Si è aperta con il botto la stagione del Teatro dell’Opera di Roma. Era dal 1991 che al Costanzi non venivano messi in scena i Dialogues des Carmelites composti da Francis Poulenc su un libretto tratto dall’omonimo testo postumo di Georges Bernanos. A giudicare dalla prova del pubblico, nelle repliche proposte dal 27 novembre al 6 dicembre, è andata molto bene. Ennesima conferma, se ancora ce ne dovesse essere bisogno, per Emma Dante. Che anche questa volta, in cabina di regia, trasforma il soggetto in oro. Aiutata nel riuscito allestimento dai fidi collaboratori Carmine Maringola per le scene, Vanessa Sannino per i costumi e Cristian Zucaro alle luci, Sandro Campagna per i movimenti coreografici. Una produzione che ha visto Teatro dell’Opera lavorare a braccetto con la Fenice di Venezia. Efficace, poi, l’interpretazione musicale del direttore Michele Mariotti.
Grande prova corale, in sostanza, per un dramma estremamente attuale nella sua trama e nel tessuto emotivo, e scelta anche assai coraggiosa per la “parziale” lettura offerta da Poulenc-Bernanos. Cattolici dichiarati e praticanti, che denunziano gli eccessi dei rivoluzionari francesi nel periodo del Terrore. La tragedia nasce da un fatto realmente accaduto: il 17 luglio del 1794, a Parigi, avvenne l’esecuzione di sedici suore carmelitane che avevano rifiutato di rinunciare ai loro voti. A seguito del loro sacrificio divennero note come le martiri di Compiègne. Beatificate dalla Chiesa nel 1906.
Suore ma ancor prima donne, di diversa età ed estrazione sociale, che si affiliano profondamente al messaggio di fede ma nel contempo sono esseri umani, persone, con inclinazioni e pulsioni. Di fronte al dolore estremo, all’appassire della giovinezza e ai sacrifici rispetto agli affetti famigliari, la loro fedeltà vacilla. Ferrea regola e debolezza dell’anima, un contrasto che è punto focale della costruzione registica della Dante. Che, con estrema pulizia stilistica “dipinge” dodici quadri dove , le icone, le cornici, i tavoli e le croci – con un Cristo dall’estetica “fluida” – espandono i piani della narrazione.
Blanche de La Force, la protagonista attorno a cui ruotano i tre atti dei Dialogues, proviene da una nobile famiglia. Pensa di trovare sollievo per il suo animo inquieto e pusillanime entrando in un monastero di carmelitane, ma la sua fede è tutt’altro che convinta. Qui incontra e si mischia alle consorelle, ciascuna di esse – zoppicanti e in tonache con corpetti rinforzati in metallo – ha un impronta distintiva. E poi vi è la Priora, riferimento che mostra tutta la sua umana fragilità di fronte alla sofferenza della malattia e di una Morte che, appena bussa, vince subito su quel Dio a cui la monaca si era devotamente donata.
Incertezza, disillusione, dubbi intimi: gli spettatori percepiscono ostinazione ma anche tanta debolezza, nel cuore delle monache.
Intorno al convento, Parigi è in subbuglio per i moti rivoluzionari e la caccia ai religiosi, che decreterà lo scioglimento forzato del Carmelo e, di fatto, porterà alla ghigliottina le sue adepte. Salendo al patibolo, tutte vanno incontro serenamente al loro destino, intonando il Salve Regina. Blanche, che era sfuggita alla cattura, raggiunge le consorelle e segue il loro destino. Così si riscatta.
Una chiosa di grande potenza espressiva.
Un accenno agli interpreti, un gruppo di lavoro encomiabile, che qui elenchiamo:
MARQUIS DE LA FORCE Jean-François Lapointe
BLANCHE DE LA FORCE Corinne Winters
CHEVALIER DE LA FORCE Bogdan Volkov
MADAME DE CROISSY Anna Caterina Antonacci
MADAME LIDOINE Ewa Vesin
MÈRE MARIE DE L’INCARNATION Ekaterina Gubanova
SOEUR CONSTANCE DE SAINT-DENIS Emöke Baráth
MÈRE JEANNE DE L’ENFANT-JÉSUS Irene Savignano
SOEUR MATHILDE Sara Rocchi
L’AUMÔNIER DU CARMEL Krystian Adam
OFFICIER Roberto Accurso
I COMMISSAIRE William Morgan
LE GEÔLIER / II COMMISSAIRE Alessio Verna
THIERRY /JAVELINOT Andrii Ganchuk