Intervista a Fiamma Satta
Il 24 novembre 2023 ha trovato il suo debutto lo spettacolo teatrale, tratto dal testo di Fiamma Satta Io e Lei, Confessioni della Sclerosi Multipla, riadattato per la scena dal suo omonimo romanzo, e interpretato da Melania Giglio, per la regia di Daniele Salvo. Sul palco dell’OFF/OFF Theatre di Roma fino a domenica 3 dicembre, rappresenta un imperdibile movimento di riflessione sull’arte del teatro e la malattia. Per l’occasione la giornalista e scrittrice rivela in questa intervista il potere terapeutico del teatro ed invita a a guardare profondamente e senza paura ciò che può corrodere l’umano, ma nello stesso tempo diventa stimolo di crescita ed accoglienza di un nuovo sé.
Nello spettacolo arriva dritto all’obiettivo il dialogo con la malattia, la Sclerosi Multipla. Come ha cambiato il suo sguardo sia verso la scrittura, sia verso l’arte come può essere quella del teatro?
Quando ho scritto il romanzo ‘Io e Lei, Confessioni della Sclerosi Multipla’, che è stato pubblicato nel 2017, avevo davvero un’urgenza. Volevo comunicare quello che avevo imparato in questo viaggio che la malattia mi ha fatto compiere. Un viaggio con molte incognite e paure. Si lasciano gli ormeggi di un porto sicuro e ci si avventura nel mare sconosciuto dove si incontra tempesta e oscurità. È però un cammino che, alla fine, ti permette di conoscere te stesso, la propria forma nel mondo, ti fa conoscere le ombre che ognuno nasconde dentro e guai se non fosse così! Si cresce soltanto mettendo in luce questa parte più oscura e acquisendo consapevolezza dei propri limiti. In tutto questo la malattia per me è stata maestra di vita e volevo trasmettere ciò in maniera del tutto personale e diversa. Non mi sono accontentata di un semplice resoconto, ma volevo creare qualcosa di molto più forte e spiazzante, esattamente come è qualsiasi male. Il mio desiderio era proprio quello di riuscire a creare una forma ben precisa che veicolasse il contenuto. Così mi è venuto in mente di far parlare ‘Lei’, la Sclerosi, di renderla personaggio dotato dei propri pensieri, delle proprie visioni del mondo, attitudini e idiosincrasie. È chiaramente una figura sgradevole, egocentrica ostile, aggressiva soprattutto. Appena pubblicato il romanzo, mi sono giunti fin da subito i riscontri da parte dei lettori che hanno visto in esso delle interessanti potenzialità sceniche.
Com’è nata la collaborazione con Melania Giglio e Daniele Salvo per la creazione di questo spettacolo?
La regia di Salvo e l’interpretazione di Melania Giglio hanno creato un connubio potentissimo per il mio testo. Quando mi hanno proposto la realizzazione dello spettacolo, ho subito accettato, perché conoscevo il loro lavoro; conosco il talento assoluto di Melania Giglio che ho sempre seguito. Me l’ha fatta conoscere Piera degli Esposti nel 2011, in occasione del ‘Riccardo III’ in scena al Globe Theatre Silvano Toti con la regia di Marco Carniti e lei interpretava Margherita, la vecchia maledicente. Non avevo mai visto Melania a teatro e chiesi a Piera dove avessero trovato un’attrice così anziana e potente, così di talento. Ignoravo del tutto che avesse soli 34 anni. Da allora seguo sia Melania che Daniele, spesso lavorano assieme. Daniele è reduce di tanti successi; quest’estate al Teatro Greco di Siracusa ha rappresentato ‘la Pace’ di Aristofane con Giuseppe Battiston. Ammiro molto il suo valore artistico e con entusiasmo abbiamo iniziato questa avventura. Ieri sera ho visto lo spettacolo completo di messinscena e scenografia, dopo diversi reading estivi. È un monologo di un’ora e un quarto, in cui Melania mi ha stupito, io che l’ammiro da più di dieci anni, ieri sono davvero rimasta a bocca aperta per la sua straordinaria interpretazione. Quest’opera teatrale andrebbe pubblicizzata maggiormente, perché ci vuole coraggio nel guardare uno spettacolo che ha questo titolo, non molto appetibile e nemmeno commerciale. Non è intrattenimento puro che mira ad allietare il pubblico. Eppure ieri ha suscitato molti consensi, anche e soprattutto da parte di personalità del teatro. Ho visto l’entusiasmo di Fabrizio Gifuni, di Alessio Boni, di Ugo Pagliai e Paola Gassman. È per me questo fonte di grandissima emozione e commozione. Vuol dire che davvero dalle avversità si può trarre vita, il teatro è questo. Abbiamo la forza di trasformare l’avversità in un momento di crescita.
Com’è stato adattare il suo romanzo e renderlo funzionale ad un altro tipo di linguaggio che è quello del teatro?
Leggendo il testo, in effetti, chiunque può già intuire le potenzialità sceniche. Chiaramente il romanzo è di 130 pagine, ho dovuto ridurre anche facendo diverse prove, l’abbiamo reso il più teatrale possibile, perché Melania è davvero sconvolgente. Mi auguro davvero che questo spettacolo giri il più possibile e tocchi l’anima di più persone che combattono con diverse malattie.
Mi colpisce il concetto di personificazione della Sclerosi che prende voce, divenendo un vero e proprio personaggio. Alcuni saggi affermerebbero che è necessario nominare le cose, per far sì che di esse si abbia meno paura. È accaduto un po’ questo?
Questa malattia io non la pronunciavo mai, innanzitutto c’era una rimozione totale, non ne parlavo mai con nessuno, mi faceva molta paura. La Sclerosi Multipla mi è stata diagnosticata nel 1993 e nel ’95 ho iniziato il grande successo su Radio2 di ‘Fabio e Fiamma’ con Fabio Visca. Nessuno sapeva che stavo male, ne era a conoscenza solo il mio collega. Gradualmente il percorso di accettazione ha portato, non solo a nominarla ma a renderla concreta, farla personaggio, a guardarla negli occhi e mostrarla non solo a me stessa, ma anche agli altri. Perché è sgradevole, ostile ed aggressiva ma come tutte le malattie ha i suoi momenti di debolezza su cui far leva. L’ arma che ho utilizzato per contrastare questa invasione è stata soprattutto quella del teatro, in particolar modo quello di Eduardo de Filippo. Ricordo perfettamente che nel 2005-2006 ho vissuto un momento molto difficile, non avevo ancora accettato la malattia, ma cominciavo a comprendere che dovevo in qualche modo prendere atto di essa. All’epoca il giornale Repubblica vendeva in allegato i dvd con le commedie di Eduardo; le conoscevo, le avevo viste in televisione da ragazza, ma non in maniera così approfondita. Un pomeriggio mi sono messa a guardare ‘Ditegli sempre di sì’. Mi sono resa conto che più lo guardavo – mi commuovo nel raccontare questa cosa ancora oggi – più osservavo l’intreccio, la loro recitazione, la loro maestria e più io mi rilassavo, quindi ho cominciato a rivederle tutte. Mi sono letteralmente buttata dentro Eduardo, ho riletto tutte le sue poesia e le sue biografie, mi è venuta una specie di sacra ossessione per lui e per il teatro che frequento molto e che per me è nutrimento principe, più del cinema che comunque adoro. Ho capito che il grande commediografo napoletano è uno strumento; nel libro tutta la parte dedicata a lui è corposissima; ‘Io’, il personaggio Sclerosi lo chiama il ‘Vecchiaccio’, lo odia perché ha una visione del mondo chiaramente opposta a quella di ‘Lei’, è la sua nemesi. Mi hanno molto fatto piacere i complimenti di Carmine Amoroso che è un autore che stimo moltissimo. Ha addirittura associato il mio testo a quello di Beckett. Non mi voglio dare molte arie, ma non lo affermo io, l’ha dichiarato anche Melania Giglio. Si tratta un po’ di un testo beckettiano, per lo sdoppiamento dell’identità, ma soprattutto per il linguaggio. Melania ha trovato molto difficile incarnare questo monologo, nonostante il suo incredibile talento e la sua estrema professionalità.
La sua forza è un grandissimo esempio ed incoraggiamento alla vita e a dare voce alla malattia con un impegno che definirei ‘politico’. Con la disabilità entriamo spesso in un campo minato che riguarda l’accessibilità degli spazi, in modo particolare quelli culturali, come mostre, cinema e teatro. A che punto siamo in Italia? Cosa ne pensa a riguardo?
Siamo abbastanza indietro. È indubbio che dei passi sono stati fatti, da quando i disabili erano relegati in casa, poiché la condizione di disabilità era quasi una marchiatura negativa, come una sorta di punizione divina. Dei progressi ci sono stati ed io mi auguro che continuino, ma l’Italia sa essere un Paese incivile. Prendiamo i luoghi teatrali, come esempio. Si presume che il disabile non debba uscire di casa, non debba frequentare questi spazi d’arte, non dovrebbe prendere un caffè, andare al ristorante. Nonostante io sia una persona privilegiata, che non è mai sola ma sempre accompagnata, noto ancora la presenza di pochissimi posti appositi; sono spesso relegati a punti di scarsa visibilità, scomodi e laterali. Teatri popolari e di successo vastissimi hanno sole due postazioni per disabili. Questo mi indigna fortemente, perché l’arte, la bellezza sono delle cure, non solo per le persone in difficoltà, ma sono curative per la società, andrebbero condivise. Perché mi devo sentire un cittadino di serie B, C o Z? Nonostante il mio amore incredibile per il teatro che per me è vita, constato che spesso in questi luoghi i disabili non sono trattati con la giusta cura. Ritengo che se noi escludiamo, marginiamo e releghiamo le persone in difficoltà nell’angolo, queste si sentiranno insicure, offese, spesso rabbiose e tutte queste emozioni negative diventeranno onde nere che contageranno la società. Conviene quindi che si crei un clima quanto più armonico ed inclusivo per offrire maggior possibilità a chi ne ha bisogno.
Ha dei progetti futuri ancora a teatro?
Negli ultimi cinque anni mi sto dedicando tantissimo al programma su Rai 3 ‘A spasso con te’. Un piccolo momento televisivo in cui personaggi molto popolari mi portano a spasso nei luoghi a loro cari, raccontandomi un po’ di se stessi. È chiaro che questo mi toglie un bel po’ di energia, vado in giro in tutta Italia, organizzo continuamente incontri. Siamo già al quinto anno con questo programma. In anteprima svelo che andrà in onda entro marzo, la passeggiata con Massimo Popolizio, ho già registrato quella con Alessio Boni, con Fabrizio Gifuni e con Luigi Lo Cascio. Cerco subito di afferrare questi attori popolari e di talento, perché – continuo a sottolinearlo – il teatro è un grande tesoro che va condiviso.