“Poema a Fumetti”. Una narrazione bidimensionale controcorrente negli scettici anni Sessanta

di Federica Ranocchia

 

 

Ci ricordiamo di Dino Buzzati per romanzi clamorosi come “Il deserto dei Tartari”, “Un Amore” o per “La Famosa Invasione degli Orsi in Sicilia”. Raramente ricolleghiamo a questo autore uno dei lavori a cui fu più affezionato: “Poema a Fumetti”.

Fingendo che il titolo non lasci intendere la prerogativa grafica che caratterizza questo lavoro, possiamo dire che “Poema a Fumetti” sia esattamente quello che ci si aspetta da un eccellente romanziere che si cimenta nella narrazione affiancata dall’illustrazione. O forse non è semplicemente questo.

La storia che viene raccontata è una rivisitazione in chiave moderna del mito di Orfeo e Euridice, Orfi ed Eura nel riadattamento di Buzzati. La vicenda è nota, i due amanti si trovano separati dalla sentenza suprema della morte, Orfeo sfida la sorte per ricongiungersi con la donna.

Nel suo viaggio, le anime incontrate da Orfi appaiono deboli e affrante perché private di tutti i sentimenti umani in grado di suscitare reazioni emotive: chi è morto non è più in grado di aver paura, è quindi destinato a un’esistenza senza scampo. Privati della stessa libertà di morire, i defunti sono condannati a un “vivere quasi”.

Ritraendo la morte, Buzzati loda le sofferenze e la vita stessa, in un vero e proprio canto interpretato da Orfi. La narrazione, tra una vignetta e l’altra, si compie in un batter d’occhio, ma l’intensità è tale da condensare in questo frangente moltissime questioni del vivere umano.

La predisposizione di Dino Buzzati nel raccontare storie con ogni mezzo a sua disposizione gli ha permesso di concepire invenzioni narrative eccezionali, soprattutto tramite il disegno. Già nel 1945 la pubblicazione periodica de “La Famosa Invasione degli Orsi in Sicilia” venne accompagnata da illustrazioni e nel 1958 inaugurò a Milano la mostra “Le Storie Dipinte”, da qui la probabile intuizione per il poema illustrato.

“Poema a Fumetti” è da considerare come la prima graphic novel pubblicata in Italia, per questo connotata da un potenziale rivoluzionario. Tuttavia, rimane uno dei lavori meno noti e più sottovalutati dell’autore anche a causa della controversa pubblicazione.

L’opera letteraria, grafica, pittorica, fumettistica, o come la si vuol chiamare, era stata terminata più di un anno prima della pubblicazione. Il ritardo non fu intenzione di Buzzati, lui stesso presentò con insistenza il progetto al suo editore Vittorio Sereni nel 1965 quando era poco più di una bozza, ma venne rifiutato. L’opera vide la luce nell’autunno del 1969, a seguito di nuove pressioni avanzate dalla moglie di Buzzati alla Mondadori.

Il motivo dell’iniziale rifiuto di Sereni ancora oggi può sembrare un’inutile resistenza, anche rispetto alla positiva notorietà che Dino Buzzati possedeva all’epoca dei fatti, ma anche lo stesso autore a suo tempo rivelò i sui timori riguardo l’imminente e inevitabile incomprensione che avrebbe generato la pubblicazione del libro.

La stessa complessità che la contraddistingue rese l’opera indecifrabile al pubblico e alla critica: infantilismo, pornografia, oltraggio, un tentativo d’innovazione fallito. I timori erano fondati, “Poema a Fumetti” non ebbe la forza di brillare sotto il fitto strato di polvere accademica di quegli anni, probabilmente perché quest’opera è stata allora e per lungo tempo interpretata come qualcosa che non era e non voleva affatto essere, ovvero: un tentativo di innovazione.

“Poema a Fumetti” fu un azzardo degli anni Sessanta, nonostante ciò, sfogliandone le tavole l’immersione ha inizio: quella rappresentata dall’opera è una vera e propria dichiarazione di poetica, un’eccentrica sperimentazione artistica che interpreta al meglio l’intero universo creativo di Dino Buzzati.

Una piccola news sul mondo buzzatiano: lo scorso 22 maggio è uscito in home video “La Famosa Invasione degli Orsi in Sicilia”, un film d’animazione prodotto da Rai Cinema e diretto dal regista – e fumettista – Lorenzo Mattotti. Il lungometraggio è stato presentato al Festival di Cannes 2019 ottenendo apprezzamento generale.