Migrantes: il meccanismo eterno della migrazione

Due donne, due uomini, un grande stendino che, posto al centro del palco, sembra dividerlo in due parti, due tempi paralleli e distanti: con un’immagine ancora ferma si apre “Migrantes” di Paola Scotto di Tella, liberamente ispirato a “Furore” di John Steinbeck .

Presentato dall’ Associazione Culturale La Scena Corsara presso la Casetta Rossa di Garbatella, lo spettacolo è stato protagonista della quinta serata del Festival Dell’Altra Estate che quest’anno si è posta l’obiettivo di riconsegnare la tensione collettiva di una comunità larga e plurale che di fronte alle ingiustizie non si mette di lato, ma assume la sfida di mettersi di traverso per cambiare il senso ingiusto della Storia che sembra prevalere.

Tra scena e videoproiezione, tra ieri e oggi

Ricorrendo ad una doppia formula stilistica articolata sull’alternanza tra videoproiezione e scena tradizionale, Migrantes si pone come fil rouge in grado di evidenziare la connessione tra il Midwest degli anni Trenta e la condizione migratoria attuale.

“Quando vivevo in Bangladesh era come se vivessi con gli occhi chiusi”– a parlare è una donna bengalese. La sua intervista, svolta dalla regista presso la Biblioteca Cittadini del Mondo, è testimonianza diretta inserita nel breve video che- preludio dello spettacolo- intende descrivere la natura della crisi climatica del Bangladesh. Una terra ormai arida, che offre la migrazione come sola alternativa di salvezza.

“C’era polvere dappertutto, anche negli occhi delle persone”

Il suono di una chitarra suggerisce il passaggio alla scena. A distanza di anni l’iter si ripete, la famiglia Joad fugge dall’Oklahoma in seguito alla Grande Depressione: la terra non rende più, gli uomini se ne stavano appoggiati alle staccionate e vedevano il mail rovinarsi, la fuga è l’unica scelta possibile.

Migrantes: Francesca Carocci nel ruolo di Rose

Migrantes: dalla scena alla storia

C’è Tom appoggiato alla staccionata, Tom Joad (Lorenzo Guerrieri) che, appena uscito di prigione, si rivolge all’amico Casey (Bernardo Nardini) Casey il predicatore non predica più, non parla più per giunta: in lui la disperazione trova eco solo nelle note di una chitarra. E poi c’è Ma'( Paola Scotto di Tella), sulle sue spalle il peso ormai insorreggibile di una famiglia che non ha più niente. Ma’ che è lo scheletro della famiglia, Ma’ che mentre fa il bucato, è costretta a prendere decisioni importanti. Quegli uomini hanno delle macchine enormi, hanno detto che la terra non rende più. Loro dovranno andarsene, lei, Tom, Rose (Francesca Carocci) e il predicatore Casey. Con pochi mezzi, per inseguire un miraggio: il sogno californiano.

E ancora, dalla scena al repertorio. Ricorrendo nuovamente alla videoproiezione lo spettacolo si arresta e lascia spazio a immagini reali risalenti alla crisi americana del 1929, poi a immagini cinematografiche tratte dal film “Furore” (1940) di John Ford con Henry Fonda nel ruolo di Tom.

Una migrazione come metafora di infinite migrazioni, una famiglia che si fa personificazione di miriadi di altre famiglie. Ed ecco i volti dei migranti durante uno sbarco a Lampedusa, poi l’intervista a un ragazzo migrante intento a lavorare nella raccolta dei pomodori, e ancora la Crisi dell’Equador. L’iter della sofferenza si ripete, sempre ancorato agli stessi meccanismi di esclusione, ai medesimi automatismi di sfruttamento. Dappertutto e in un solo luogo.

Migrantes: il sogno californiano

Migrantes: la musica-personaggio

Non mero accompagnamento ma personaggio autonomo, la musica assurge ad un ruolo cruciale nel corso della rappresentazione. Oltre a rivestire un ruolo chiave funzionale al passaggio dall’una all’altra forma di rappresentazione, la colonna sonora- musica originale di Bernardo Nardini- va a costituire l’unica forma linguistica attraverso cui il personaggio di Casey sceglie di comunicare. Collante nel flusso degli avvenimenti, riveste una funzione narrativa essenziale nell’evocazione delle atmosfere pari a quello della drammaturgia stessa. Accompagna il ritmo struggente di un dialogo tra madre e figlio, la disperazione di una ragazza incinta costretta a svendere per pochi spiccioli il suo abito da sposa, il senso di frustrazione che si origina in una famiglia che, disperata, inventa sempre nuovi mezzi per la sopravvivenza.

“Ci chiamano sporchi ochi, dicono che portiamo le malattie e che portiamo via il lavoro”

È la colonna sonora di uno sfruttamento, una storia sempre uguale a se stessa dove per un’offerta di braccianti molto superiore alla richiesta, gli immigrati furono e sono costretti ad accettare condizioni economiche disumane. Dove il meccanismo ha delle falle e il pensiero rimane ancorato alla dinamica della sopraffazione.

Migrantes” di Paola Scotto di Tella, liberamente ispirato a “Furore” di John Steinbeck – Con Lorenzo GuerrieriBernardo NardiniPaola Scotto di TellaFrancesca CarocciFestival Altra Estate – 10 luglio