Scene di vita a colpi di pennello

Il Teatro del Giglio di Lucca apre la stagione operistica con il riallestimento della produzione de La bohème dell’edizione 2015 del Ravenna Festival

Mentre in Italia gli strascichi del caldo estivo stentano ad andarsene, venerdì 20 ottobre il Teatro del Giglio di Lucca ci ha rinfrescato con una visita alla fredda soffitta parigina de La bohème di Giacomo Puccini, in compagnia di Rodolfo e i suoi colleghi artisti.

Alessio Scotto di Luzio (Rodolfo) e Vittoria Manganello (Mimì)

Proprio in quella soffitta la scenografia, prevalentemente realizzata tramite proiezione dalla regista Cristina Mazzavillani Muti insieme a David Loom e Davide Broccoli, mette in mostra precocemente la sua oculata qualità. Le vedute proiettate sulle quinte, che alternano temi pittorici fortemente variegati spaziando dallo yamato-e giapponese all’action painting, trasfigurano morbidamente in sintonia con l’atmosfera dell’ambiente, tanto climatica quanto emotiva, vissuta dai personaggi. Il momento di massimo calore cromatico dominato dal rosso entra così in armonioso dialogo col fuoco dalle esalazioni profumate acceso al centro del palcoscenico, per una massima resa dell’effimero senso di benessere provocato dall’inaspettato, quanto transitorio, ingaggio di Schaunard.

Sullo sfondo della soffitta domina la sola finestra presente, non soltanto unica apertura verso l’esterno, ma, qualità conferitagli dalla forma ovale, già occhio indagatore che scruta l’interno dell’ambiente e dell’animo dei personaggi che la popolano. Tale formato rispecchia (conducendo ancora a riflessioni ontologiche sullo statuto della finestra come dispositivo di sguardo, apertura su un altro spazio-tempo o superficie riflettente) le condizioni di Mimì, stringendosi progressivamente nel corso dell’opera fino alla sua chiusura completa con la morte della protagonista. Prima istanza di una resa scenica strettamente legata al destino della ragazza, che prosegue quando si nasconderà nella fitta nevicata della fredda mattina di febbraio del terzo quadro, mentre origlia la conversazione tra Rodolfo e Marcello. Nella penombra delle quinte Mimì, vestita di scuro, si confonde nella tormenta senza venirne sovrastata, divenendone parte e quasi dissolvendosi in essa, come se il freddo e la malattia la stessero già strappando via dalla scena e dall’esistenza, confermando quel legame simbiotico tra la giovane e l’allestimento scenico. Quello che la tormenta non riesce a portare via è la notevole performance del soprano Vittoria Magnarello, la cui voce tutto fa tranne che confondersi e sparire.

La suggestiva ricerca della chiave persa da Mimì nell’appartamento dei bohémien acquista un’atmosfera da mille e una notte con le scure sagome dei due personaggi che carponi si muovono su uno sfondo blu intenso, seguita dall’incontro delle mani dei due, improvvisamente illuminate da una stretta luce perpendicolare, fino alla conclusione del duetto “O soave fanciulla” sotto una brillante luna concessa da quell’”insiodiosa” finestra, che decide di svanire, conferendo quasi un gusto esotico all’idillio d’amore.

La regia dell’opera all’insegna di una sobria volontà di poliedricità, sottile contaminazione, senza mai infastidire, solo a tratti resa evidente da sporadiche scelte azzardate, passa anche dai costumi dei personaggi, che con disinvoltura attraversano le epoche dando forma ad un’ambientazione senza tempo.

Il contrasto nel quadro finale tra gli abiti in nero dei personaggi, luttuosa premonizione della triste conclusione, e la sottoveste bianca di Mimì, stesa al centro del palco, figura angelica, pura, vittima di una morte innocente, risalta in maniera più potente con quella singola luce, che aveva suggellato l’amore con Rodolfo, ora puntata sulla giovane moribonda.

Alessio Scotto di Luzio (Rodolfo) e Vittoria Manganello (Mimì)

Le quinte indugiano come un iris sull’ultimo straziante abbraccio di Rodolfo al corpo esanime dell’amata, prima di chiudersi definitivamente e poi riaprirsi sulla scena finale, rivelando tutti gli amici statici nella loro ultima posa, inerti, conferma di quella vocazione pittorica in mostra fin dalle prime scene.

La Bohème di Giacomo Puccini – su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica – Una coproduzione Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Amintore Galli di Rimini, Teatro comunale di Ferrara, Teatro Verdi di Pisa – Dirige Nicola Paszkowski – Regia di Cristina Mazzavillani Muti – Con Vittoria Magnarello, Alessia Pintossi, Alessandro Scotto di Luzio, Alessio Arduini, Clemente Antonio Daliotti, Luca Dall’Amico, Fabio Baruzzi, Graziano Dallavalle, Ivan Merlo

Ph. Andrea Simi