominato dalla giungla più selvaggia, con la sola presenza degli estrattori di gomma che vi trascorrono almeno otto mesi l’anno, tra i rumori della natura, nefasti e propizi allo stesso tempo. La fotografia nel film (Sof a Oggioni) consente di osservare la magnificenza del paesaggio, imperituro nella sua bellezza.
La natura sembra dominare le esistenze dei suoi “abitanti”, apparentemente inconsapevoli delle loro fragilità.
La debolezza si manifesta con l’arrivo di Agnes (Indira Andrewin), una fanciulla fuggita nella giungla per impedire il suo matrimonio con un uomo inglese (Dale Carley).
A seguito dell’assassinio dei suoi accompagnatori, Florencia (Shantai Obispo) e Norm (Nedal McLaren), la giovane si ritrova a vagare nella foresta incontaminata fino a incontrare i raccoglitori di gomma (Gilberto Barraza, Mariano Tun Xool, Lázaro Gabino Rodríguez, Eligio Meléndez, Eliseo Mancilla de la Cruz, José Alfredo González Dzul, Antonio Tun Xool, Marcelino Coba Flota, Gildon Rowland, Mario Canché Pat, Guillermo Muro Cárdenas).
Gli uomini decidono di tenerla con sé e Agnes, dalle vesti candide, simulacro della sua verginità, si ritrova in balia dei desideri più reconditi suscitando il “grido” della giungla che si ribella alla malvagità degli esseri umani.
Ma chi è alla mercé dell’altro, la ragazza o gli uomini che la tengono prigioniera?
La ragione inizia a vacillare con l’arrivo di Agnes. La fanciulla, che diviene per gli uomini incarnazione di Xtabay (leggenda maya su un demone femminile di incomparabile bellezza che attira gli uomini nella foresta per condurli alla morte), è portatrice di un’ossessione che condurrà a un fato avverso e maligno.
La natura, difatti, ristabilisce il suo predominio e la foresta ritorna placida nella sua stasi apparente.
“Quando cammini nella selva devi sempre andare in silenzio. Non ti fermare ad osservare le cose della giungla. Se senti una voce dietro di te non girare la testa per guardare. Voglia la tua sorte che colei che temi e desideri non appaia dinnanzi ai tuoi passi.”
“Selva Trágica” consente di osservare come le pulsazioni e i conflitti possano condurre alla follia, lasciando gli individui persi nei meandri più oscuri dei propri istinti primordiali.
Il lungometraggio si avvale della musica di Alejandro Otaola che, in connubio con i suoni della giungla, enfatizza il lato mistico della narrazione. Le leggende e i simboli diventano, nell’opera, essenziali per l’esistenza degli uomini che da sempre vivono in eterno conflitto con le loro fragilità.