Ci si era talmente abituati alla esuberante presenza di Geppy Gleijeses, assoluto padrone di casa del teatro dal 2009 al 2014, e poi immancabile anfitrione fino a qualche mese fa, che la sua assenza s’è avvertita sin dall’ingresso. «Dov’è Geppy?», chiedeva una signora di una certa età che s’aggirava spaesata nel foyer. «È impegnato, non può venire», la diplomatica risposta. Il chiarimento più convincente e sincero, invece, è giunto dal palco, quando l’amministratore delegato, Rosario Coppolino, in apertura di conferenza, ha sottolineato l’importanza dell’aglio apotropaico che spicca sul manifesto dell’evento sotto una frase di Eduardo: «Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male». Ha poi ringraziato il pubblico tutto, e lo staff amministrativo, di palcoscenico e di sala, dall’ufficio stampa (la gentilissima Cinzia D’Angelo), fino alla guardarobiera con nomi e cognomi, ma senza mai pronunciare il grande assente. È vero, da qualche tempo le voci nell’ambiente lo danno per «comandante uscente», ma sono soltanto voci inconsistenti, ancora nessuna nota ufficiale ha annunciato un eventuale divorzio; quindi, noi ancora non sappiamo alcunché di certo sulla fine dell’amore tra Geppy e il Quirino, un sentimento che naturalmente non può svanire così, affogato nel silenzio, salutato, come ci è stato prospettato, con un aglio che è anche di cattivo gusto. Un atteggiamento misterioso non giova a nessuno e non è mai elegante, anzi non fa altro che aumentare la dose dei sospetti e delle malignità. Chiedo scusa della lunga premessa apparentemente fuori tema, ma sia il cronista che l’uomo di teatro intuisce che questa è la notizia del giorno e questo è il vero colpo di scena. D’altronde, il palcoscenico – scrive Pirandello – è la bocca della verità!
Dopo aver annunciato che il Quirino «non è il Mausoleo di Augusto e che non ha bisogno di personalità» – non è vero, ma ci credo! – Coppolino puntualizza che da ottobre il costo del biglietto subirà l’aumento del prezzo di un caffè, quindi introduce la nuova stagione. Gli ospiti sul palcoscenico sono tanti: visi più o meno conosciuti. Milena Vukotic, che ha appena terminato le repliche del Così è (se vi pare), Moni Ovadia con uno sgargiante kippah, Tullio Solenghi, Emilio Solfrizzi, Alessandro Benvenuti, Greg, Marianella Bargilli e molti altri.
Quando il microfono passa tra le mani di Guglielmo Ferro, comincia la presentazione del cartellone 2023/24, e subito Alessandro Haber (che apre la stagione con La coscienza di Zeno, 19/29 ottobre) con un contributo video, rammenta il nome di Strehler, che «avrebbe voluto girare un film sul testo di Svevo, ma che sulla scelta del protagonista era indeciso tra Mastroianni e Peter O’Toole». Poi simpaticamente trae lui stesso le conclusioni sull’impulsivo paragone.
Anche Rocco Papaleo interviene con un filmato avvertendo che sarà al Quirino dal 31/10 al 5/11 con L’ispettore generale di Gogol. Poi tocca a Pino Insegno annunciare per metà novembre Oggi sposi… sentite condoglianze per la regia di Siddharta Prestinari (quest’anno già apprezzato in «Fiori di campo»). Ecco poi il classico dei classici: Romeo e Giulietta. Lo presenta, strappando un lungo e commosso applauso Carlotta Proietti, figlia di Gigi, la quale oltre a ricordare che l’allestimento riproporrà la regia del padre, sottolinea con un senso d’angoscia che il Globe di Villa Borghese è ancora chiuso per sequestro e che i tempi per la riapertura sembrano biblici. Evidentemente, per sanare le sorti dei teatri romani non bastano gli amuleti scaramantici! Quindi è la volta di Marcello Cotugno che porterà in scena un adattamento dal film di Lina Wertmuller (Travolti da un insolito destino…). Anche Monica Guerritore mette in scena la sceneggiatura di Fellini, Ginger e Fred. Emilio Solfrizzi (L’anatra all’arancia, in scena a ridosso di Natale e Capodanno), racconta del successo della commedia nata dalla simbiosi drammaturgica tra uno scrittore inglese e uno francese; e ancora nomina Alberto Lionello (per il palcoscenico) e Ugo Tognazzi (per il grande schermo), mattatori del passato. Moni Ovadia, ebreo di nascita, rassegnato ormai a dover interpretare i santi cattolici: dopo San Filippo Neri, nel film su Caravaggio, ora dovrà vedersela con San Tommaso Beckett (Assassinio nella cattedrale, di T. S. Eliot). Un encomio particolare alla tenacia di Tullio Solenghi (Maneggi per maritare una figliola, dal 2 al 14 aprile, con Elisabetta Pozzi) che ha inseguito un sogno di quand’era piccolo: «Fare Gilberto Govi». Per un genovese della sua generazione Govi ha rappresentato il teatro, la cultura, l’arte e la comicità di un’intera regione. Ha ricordato di quando, bambino, lo incontrò in un ristorante e l’attore gli regalò il tovagliolo che era sul tavolo con il suo ritratto disegnato in un istante. Delicatezze dei grandi artisti.
La presentazione scivola fino al 5 maggio, con diciotto spettacoli in cartellone, ma io non posso ritrar di tutti appieno, quindi per maggiori informazioni si può consultare il sito https://www.teatroquirino.it/stagione-2023-2024/. Resta sospeso un dubbio: 18 spettacoli non saranno troppi? Come fa il pubblico ad essere sempre sollecito a venire a teatro, come fa il passaparola a circolare per la città se non si concede un po’ di trotto ai cavalli che trascinano il carro di Tespi? È giusto andare sempre al galoppo?