” L’altro, Lo stesso “. Esposizione di respiro internazionale a Palermo, per gli amanti dell’ arte contemporanea.

I Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, grandi spazi industriali riqualificati, ospitano la collettiva  ” L’altro, lo stesso” in mostra nello spazio ZAC Centrale dal 26 ottobre 2021 al 27 marzo 2022,  curata da Beatrice Merz e Agata Polizzi.

Di respiro internazionale, la collettiva vede protagonisti gli artisti Marisa e Mario Merz, Lidia Abul, Rosa Barba, Alfredo Jaar, Emily Jacir, Joan Jonas, Silvia Maglioni e Grame Thomson, Lawrence Weiner.

Il titolo della mostra è ispirato all’antologia di Jeorge Luis Borges, scrittore, poeta, saggista, traduttore, filosofo e accademico argentino.  El otro, el mismo   del 1964 è una raccolta di sessantacinque componimenti che raccontano l’evoluzione della scrittura poetica di Borges.

La scritta al neon, presente sulla facciata dello ZAC padiglione dell’esposizione: « Il vecchio mondo sta morendo, quello nuovo tarda a comparire, in questo chiaroscuro nascono i mostri », frase di Antonio Gramsci ripresa dall’artista Alfredo Jaar, ha incipit d’allarme ed ci introduce al percorso espositivo.

Il percorso espositivo affronta diverse tematiche tra le quali: Il tema della sostenibilità, la cultura come fonte germinativa e la relazione uomo- ambiente.

Dall’osservazione del dialogo tra le opere e spazio espositivo, il fruitore si accorge di come abitare uno spazio porta a viverlo, a modificarlo, ad assorbirlo e nello stesso tempo esserne assorbiti, esserne abitati. La città, lo spazio, l’ambiente vive attraverso chi lo agisce in un gioco di dare ed avere, di interazione con le opere, con sè stessi, con il nostro sguardo e con il tempo, che inesorabile passa e modifica il nostro sguardo sulle cose.

Tutte le opere sono parte di un unicum e ogni intervento contribuisce al concetto e alla funzione di insieme. 

Lopera del 2003 di Mario Merz, artista celebre per i suoi igloo,  Pietra serena,  schiacciata dal proprio peso, così che tutto quello che  in basso va in alto e tutto quello che è in alto va in basso, soprelevazione e opera incerta di pietra serena» è installata al centro del padiglione.

L’artista ci mostra quanto sia intenso il tema della sostenibilità attraverso l’utilizzo di frutti e verdure in una raffinata struttura ad andamento sinusoidale. « Pietra serena » è un opera in constante mutamento, Merz usa qui il tempo come strumento narrativo. L’opera muta e si trasforma, offrendo al fruitore un’immagine sempre nuova di sè.

In mostra un altra opera dell’artista Doppia Spirale  del 1990, in cui vi è l’utilizzo di elementi come il vetro, il metallo e il neon. La frase realizzata con il neon, del persiano Rumi, « se la forma scompare la sua radice è eterna » è fulcro centrale dell’installazione. Da struttura archetipa e dinamica a momento di condivisione di sguardi con l’altro e con se stessi.

Le opere di Marisa Merz ritmano il percorso espositivo; attraverso disegni inediti e piccole teste in argilla, l’artista accoglie lo sguardo dello spettatore con gentilezza. Alcuni suoi disegni sembrano fare da contraltare all’opera  Time, Love and the workings of Anti-Love  del 2013. In questa installazione sonora, macchina fotografica e foto in b/n dell’artista Lidia Abdul, i volti qui ritratti raccontano i traumi vissuti dal popolo afgano. La riflessione della precarietà della vita è affrontata nel video posto all’ingresso della mostra,  The empirica effect  di Rosa Barba, 2010.

Barba ci racconta l’ultima erezione del Vesuvio. Il video attenziona lo sguardo dello spettatore non solo sul dramma dell’eruzione del vulcano, dramma naturale e storico, metafora dell’imprevedibilità della natura, ma anche sul rapporto che lega terra e uomini, un rapporto mitico e reale. Il vulcano diventa metafora di complessi rapporti di comunità e politica, ma al contempo ci porta a riflette sulla caducità della vita, sulla fragilità e piccolezza dell’uomo.

«L’altro, lo stesso » riesce a creare nel visitatore momenti di sospensione, di confronto, di esperienza con se stessi e con gli altri, attraverso le cose.

La frase al neon, di Antonio Gramsci, che svetta all’ingresso dell’esposizione ci porta in conclusione a riflettere: «Dobbiamo guardare con occhi nuovi il tempo passato, per imparare e vivere il tempo presente attraverso una nuova consapevolezza.»