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Liliana: storia di una donna che ha fatto la Storia

La quarta giornata riserva un documentario sulla vita di Liliana Segre e sul trauma delle seconde e terze generazioni 

Liliana è un documentario di Ruggero Gabbai che ripercorre tutta la straordinaria vita di Liliana Segre. Non solo quindi la tragica testimonianza della Shoah, impressa indelebilmente nelle coscienze, ma tutto ciò che lei ha successivamente costruito e tramandato. I figli e i nipoti, l’impegno con gli studenti e con il comune di Milano per la creazione del memoriale. La nomina a senatrice a vita. Il suo impegno sociale, costante e faticoso, come personaggio pubblico, con i rischi che ne derivano.

Liliana Segre e Sergio Mattarella

Per realizzare questo documentario il regista ha attinto da un grande archivio dedicato alle testimonianze dei sopravvissuti, tra cui diverse ore esclusive di Liliana Segre. La continua alternanza tra il racconto dei fatti strettamenti legati alla deportazione tramite le registrazioni di un tempo e Liliana Segre oggi è ancora più toccante. Rimane impressa l’idea di un tempo che scorre, portandosi dietro e dentro tutta la storia. E la sua è una storia di sopravvivenza, di resistenza, d’amore e di vita. L’aggiunta di una colonna sonora e un montaggio di ottima qualità lo rendono un prodotto che rapisce completamente anima e corpo di chi guarda.

Liliana Segre ha concesso, da quando decise di testimoniare per la prima volta, molti incontri in cui ha raccontato la sua storia. Incontri strazianti che non lasciavano spazio a nient’altro. Un silenzio essenziale. Ma a questi si aggiunge, a novantatre anni, l’intera storia di una donna. Gli eventi inenarrabili che ha dovuto subire rimangono e rimarranno sempre impressi nella sua identità. 

Ma Liliana si ricorda ricordata solo per questo. Si ricorda per la generosità e l’impegno sociale. Per il suo ruolo, da senatrice a vita, di protezione e difesa dei diritti umani contro razzismo e antisemitismo. Si ricorda come donna, come madre e come nonna amorevole, generosa e risoluta. Si ricorda come attenta, con un occhio di riguardo verso tutti i giovani, come se il linguaggio dell’empatia e della bontà, in lei fossero transgenerazionali. Semplicemente eterni. La devozione, il rispetto, l’ammirazione che gli studenti provano nei suoi confronti è incontenibile. Liliana è riuscita a entrare nel cuore non solo di chi ha avuto la fortuna di incontrarla, ma di tutte le persone che ha in qualche modo anche solo sfiorato da lontano. 

Una caratteristica particolare del documentario, inedita, che meritava di emergere, è il trauma delle seconde generazioni. Non si può cancellare un trauma da una persona, soprattutto se esso è così lacerante da rimanere incastrato nel profondo, pesante, per quarantacinque anni. Liliana ha provato a proteggere i suoi figli da tutto questo, non raccontando, non spiegando, cercando di seppellire tutto. Loro si ricordano, da bambini, solo le sensazioni che ci fosse qualcosa sotto di inenarrabile. Invece della protezione che a senso unico dovrebbero ricevere i bambini dagli adulti, in questi casi, loro a protezione degli stessi adulti, non chiedono né pretendono. 

Meritevole di attenzione è anche l’impegno di Liliana Segre con Rondine, a cui è stata dedicata una parte della narrazione. Si tratta di un’associazione che riunisce sotto lo stesso tetto persone molto giovani provenienti da paesi in guerra. Israeliani e palestinesi, per prendere un esempio attuale, imparano così a convivere. Lo scopo naturalmente è, attraverso la condivisione di spazio e tempo, momenti di studio, gioco e crescita, andare a smantellare radici di odio e conflitti tramandati da generazioni. Un’operazione nobile, che dona speranza, andando a servirsi proprio del punto di partenza più giusto: l’educazione e la formazione.

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Liliana è un documento preziosissimo donatoci in eredità. Un inno alla pace, all’amore e al rispetto reciproco. Un grido di aiuto contro la guerra e tutto ciò che genera. Un grido di speranza affinché il passato non si dimentichi. Non bastano le parole dei vocabolari di tutte le lingue del mondo per descrivere ciò che è stata la Shoah. Liliana Segre non avrà mai la possibilità di raccontare tutto ciò che la tormenta, dopo ottant’anni di sua storia. Non certo perché la sua generosità riservi il bisogno di custodire una versione privata dei fatti. Ma perché le mancano gli strumenti per poter raccontare. E sicuramente a noi mancano gli strumenti per comprenderlo davvero. Ciò che però abbiamo il dovere di fare, il minimo obbligatorio, è aggrapparci al tesoro di testimonianze faticosamente concesse affinché rimanga scolpito per sempre ciò che fu e che non possiamo permettere, anche lontanamente, che riaccada.