La drammaturgia è tutta nei corpi, corpi traballanti, claudicanti, tremuli; corpi anziani che nella memoria trovano il mezzo per opporsi alla linearità straziante del tempo: ad abitare la scena del Teatro Argentina di Roma dal 2 al 14 maggio, “Il tango delle capinere” di Emma Dante, diviene inno alla persistenza dell’amore, alla concretezza di una memoria capace di strappare il corpo alla fragilità degli anni, di catapultarlo al di là della solitudine.
Con andatura sghemba l’anziana donna (Manuela Lo Sicco) si avvicina al baule e lo apre, gli oggetti che contiene non sono cianfrusaglie né vecchi cimeli ma correlativi oggettivi che valicano la funzione di ricordo per farsi veicoli di un’ epoca ormai trascorsa, varchi in grado di attivare il passato per sovrapporlo al dolore del presente.
Il tempo ha il suono di un carillon
In una mano una presa, nell’altra un cavo elettrico; alla donna basta collegarle per accendere un cielo stellato. Ed ecco che il suono delicato di un carillon la trasporta nuovamente nel ballo della vita, non più sola, come fosse la prima volta. Un uomo compare dall’altro baule, un uomo (Sabino Civilleri) che come lei ha nel volto la maschera della vecchiaia. Un amore che la sorregge e che a lei si appoggia, goffo e innamorato in una danza di nostalgia; dalla nostalgia alla vita, dal buio alla luce: le maschere della senilità sono strappate via, i corpi, dapprima fragili, recuperano l’energia antica.
“E lontano, lontano nel tempo
qualche cosa negli occhi di un altro
ti farà ripensare ai miei occhi…”
Anche la musica muta, da Luigi Tenco, a Mina, da Mina a Rita Pavone; li accompagna nei luoghi della memoria in un dinamismo crescente, guida il loro viaggio opponendosi al progredire dell’etá. Sono ora sposi, ora genitori per la prima volta, ora appena sedicenni che si promettono amore eterno. La danza continua.
Nòstos come nostalgia
Approfondimento di Ballarini, studio che occupa la terza parte della Trilogia degli occhiali (2011) di Emma Dante, Il tango delle capinere parla di nostalgia senza essere nostalgico: la sua storia non si articola su una drammaturgia accorata e dolente; della nostalgia recupera infatti il senso del nòstos (ritorno), senza però connetterla irreversibilmente all’algos (dolore) ma piuttosto alla gioia, alla vita che quel ritorno veicola e accende. Le figurazioni della memoria procedono secondo un flusso anti-lineare, accordandosi alla carrellata di sonorità differenti e andando a costituire dei frame vividi e a sé stanti.
La resistenza di fronte alla scomparsa di un amore non assume i connotati di una solitudine abbandonica e senza via d’uscita, trova al contrario la sua forza nel persistere stesso dell’amore, unica evocazione in grado di valicare quella più aspra del tempo.
Il gesto, la lingua, l’oggetto
La schiena, ricurva, il colpo di tosse, l’andatura zoppicante: già solo il gesto, la mimica, il movimento interiorizzato dei personaggi-attori nell’atto di restituire vividamente tanto gli acciacchi della vecchiaia, quanto l’energia della giovinezza, basterebbero alla creazione di senso.
Eppure altri elementi decisivi contribuiscono alla completezza dello spettacolo, alla sua insita organicità. Tramite necessario per la restituzione di una leggerezza che, nell’atto della memoria, sembra discostare l’attenzione dal dolore e trasportarlo su un piano più ampio e radicato, la scelta del dialetto siciliano – caratteristica in Emma Dante- rappresenta allo stesso tempo un elemento di realtà e un mezzo necessario a situare i personaggi dando loro un’origine, stimolando il passaggio dalla storia personale alla storia sociale, universale.
Altro elemento fondante è l’oggetto, un oggetto che diviene simbolo; non solo in riferimento agli occhiali la cui presenza rappresenta un trait d’union nell’intera “Trilogia degli occhiali”, ma anche per ogni altro oggetto. Si assiste in “Il tango delle capinere” ad un sovraffollamento progressivo della scena che, da vuota che era, arriva a popolarsi di palloncini, coriandoli, vestiti sgargianti. Al di là della loro quantità però, tutti gli oggetti assumono la funzione di veicolo della memoria, nella loro concretezza è infatti riposto l’aspetto vivido di una stagione scomparsa. Nel guardare la scena, guardiamo l’articolarsi di un ricordo complesso, guardiamo la mente di un’anziana donna che nella memoria si illumina e, al pari degli oggetti di scena, si fa sgargiante.
“Il tango delle capinere” – Dal 2 al 14 maggio al Teatro Argentina
uno spettacolo di Emma Dante
con Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco
regia Emma Dante
assistente alla regia Daniele Mangicavallo
organizzazione Daniele Gusmano
Produzione Atto unico